L.A. Zombie

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L.A. Zombie

Bruce LaBruce non si definisce un regista di film porno ma un artista che lavora col porno. Il protagonista di questo film, che mescola zombies e porno, Francois Sagat (acclamato interprete dell’industria del cinema porno) interpreta un senzatetto schizofrenico e mentalmente disturbato che pensa di essere uno zombie alieno mandato sulla terra. Vaga per le strade di Los Angeles in cerca di cadaveri, con l’intento di avere prestazioni omosessuali e infine cibarsene. Attraverso questo atto, egli è in grado di riportare i morti in vita… Il film viene distribuito in Italia dalla Atlantide Entertainment SRL.

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6 commenti

  1. ma, non concordo con i due commenti precedenti, e non perché il film non mi abbia fatto schifo (lo ammetto, certe immagini stile horror le trovo troppo esplicite), ma perché non credo che l’intento fosse esattamente “eccitare” punto e basta, come in un film porno. Ma dire qualcosa, anche attraverso rappresentazioni sessuali esplicite. Certo, se ci si aspetta altro è difficile non rimanere delusi, ma se lo si prende per quel che veramente è già si è un passo avanti… ad ogni modo io avevo preferito Hustler White, che anzi mi è piaciuto molto

  2. Concordo pienamente con l’amico istintosegreto. Aggiungo soltanto che non fosse per la truculenza (abbastanza schifosa), il film farebbe fare soltanto quattro risate tanto è scemo. Disquisirci sopra in cerca di significati reconditi mi sembra davvero tempo perso. Per di più Sagat attore porno non mi ha mai entusiasmato ma questo dipende da gusti personali. Quindi a mio parere statene alla larga e se volete vedervi un bel porno la scelta è enorme….basta dare un’occhiata a gay-torrents…tanto per fare un esempio. Voto 3.

  3. istintosegreto

    A volte concedo una seconda possibilità ad un regista. Avevo infatti giudicato malissimo il precedente Hustler White. E bene, L.A. Zombie è molto peggio. Anche se ci si limita a giudicarlo per ciò che è, un porno, rimane inguardabile. Tengo a precisare che non ho nulla contro la pornografia e non mi dispiace Sagat (anche se il mio preferito è Leo Giamani); non capisco però cosa ci sia di eccitante nel vedere cazzi immersi nelle budella. Chi dovrebbe eccitarsi? Hannibal Lecter??

  4. marediguai

    Come è già successo per altri film di Bruce LaBruce circolano due versioni: quella softcore e quella porno. La seconda è molto più interessante, non tanto per i contenuti espliciti (a meno che non siate fan della tripologia supermuscolosa di Sagat) ma perchè in realtà chiarisce meglio la doppia natura del protagonista, zombie sognato più che zombie reale, simbolo e metafora di un contesto in disfacimento, perfettamente descritto dal panorama losangelino. Manca tuttavia la poesia di “Otto”, sostituita qui da una provocatorietà truculenta che può anche turbare.

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trailer: L.A. Zombie

https://youtube.com/watch?v=t0DQDlm6bYI%26hl%3Dit_IT%26fs%3D1

Varie

“…La bellissima fotografia (uno squallido diner diventa un quadro alla Hopper), le inquadrature immaginifiche (visto dall’interno, il cartone di un homeless si muta in un mondo a parte, immenso e fiabesco) fanno di La.Zombie un porno sì, ma d’arte. Del resto, come tiene a precisare il regista, «tutta la pornografia è arte: i film porno sono fatti da registi e interpretati da attori esattamente come tutti gli altri film»….” (Il Fatto)

“… Una scelta forte o quantomeno inconsueta. D’altra parte LeBruce non fa mistero delle sue predilezioni, dichiarando che da tempo i suoi film sono realizzati in doppia versione: hard e soft. Inoltre Bruce ha lavorato per la Cazzo Films, società tedesca di porno e il protagonista zombie è interpretato da François Sagat, francese, fisico palestrato e capelli tatuati, star del pornogay (che ritroveremo nei prossimi giorni accanto a Chiara Mastroianni nel film L’homme au bain di Christophe Honoré). Nel film ci sono elementi incomprensibili, come la dentatura dello zombie che si infittisce e si arricchisce di zanne, altri invece che sembrano farsi beffa dei luoghi comuni, qui non ci sono lacrime e sangue, ma le lacrime sono composte di sangue. Tra gli esperti reclutati per il film troviamo quelli in bondage e i nomi degli interpreti sembrano un campionario di pseudonimi. Eppure, la vicenda ha un suo retrogusto paradossale e divertente che potrà fare arricciare il naso ai cinefili più paludati ma che comunque esiste…” (Antonello Catacchio, Il Manifesto)

“… Discutibile, gratuito ma in qualche modo inoffensivo anche perché in fondo lo zombie losangelino utilizza i corpi morti per riportare la vita (lo farà per tutto il film in situazioni diverse) sino a quando, forse perché schifato dal mondo che ha trovato, decide di ritagliarsi uno spazio di pace eterna scavandosi una fossa nel locale cimitero. O forse ha deciso di utilizzare il suo dono singolare su scala industriale.” (Annibale Bezzan, L’Unità)

“…il regista non esita a rivendicare lo struggente romanticismo di L.A. Zombie, che paragona a Poe e Baudelaire. Non bisogna dargli troppo ascolto, naturalmente. Anche se, a scavare sotto la crosta, il suo porno mostra una discendenza abbastanza nobile: quella dello storico cinema underground americano. Sotto certi aspetti, pare la versione “splatter” delle fantasie cinematografiche gay di Kenneth Anger, o di Andy Warhol e del suo allievo Paul Morrissey. Inclusa la colonna sonora, che il regista si è fatto comporre nello stile dei Tangerine Dream anni 70″ (Roberto Nepoti, La Repubblica)

“…Pieno di perversità sado-maso (Village nuovayorkese anni 70) che neppure il proustiano barone di Charlus avrebbe immaginato, il film è un eccesso che non spaventa né eccita, accolto dalla stampa con risate… Bisogna forse vedere questa stravaganza di 63 minuti non come uno spot per la diffusione dell’Aids né come un memento di morte (lo zombie infine si scava la fossa), ma come un’ironica esercitazione di stile destinata ai circuiti alla rete, a sex shop, tv e dvd gay. Tecnicamente il taglio dell’immagine, la ricerca degli oggetti, la luminosità e il rimando colto (vetrina cinemascopica di bar notturno alla Hopper) sono di qualità…” (Maurizio Porro, Corriere della Sera)

“…Girato in soli sette giorni in una Los Angeles resa più difficile da una polizia troppo attenta ai permessi, il film molto low cost in concorso al festival mostra tutto il possibile in quanto a scene hard. E, soprattutto, dà il meglio di sé in quanto ad amplessi davvero contro-natura perché il protagonista, uno zombie alieno muscolosissimo e con tatuaggio sulla testa a forma di scalpo (proprio come Francois Sagat, la star che lo interpreta) appena uscito dall’Oceano comincia subito la sua singolare missione: quella di riportare in vita tutti i cadaveri che incontra…” (Francesco Gallo, La Gazzetta del Sud)

“…LA.Zombie di Bruce LaBruce ha l’unico merito di allungare il già nutrito catalogo degli horror-omo-porno, senza nulla dire di più né sul versante horror né su quello dei film omosessuali, anzi offendendo il mondo omo senza neppure il paravento dell’ironia. Si ride per non piangere di fronte alla pochezza delle idee del regista, di fronte alla banalità degli effetti speciali, alla pochezza della recita. Ma che recita si possa pretendere da uno che va in giro con un organo sessuale da pornodivo a inseminare, per ridar loro vita, corpi straziati dalla violenza. Il buon samaritano va al bar a bere il caffè e si strugge di fronte alla strage che vede cadere quattro belloni culturisti che non sognano altro che farsi di coca e l’uno con l’altro…” (L’Arena di Verona)

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