Serbis

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Serbis

Il film ci racconta una giornata nella vita di un cinema a luci rosse di seconda categoria nella provincia filippina. I protagonisti del film sono i componenti della famiglia che gestisce il cinema e gli avventori che lo frequentano. Nanay Flor, 58enne, è la matriarca che cerca di far sopravvivere l’esercizio chiudendo gli occhi su quanto succede di illegale all’interno del cinema, dove ragazzi servizievoli e prostituti gay sono continuamente a caccia di clienti.
Partiamo da un mercoledì di ottobre (giorno della novena per la Madonna del Rosario) quando Nayda, la figlia di Nanay, è incaricata di gestire il locale perchè la madre deve andare nella vicina città per assistere alla sentenza contro suo marito, Tatay Edwin, da lei accusato di bigamia due anni prima. Quando inizia la proiezione nel cinema conosciamo Jennelyn, uno dei servizievoli gay che frequentano abitualmente il locale e Greg che cerca di guadagnare qualcosa di extra vendendo profumi con pagamento a rate. Quando torna Nanay apprendiamo che ha perso la vertenza, anche perchè un figlio, Jerome, ha testimoniato a favore del padre. Le vicende famigliari continuano ad intrecciarsi con la vita e gli scambi erotici all’interno del locale, che non verranno messi in crisi nemmeno dall’irruzione della polizia che insegue due ladruncoli e coglie sul fatto amplessi sessuali tra i ragazzi nudi e i clienti. Il regista Mendoza ha scritto che “questa storia si base su fatti di vita reale e lo stile con cui la raccontiamo è quello del cinema verità, come nei miei precedenti film (The Masseur, Foster Child, ecc.). I fatti sono raccontati così come accadono nella vita di tutti i giorni, visti dai diversi punti di vista dei personaggi coinvolti: Nanay, la proprietaria del locale; la figlia che la sostituisce quando lei non c’è; i vari ragazzi e prostituti e anche i borsaioli che cercano rifugio nel cinema. C’è un’ironia implicita nelle loro vite. Quello che è ritenuto immorale dalle leggi è ampiamente vissuto e liberamente praticato dalle persone normali, per le quali l’immoralità diventa solo l’unico stile di vita che possono praticare se vogliono sopravvivere.”

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Un commento

  1. maurizio

    concordo con la critica di Paolo Mereghetti ( Corriere della sera ) si aspetta durante tutto il film che qualcosa accada e si arriva alla fine senza che sia accoduto assolutamente nulla !!!! la tematica gay è praticamente relegata in qualche scena erotica

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La famiglia Pineda gestisce in una cittadina delle Filippine una sala cinematografica dove si proiettano film erotici. Ogni membro della famiglia ha i suoi guai: Nanay, la matriarca, attende gli esiti di una causa per bigamia intentata al marito; Alan, un nipote, non sa come gestire la richiesta di matrimonio fattagli da una ragazza che ha messo incinta; Nayda, la figlia è tormentata dall’attrazione che prova per suo cugino nonostante sia già sposata. E mentre tutti si occupano delle loro vicende, nessuno bada al commercio sessuale che si svolge nell’oscurità della sala tra i “serbis”, i giovani che si prostituiscono, e gli avventori. (Film.tv)

…Anche nelle Filippine il matriarcato comanda per necessità: nel bizzarro e interessante film di Brillante Ma Maendoza, (il titolo del film è Serbis ) una nonna imperiosa non è riuscita mandare in galera per bigamia il marito che da tempo ha abbandonato la famiglia. Lei schiaffeggia, urlando, figli adulti e nipoti sottomessi, e la figlia maggiore fa lo stesso, ubbidita da un marito terrorizzato e incapace. Questa famiglia estesa e un tempo ricca vive nel suo ultimo cinema a luci rosse, tutto crepe e lordure, mentre nel buio della sala prostituti ambosessi minorenni agganciano nudi i clienti. Anche i giovani della famiglia non perdono tempo, hanno quasi sempre giù le mutande e mostrano il davanti e il didietro in frenetica attività. Uno di loro mette incinta una brava ragazzina, la nonna lo terrorizza e lui che fa? Da bravo maschio contemporaneo, anche se filippino, se la svigna… (Natalia Aspesi, La Repubblica)

È dal 1984 che le Filippine non avevano un film in gara per la Palma d’Oro e adesso arriva Serbis (che vuol dire «servizio») di Brillante Mendoza, bizzarra e tagliente film drammatico che racconta la storia dei Pineda. Una famiglia che tira avanti gestendo un vecchio cinema di periferia con i cartellone film porno. Casa e bottega, come si dice, dato che i Pineda abitano nello stesso edificio che ospita la sala a luci rosse. Mamma Nanay Flor, la figlia Nayda, il cognato Lando e la figlia adottata Jewel fanno i turni al botteghino e al punto ristoro. I nipoti Alan e Ronald si dividono i compiti di attaccare e dipingere i cartelloni e di proiettare la pellicola. Nanay sta aspettando la sentenza contro il marito, accusato di bigamia, che dovrebbe essere emessa a giorni. In questo contesto, si svolge la storia con l’occhio della cinepresa che scruta la vita di ogni componente della famiglia durante la routine quotidiana. Vizi segreti e pratiche domestiche, rapporti economici e sessuali. Ecco, proproprio su quest’ultimo aspetto la pellicola di Mendoza rischia di far saltare sulla sedia più di uno spettatore: a uno sguardo ravvicinato, infatti, sembra che certe pratiche siano proprio reali. Insomma, da film porno. Con fellatio che forse non sono così da fiction… Vuoi vedere che Mendoza si è messo a rileggere il neorealismo a luci rosse? (A. Crespi, L’Unità)

…Nel cinema, che ironicamente si chiama Family, vive anche una squinternata famiglia, ma le loro storie sembrano interessare assai poco al regista Brillante Mendoza, che preferisce seguire il viavai con estenuanti piani-sequenza e coprire i dialoghi con l’incessante rumore del traffico. Tra tenutari e clienti, al Family non si pensa ad altro che al sesso orale… Se non l’avessimo visto, potremmo anche credere che Serbis sia un film. Purtroppo l’abbiamo visto… (A. Crespi, L’Unità)

… ambientato in un cinema porno, luogo d’incontro per gay. A gestirlo, con un’idea tutta personale di igiene e morale, una famiglia dove, tra nonne padrone, madri rassegnate e inservienti ritardati, l’unico che sembra salvarsi è il nipotino. Tutto ciò non trova mai un’idea di cinema convincente: la macchina da presa segue i protagonisti senza alcun rigore ma registrando tutto e finendo per non mostrare sostanzialmente niente (se si escludono un paio di scene hard totalmente gratuite). E alla fine viene il dubbio che il film sia finito nella selezione quasi per caso… (Paolo Mereghetti, Corriere della sera)

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