L'angolo di Vincenzo Patanè

Le recensioni dei film del critico e scrittore Vincenzo Patanè

Quando hai 17 anni

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Quando hai 17 anni

Giudizio

Quando hai 17 anni

Con Quando hai 17 anni il settantatreenne André Téchiné mostra ancora una volta (dopo L’età acerba e Niente baci sulla bocca) di saper catturare come pochi l’incanto e le contraddizioni della gioventù.

Siamo tra le aspre montagne francesi dell’Ariège, sui Pirenei. Thomas (Corentin Fila) e Damien (Kacey Mottet Klein) frequentano l’ultimo anno di liceo nella stessa scuola ma si detestano, facendosi dispetti e picchiandosi, addirittura in duelli improvvisati. I due sono molto diversi: Thomas, un maghrebino adottato da una famiglia di contadini, è introverso e scorbutico e sembra interessato solo alla famiglia e agli animali del remoto podere; Damien – figlio di Marianne, il medico condotto del paese, e di un pilota militare spesso in missione all’estero – è uno studente brillante, ma vive con difficoltà la sua attrazione per i ragazzi. Quando Marianne invita a casa Thomas fino alla fine dell’anno scolastico perché sua mamma ha una gravidanza complicata, le cose cambiano e piano piano tra i due l’astio si trasforma in un desiderio irresistibile, delicato e coinvolgente nello stesso tempo.

Il titolo del film (scritto assieme a Céline Sciamma, la regista di Tomboy) riprende un verso di Rimbaud: “Non si è seri quando si hanno 17 anni”. E in effetti quella che Conrad chiamava “la linea d’ombra” – quel sottile diaframma che segna irreversibilmente il passaggio dall’adolescenza alla maturità – è una strana età, fatta di sogni e di delusioni, di sentimenti sfuggenti e mai perfettamente a fuoco, di voglia di tuffarsi nel mondo ma anche di paura di fare le scelte sbagliate.

Téchiné segue i due protagonisti lungo l’arco di tre trimestri scolastici, con sullo sfondo una natura imponente, i cui tempi – dalle nevi invernali alla calura estiva – riecheggiano l’animo contrastato dei due ragazzi, che passano dalla repulsione all’amore, agendo sempre istintivamente.

Mentre i dialoghi appaiono sempre a tono e mai affettati, la macchina da presa è concentrata sulla tensione erotica, presente sin dal primo momento. Il film, impregnato di fisicità, è fatto soprattutto di gesti e di sguardi (prima bellicosi, poi furtivi e infine innamorati) e di corpi (prima aggressivi e furenti, poi complici come le mani che si sfiorano, poi finalmente coinvolti in una nudità e in un sesso che esplodono come liberatori, anche perché sono l’approdo di un tormentato percorso).

Il film è certo anche una storia d’amore ma vuole soprattutto mostrare la complicata fragilità di quell’età, della scoperta di sé, del sesso, dei primi fremiti del cuore. Bravissimi i protagonisti e con loro anche Sandrine Kiberlain nel ruolo di Marianne, vero fulcro della vicenda (è lei a far notare al figlio la bellezza di Thomas e a rivelare a quest’ultimo l’amore che Damien prova per lui).

Vincenzo Patanè

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