Green Book

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E’ sempre un piacere trovarsi davanti a film che ci permettono di conoscere delle personalità o degli artisti che erano omosessuali, cosa che non sempre viene chiaramente enunciata. In questo caso però siamo solo parzialmente soddisfatti in quanto l’omosessualità del co-protagonista Don Shirley (interpretato ottimamente da Mahershala Ali, premiato agli Oscar lo scorso anno per il film Moonlight), famoso pianista e compositore, ci viene presentata solo fuggevolmente, in una scena dove i poliziotti lo stanno per arrestare per aver fatto sesso in un locale YMCA (Young Men’s Christian Association, al tempo usati per incontri dagli omosessuali), scena bilanciata subito dopo con l’informazione che Don era stato sposato con una donna. In effetti, complessivamente, il film ci racconta molto di più sul suo autista Tony Vallelonga (un fantastico Viggo Mortensen sicuro candidato agli Oscar), sulla sua famiglia, sua moglie, ecc. cosa del tutto giustificabile visto che la sceneggiatura del film è stata scritta dal figlio di Tony, Nick Vallelonga, che per scriverla aveva intervistato a lungo sia il padre che Don. Il film è soprattutto la storia della grande amicizia tra un nero ed un bianco in anni e luoghi dominati ancora da un forte razzismo (il titolo del film è quello di un libro-guida che veniva usato dai neri per trovare alberghi e locali che li accettassero). I due protagonisti sono deceduti, ormai novantenni, nel 2013 a pochi mesi di distanza uno dall’altro. La storia della loro amicizia sarebbe tutta vera, anche se i famigliari di Don hanno fatto delle obiezioni. Il film, premiato dal pubblico al Festival di Toronto e in molti altri Festival, ha ricevuto ben 5 candidature ai premi Golden Globe (quelli della critica straniera in America), miglior film commedia, miglior attore (Mortensen), attore non protagonista (Ali), miglior regista (Peter Farrelly, per la prima volta senza il fratello Bobby) e miglior sceneggiatura. Per compensare le mancanze del film (in attesa di un film tutto dedicato alla vita di Don) e per farvi comprendere meglio la malinconia che il bravo Mahershala Ali riesce a trasmetterci, raccontiamo brevemente la storia di Don Shirley. Nato in Giamaica nel 1927 da padre prete episcopale e madre insegnante, inizia a suonare pianoforte dall’età di due anni, studiando poi musica, dall’età di nove anni, in prestigiosi conservatori. Si laurea in musica ma, scoraggiato dalla mancanza di opportunità per musicisti di classica neri, abbandona temporaneamente il pianoforte e si laurea in psicologia, nel tempo libero è anche un pittore di talento ed impara fluentemente ben otto lingue. Lavora a Chicago come psicologo e gli viene data una borsa di studio per studiare la relazione tra musica e criminalità giovanile. Per poter riprendere a suonare deve cimentarsi con la musica leggera o jazz, suonando in nightclub o discoteche (gli ambienti della musica classica lo rifiutavano in quanto nero). Don non vuole però essere considerato solo un intrattenitore (non gli piaceva che mentre suonava posassero bicchieri o pugni sul pianoforte). Si impegnava per dare dignità alla musica jazz o leggera, come testimoniano molte sue incisioni (diceva che voleva “trasmettere l’esperienza nera attraverso la musica con un senso di dignità, è tutto quello che ho sempre cercato di fare”). Negli anni ’60 Don Shirley ha eseguito concerti con la Detroit Symphony, la Chicago Symphony e la National Symphony Orchestra. Ha scritto sinfonie per la New York Philharmonic e la Philadelphia Orchestra. Ha suonato come solista con l’orchestra al Teatro alla Scala di Milano in un programma dedicato alla musica di George Gershwin (solo altri due pianisti, Arthur Rubinstein e Sviatoslav Richter, si sono esibiti alla Scala come solisti).
In quegli anni, ma probabilmente per tutta la vita, Don è sempre stato molto riservato, con pochissimi amici. Tra questi alcuni importati musicisti come Duke Ellington, che era intimo amico di Billy Strayhorn, un altro musicista nero che era apertamente omosessuale, e che molto probabilmente ha incontrato Don. I rapporti con la famiglia (aveva fratelli e sorelle) erano praticamente inesistenti (nel film non vengono nemmeno nominati), alcuni dicono per motivi intellettuali ma probabilmente anche per motivi di sessualità, per non scontrarsi con l’omofobia manifesta. In vita Don non ha mai dichiarato ufficialmente la sua omosessualità ed ha permesso a Nick di parlarne nel suo film solo dopo la sua morte. Difficile liberarsi dall’omofobia interiorizzata per così tanti anni.

synopsis

In 1962, Tony “Tony Lip” Vallelonga, a tough bouncer, is looking for work with his nightclub is closed for renovations. The most promising offer turns out to be the driver for the African-American classical pianist Don Shirley for a concert tour into the Deep South states. Although hardly enthused at working for a black man, Tony accepts the job and they begin their trek armed with The Negro Motorist Green Book, a travel guide for safe travel through America’s racial segregation. Together, the snobbishly erudite pianist and the crudely practical bouncer can barely get along with their clashing attitudes to life and ideals. However, as the disparate pair witness and endure America’s appalling injustices on the road, they find a newfound respect for each other’s talents and heart to face them together. In doing so, they would nurture a friendship and understanding that would change both their lives. (imdb)

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Questo film al box office

Settimana Posizione Incassi week end Media per sala
dal 07/03/2019 al 10/03/2019 2 742.848 1.563
dal 28/02/2019 al 03/03/2019 2 1.084.075 2.282
dal 21/02/2019 al 24/02/2019 6 677.746 1.760
dal 14/02/2019 al 17/02/2019 4 975.369 2.167
dal 07/02/2019 al 10/02/2019 4 1.338.702 3.063
dal 31/01/2019 al 03/02/2019 2 1.814.950 5.041

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Un commento

  1. Il film ha diviso pubblico e (certa) critica poiché, molti fautori dell’eliminazione dei cliché dall’arte tutta, sono rimasti scontenti dalla solita frittura “Gay=raffinato e colto , Etero=grezzo ed ignorante”. Io invito coloro che si accingono a vedere GREEN BOOK ad andare oltre e concentrarsi sul modo in cui i due uomini interagiscono tra loro.
    Non posso che esprimere un’opinione positiva sulla pellicola; quello di Farrelly non è un road movie, ma ne ha tutta l’atmosfera. Il lento avvicinamento tra i due diversissimi protagonisti è raccontato in modo eccellente ed appassionante. Una scena su tutte: l’autista che, dall’alto della sua eterosessualità (nonostante appartenga ad un’etnia ritenuta poco rispettabile e poco istruita) guarda in basso e vede il musicista (stimato, colto e benestante) ammanettato nudo sul pavimento della YMCA. Nei suoi occhi leggiamo stupore, non biasimo. Ottimo tocco registico.
    Inutile soffermarsi sull’indiscussa bravura degli interpreti. Mi soffermo invece sulla sceneggiatura e ringrazio gli artisti che, incredibilmente, non hanno proposto il ritratto dell’italiano mafioso (questo sì che è un cliché fastidioso da vedere in continuazione). Ho qualche perplessità circa Mortensen/Vallelonga (un attore italo/americano non c’era? Dovevate prendere un Danese?), ma il personaggio è un onesto lavoratore e un ottimo padre di famiglia. Non capita molto spesso nel cinema USA.

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