Nato a New York City nel 1938 da un avvocato del Bronx, frequenta una scuola cattolica e dopo studia cinema al Fordham College iniziando a fare cortometraggi sperimentali agli inizi del 1961. Dopo avere visto nel 1963 il film “Sleep” di Andy Warhol, ne visita la Factory facendosi assumere e diventandone in breve tempo il numero 2, grazie soprattutto alle sua creatività e alle sue capacità di organizzatore. I suoi primi lavori nella Factory sono il film con due quadri “The Chelsea Girl” del 1966, due epici film del 1967 con Joe Dallesandro (“Bike Boy” e “The Loves of Ondine”) e il primo film con una discreta distribuzione, “Lonesome Cowboys” del 1968.
Già in queste opere possiamo notare come Morrissey abbia ambizioni autoriali, come dimostra anche il fatto che ne firmi quasi tutte le responsabilità ad eccezione dell’interpretazione. Anche per Trash (1970) egli firma oltre la regia anche la sceneggiatura e le riprese.
Eterosessuale ha esplorato con particolare impegno il mondo gay e la sua sottocultura (prostituzione, drag queen, ecc) producendo opere che hanno oltre ad un alto valore artistico anche un valido sguardo documentaristico sulla società di quegli anni, vedi “Flesh”, “Heat”, “Women in Revolt”, ecc. Molte riprese di Morrissey avvengono infatti davanti ad una telecamera fissa che registra tutto quello che le accade davanti.
I migliori film di questo regista sono senz’altro quelli a tematica queer, opere che hanno avuto una influenza decisiva sul Nuovo Cinema Queer degli anni ’90. Nonostante questo Morissey ha stentato a diventare un’icona gay; secondo molti anche per il fatto che veniva individuato come un autore di destra, reazionario, etichetta attribuitagli dal critico Maurice Yacowar. Cosa che ai nostri occhi sembra quasi un controsenso, visto il coraggio e l’innovazione dimostrata con le sue prime opere.