L'angolo di Vincenzo Patanè

Le recensioni dei film del critico e scrittore Vincenzo Patanè

"Cloud Atlas" di Andy e Lana Wachowski

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"Cloud Atlas" di Andy e Lana Wachowski

Giudizio


Piace o non piace, è difficile che lasci indifferenti. Già, perché Cloud Atlas è veramente un film diverso, che ne fa venire in mente tanti altri ma che in realtà è proprio imparagonabile. Il film dei fratelli Andy e Lana Wachowski, i registi di Matrix, è sicuramente uno dei più significativi degli ultimi anni. Lungo ben 172’, si sviluppa attraverso 6 storie, proposte con un montaggio alternato, ambientate in differenti luoghi lungo un arco di tempo di 5 secoli: Il Viaggio nel Pacifico sulla lotta contro la schiavitù (ambientato nel 1849), Lettere da Zedelghem sull’omofobia (1936), Half-Lives – Il primo caso di Luisa Rey sulla prepotenza dell’industria (1972), L’orribile impiccio del Signor Cavendish sulla crudeltà verso gli anziani (2012), La Preghiera di Sonmi~451 contro i sistemi totalitari (2144) e infine Sloosha Crossing sulla religione (2321).

I vari segmenti appaiono differenti ma sono comunque finemente collegati fra di loro: ognuno infatti presenta qualcosa che richiama il precedente. Inoltre, sono caratterizzati da situazioni e comportamenti che mettono in luce le costanti da sempre presenti in tutti gli uomini, chiamando in causa in causa il destino e addirittura la reincarnazione e intrecciando il personale e l’universale (“Le nostre vite non ci appartengono. Dal grembo alla tomba, siamo legati agli altri, passato e presente”, dice Sonmi~451). Il passato, il presente e il futuro sono dunque sempre intrecciati e le orme di c’è stato condiziona regolarmente chi viene dopo. Per sottolineare il discorso, nelle parti più significative sono stati utilizzati gli stessi attori (fra tutti ricordo Tom Hanks, Halle Berry e Susan Sarandon), 13 in totale (5 quelli presenti in tutte le storie). In particolare poi 6 personaggi, uno per ogni storia, sono riconoscibili da una curiosa voglia a forma di stella cadente: sono coloro che più di tutti vogliono sovvertire le stantie regole della società. Questa continua sfilata di attori che cambiano look, sesso ed etnia dà al film quasi un carattere transgender ed è facile sia stato voluto da Lana, che ha cambiato sesso (prima si chiamava Larry).

La seconda storia, raccontata in maniera epistolare, brilla di luce propria: con la sua appassionata tragicità tocca le corde dell’emozione, offrendo anche un’efficace scena di sesso (non a caso censurata in molti paesi). Sicuramente fra le sei è la storia più cupa e sfortunata, con qualche stereotipo (il musicista senza un soldo), ma anche capace di regalare la scena più bella: quella in cui centinaia di pezzi di porcellana fluttuano nello spazio. A Cambridge due giovani – Rufus Sixsmith (James D’Arcy) e il talentuoso compositore musicale Robert Frobisher (Ben Whishaw) – vivono la loro storia d’amore. Robert, costretto a fuggire via perché braccato dai creditori, si propone come copista a Vyvyan Ayrs (Jim Broadbent), un vecchio musicista dalle idee ancora grandiose ma ormai incapace di metterle in pratica. Dopo un inizio burrascoso, le cose vanno per il meglio: mentre copia le creazioni di Arys, Robert inizia a comporre per conto proprio, creando un Cloud Atlas Sextet (un sestetto, poiché sei sono le storie narrate nel film), ispirato dal diario di Adam Ewing, il protagonista dell’episodio precedente. Nello stesso tempo, Robert ha una relazione con Giocasta, la moglie di Arys, ben più giovane del marito. Quando la cosa viene a galla, Arys ricatta Robert: vuol far propria la sua composizione, sennò rivelerà al mondo musicale che lui è gay. Robert lo ferisce con un colpo di pistola; fugge via ma quando capisce che la polizia sta per prenderlo, dopo aver inviato il sestetto a Rufus, si suicida. L’abbraccio disperato di Rufus al corpo ormai senza vita dell’amante è una fra le più intense scene degli ultimi anni nel cinema a tematica gay. Per inciso, Rufus, ormai anziano, le lettere inviategli da Robert e il sestetto (inciso in un disco e diventato un cult) sono presenti nell’episodio successivo.

I Wachowski hanno scritto la sceneggiatura assieme a Tom Tykwer (il regista di Lola corre), rifacendosi al romanzo fantascientifico L’atlante delle nuvole di David Mitchell (2004). Ma mentre qui i sei racconti si succedono cronologicamente, nel film si spezzettano incastrandosi l’un l’altro, tenuti assieme dalle voci fuori campo (che forse spiegano un po’ troppo…) e dal montaggio analogico (a un oggetto risponde lo stesso oggetto all’inizio della scena successiva). Ne è nato un film avventuroso e malinconico, ironico e romantico ma soprattutto ambizioso – che a qualcuno ha fatto venire in mente Intolerance di Griffith – nel voler raccontare la storia dell’umanità, toccando tanti generi: dalla spy story al mélo, dal dramma alla fantasy postapocalittica. Un film dunque epico, caleidoscopico, audace ma anche complesso ed eccessivo, che mette a dura prova lo spettatore, stordito tra flashback e flashforward. C’è però da giurarci che qualcuno vi troverà (finalmente) svelato il senso della vita.

Vincenzo Patanè

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