L'angolo di Vincenzo Patanè

Le recensioni dei film del critico e scrittore Vincenzo Patanè

"Copia originale" di Marielle Heller

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"Copia originale" di Marielle Heller

Giudizio


New York, 1991. La scrittrice Lee Israel (Melissa McCarthy) ha cinquant’anni. Vive in un modesto appartamento, con la compagnia di un’anziana gatta a cui è legatissima. È sola, anche per colpa del suo caratteraccio misantropo: è alcolizzata, scorbutica, diretta, sempre inopportuna. Il mondo intellettuale newyorchese la tiene a distanza, così come la sua ex amante che non vuole più saperne di lei. Quando è licenziata, per un bicchiere di troppo e la sua lingua pungente, comincia ad avere forti problemi economici, a cominciare dall’affitto da pagare, anche perché le biografie che scrive (l’ultima su Estée Lauder) lasciano il tempo che trovano, quando non sono degli insuccessi. Tutto ciò le procura il blocco dello scrittore. Finché non trova un’idea, scaturita dal ritrovamento per caso di due lettere dell’attrice Fanny Brice, rivendute poi a buon prezzo: inizia a creare dal niente lettere private di scrittori e artisti del ventesimo secolo, intriganti, possibilmente ricche di gossip e di risvolti scandalosi ma sempre in linea con la personalità dell’autore della lettera. Così, con una bravura eccezionale, si inventa più di 400 lettere, piazzate a librai antiquari e collezionisti, eccitati da reperti tanto preziosi. A un certo punto, si avvale della complicità dell’eccentrico amico Jack Hock (Richard E. Grant), un dandy alcolizzato e cocainomane, conosciuto nel bar gay Julius. La cosa va avanti finché qualcuno non comincia ad avere qualche dubbio (complice una supposta lettera del drammaturgo Noël Coward, circa la sua omosessualità, argomento sul quale era viceversa abbastanza discreto). Fino a che non interviene addirittura l’F.B.I….

Diretto dalla regista Marielle Heller (suo Diario di una teenager), Copia originale è tratto dalle memorie della stessa Israel (Can You Ever Forgive Me? Memoirs of a Literary Forger, titolo originale del film). È innanzitutto la storia appassionante di un celebre scandalo letterario, portato avanti con particolare abilità, e quindi della sottile arte della contraffazione. Ma è anche un toccante, nonché divertente, buddy drama, un film sull’amicizia, genere molto amato a Hollywood. Qui ci sono due persone molto differenti l’una dall’altra ma accomunate dall’essere sole e perdenti: Lee Israel è un’antieroina sgradevole, che impreca e beve in continuazione, mentre Jack Hock è uno spirito libero cha ama il sesso e vaga senza meta per la città. Ufficialmente Lee ha bisogno di Jack per i suoi affari, e viceversa, ma in realtà i due sono legati da un vero affetto e dal bisogno di compagnia.

Le loro vite sono comunque intrise di una certa malinconia, nonostante Jack (che nella realtà è morto di Aids a 47 anni e fu emarginato dalla sua famiglia perché omosessuale) riesca a portarsi un a letto un bel ragazzo e affermi che vorrebbe che sulla sua tomba fosse scritto che ‘si è fatto tutta Manhattan’.

Ad arricchire la scena c’è poi Anna (Dolly Wells), proprietaria di una libreria e una delle compratrici delle lettere false. Anna prova attrazione per Lee, corrisposta da quest’ultima, che però è bloccata per via della truffa in atto. Al riguardo, bella è la scena dei loro sguardi al ristorante, che dicono molto più delle parole.

Il film funziona al meglio: la regista è riuscita a evitare falsi pietismi, i due attori protagonisti, ambedue candidati all’Oscar, sono bravissimi (ma il personaggio di Jack avrebbe meritato più spazio, schiacciato così com’è dalla figura di Lee), la colonna sonora jazz è calzante e sullo sfondo c’è una New York affascinante per quanto cinica, schierata solo a favore dei vincenti.

 

Vincenzo Patanè

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