L'angolo di Vincenzo Patanè

Le recensioni dei film del critico e scrittore Vincenzo Patanè

"Giovani Ribelli" di John Krokidas

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"Giovani Ribelli" di John Krokidas

Giudizio


Siamo nel 1944. Il diciottenne Allen Ginsberg (Daniel Radcliffe) è una matricola nella puritana Columbia University, dove conosce un giovane efebico, seducente e trasgressivo, benché sprovvisto di un vero talento: Lucien Carr (il biondo Dane DeHaan). Tramite lui incontra William S. Burroughs (Ben Foster) e Jack Kerouac (Jack Huston). In breve, i quattro si trovano accomunati da un’urgenza di ribellione e di trasgressività. Così – fra alcol, fumo, droga e omosessualità – sconvolgono la rigida vita universitaria (come in un raid notturno in biblioteca, in cui opere oscene vengono messe al posto dei classici); contemporaneamente, creano una nuova forma espressiva letteraria: la new vision, che rompe con le convenzioni tradizionali e dà il via alla loro letteratura immaginifica e anticonformista. La storia ha però un risvolto tragico nell’uccisione da parte di Lucien del trentenne professore di inglese David Kammerer (Michael C. Hall, il Dexter della serie tv), suo mentore ed ex amante che lo perseguita dopo che la loro relazione è finita (per la cronaca, nella realtà Carr se la cavò con due anni per legittima difesa).

Giovani Ribelli – Kill Your Darlings, opera prima di John Krokidas, si rifà a un volume di Burroughs e Kerouac dal titolo curioso: E gli ippopotami si sono lessati nelle loro vasche. È un ulteriore tassello sui poeti della Beat generation, che ultimamente ha molto attratto il cinema (ricordo l’ottimo Urlo e lo scialbo On the Road), stavolta ricordati in una pagina poco nota della loro giovinezza: il momento in cui si formò quel nucleo poetico che poi li portò a essere icone della controcultura, macchiato però da un brutale episodio di cronaca nera che li coinvolse tutti.

Non tutto nel film convince, in particolare danno fastidio dei parallelismi poco indovinati (come il montaggio alternato fra il sesso e le coltellate). Ma bisogna dire che la storia è raccontata con entusiasmo e freschezza, magari velata di un po’ di malinconia, nonché molto intrigante sul piano omoerotico. Mi riferisco soprattutto al personaggio di Ginsberg, alla ricerca dei modi per esternare il proprio mondo interiore, imbevuto della poesia di Walt Whitman, e più che mai della propria sessualità. I momenti migliori sono proprio quelli con Radcliffe, non eccezionale ma destinato a diventare comunque un buon attore dopo l’esperienza totalizzante di Harry Potter, posseduto da un prestante ragazzo e soprattutto quella in cui è protagonista di una scena raffinata e coinvolgente, con la testa di Lucien poggiata sul suo grembo che scatena le sue fantasie erotiche.

 

Vincenzo Patanè

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