Tomboy

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Tomboy

C’è senz’altro qualcosa di maschio nella decenne Laure. Si è recentemente trasferita in una nuova zona coi suoi genitori e la sua sorellina più piccola, Jeanne. E’ estate e tutti gli altri ragazzi del vicinato stanno giocando all’aperto, solo Laure è sola perchè non conosce ancora nessuno dei suoi coetanei. Ma un giorno incontra Lisa, una ragazza che ha la sua stessa età. Laure lascia credere a Lisa di essere un ragazzo e dice poi di chiamarsi Mikael. Subito dopo questa ‘trasformazione’, anche lei comincia a giocare coi ragazzi del quartiere. Col passare dei giorni la relazione tra Laure e Lisa diventa sempre più intima e ambigua, generando una serie di complicazioni… Il film è stato scelto per inaugurare la sezione Panorama della Berlinale 2011, dove viene proiettato in anteprima mondiale. La regista Céline Sciamma, qui al suo secondo lungometraggio dopo “Naissance des pieuvres” (film che ha vinto il premio Louis Delluc come migliore opera prima e ottenuto tre candidature ai César 2008) è uno degli autori emergenti del nuovo cinema francese. Sciamma ha dichiarato: “Sono diventata cinefila dopo aver visto il giovane cinema francese degli anni ’90: Desplechin, Lvovsky, Rochant. Ma amo anche Gus Van Sant e Larry Clark e molte loro opere sugli adolescenti, senza dimenticare David Lynch”.

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Questo film al box office

Settimana Posizione Incassi week end Media per sala
dal 21/10/2011 al 23/10/2011 20 55.078 1.619
dal 14/10/2011 al 16/10/2011 17 61.582 2.199
dal 7/10/2011 al 9/10/2011 16 85.621 3.293

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21 commenti

  1. thediamondwink

    Questo film mi ha colpito molto per la sua semplicità, un racconto diverso dagli altri proprio perchè istintivamente mi fa pensare all’adolescenza, alla mia diversità che, all’età della protagonista, non era ancora chiara. Eppure lei sa già chiaramente in quale parte della vita farà parte, anche se spensierata, le sue idee a riguardo sono chiare. Un personaggio fantastico, pragmatico e riflessivo, intelligente e consapevole della sua diversità. In questo film c’è molta sostanza racchiusa nella semplicità di quei pochi minuti, al dispetto di ore intense di lungometraggi noiosi insipidi e noiosi!!! Molto bello.

  2. Anch’io penso, come ha scritto cinzia, che dovrebbero proiettarlo nelle scuole. La bambina protagonista è così naturale, espressiva, dolce nella sua finta durezza, che mi ha fatto tanta tenerezza. Lei vuole solo essere se stessa

  3. molto bello, molto fine, nei dialoghi scarni si intravede un mondo ancora molto difficile da descrivere, difficilissimo da gestire per una famiglia assolutamente media come quella del protagonista. dovrebbero proiettarlo nelle scuole.

  4. un film semplicemente perfetto. una poesia, poche parole, nessun commento musicale, essenziale e diretto. la bambina protagonista veramente brava, chissà come si sarà calata in un ruolo così difficile.

  5. roberto67

    Un film con un’idea interessante, ma che rimane illustrativo. Il tema è così importante e, purtroppo, drammatico, che non si può rimanere in superficie. Si vuole così bene alla piccola Laure che si vorrebbe sapere di più sul piccolo universo che si cela dietro agli occhi chiari.

  6. DrFeelings

    Un film delicato e fin troppo fragile. Tomboy racconta della confusione sessuale che ognuno di noi ha provato, o continua a farlo, nella propria vita. Ciò che mancano e incidono dappricinipio sull’impotenza del film sono la mancanza di una colonna sonora che appesantisce molte scene dense di emotività, e l’assente analisi psicologica della piccola protagonista. E’ un vero peccato poichè come film avrebbe potuto osare maggiormente. Un’occasione mancata! VOTO:6

  7. istintosegreto

    Ognuno di noi (ed intendo noi esseri umani) troverà un pezzetto di sé nella vicenda di Laure; una piccola bambina che ha fatto qualcosa di grande e pericoloso: essere sé stessa. Menzione di merito all’attrice, alla quale auguro una lunga e luminosa carriera.

  8. masergio

    Davvero un film straordinario, che sa coniugare la profondità dello sguardo con la leggerezza del tocco.
    Parlare di identità e/o di ruoli di genere riferiti all’infanzia non è facile, ma Celine Sciamma ci riesce benissimo. Un plauso a lei

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CRITICA:

Dimostrazione esemplare che “piccolo film” non vuol dire sempre “film piccolo”. Céline Sciamma ha realizzato Tomboy (come dire “ragazzo mancato”) con un minimo di mezzi: una telecamera Canon 5D, troupe ridotta all´osso, venti giorni di lavorazione, cinquanta scene in due-tre ambienti. Eppure il suo piccolo film , una parabola intelligente e affettuosa sui labili confini dell´identità sessuale, riesce ad appassionarti come si trattasse di un “suspenser”. Trasferita con la famiglia – mamma in attesa, una sorella più piccola, papà – Laura, col fisico ancora asessuato dei suoi dieci anni, decide di farsi passare per maschio presso i coetanei del vicinato. La sua impostura genera effetti imprevisti: mentre la sorellina la identifica col fratello maggiore che ha sempre sognato, la nuova amica Lisa si prende una cotta per il sedicente Michael. L´inizio della scuola, però, è imminente; e farà cadere la maschera di Michael rivelando il viso di Laura. Intessuta di eventi quotidiani, una storia pudica quanto coinvolgente, diretta da un a regista poco più che trentenne ma che la sa già lunga sugli sguardi. (R.Nepoti, La Repubblica – voto: 5,5/6)

“A volte il cinema sa compiere il miracolo di cogliere la realtà, se non nella sua complessità per lo meno nelle sue sfumature e diversità. Altre volte, più raramente, riesce addirittura a darci l’impressione di entrare nell’anima dei suoi personaggi, di cogliere i segreti e le ambiguità dei sentimenti. E senza neppur aver bisogno dei dialoghi per «spiegare» quello che può sembrarci nello stesso momento impalpabile e complicatissimo, intuitivo e insieme di difficile decifrazione.
È il piccolo miracolo che succede in Tomboy, opera seconda della regista francese Céline Sciamma (il film d’esordio, Naissance des pieuvres, è inedito da noi), che racconta la strana estate dell’adolescente Laure nel quartiere in cui si è appena trasferita con la famiglia: madre incinta, padre affettuoso, sorella minore Jeanne un po’ troppo invadente…” P.Mereghetti, Corsera – voto 3/4)

“…E che dire dei piccoli interpreti? Formidabili, su tutti la Malonn Lévana di Jeanne, e diretti con una levità magistrale dalla Sciamma, che garantisce briglia sciolta e fissa su pellicola espressioni e smorfie, segreti, bugie e serietà, perché si può essere seri – troppo? – a dieci anni. Insomma, siamo anni luce distanti dai bambini saputelli e troppo – drammaturgicamente – pasciuti del cinema italiano: i cugini ci danno l’ennesima lezione infantile, ma non drammatizziamo, è solo una questione di poetica, al di là del gender e dell’età.
Tomboy sfiora il cuore, ibridando sensibilità e leggerezza, introspezione e geometrie relazionali, fino al primo privilegio dell’uomo: dare un nome alle cose, anzi, dare un nome a se stesso. “Mi chiamo Laure”, e sono un altro.” (F. Pontiggia, Cinematografo.it – voto 4/5)

“…Fantasia, innocenza, insicurezza: i bambini che la regista porta sul grande schermo potrebbero essere i nostri figli. Che giocano a fare i grandi, che si scontrano con sentimenti nuovi e inaspettati.
Puro e profondo, il film di Céline Sciamma è una vera delizia: un film che resta impresso, come i volti così belli, freschi e ingenui delle giovani protagoniste.” (D. Castelfranchi, Cinemalia.it)

“… La storia di Laure non è mai scontata, la sceneggiatura di Tomboy è scritta in punta di penna facendo leva più sui silenzi che sulle parole, e il finale aperto rispetta la capacità degli spettatori di immaginarsi un seguito e di decidere se l’inganno di Laure sia il prodromo di una futura omosessualità o solo la sperimentazione tipica dell’età in cui è ancora lecito giocare a «fare finta». Forse l’aspetto più convincente di Tomboy è la capacità della regista-sceneggiatrice, con poche ed essenziali pennellate, di contrastare il senso di onnipotenza dei bambini, padroni incontrastati del loro microcosmo, con la repressione dell’età adulta che lascia i piccoli alla mercè delle decisioni dei grandi, siano esse un trasloco o una richiesta di scuse.
Sciamma ci fa rivivere quel delirio di onnipotenza e quella frustrazione con uguale partecipazione emotiva e uguale intensità, e ci ricorda che, a dieci anni, conta solo l’attimo presente, che sia gioioso o disperato.” (P.Casella, Europa)

Non conosciamo il suo film d’esordio Naissance des Pieuvres , ma quest’ opera seconda, Tomboy , fa di Céline Sciamma una naturale erede del cinema fenomenologico della Nouvelle-Vague, con i personaggi colti nel loro manifestarsi, raccontati attraverso il loro agire. Come la decenne Laure (l’indovinata Zoè Héran): la quale, da poco trasferitasi e in cerca di nuovi amici, asseconda l’errore della coetanea Lisa che, causa i capelli corti e i bermuda scalcinati, l’ha scambiata per un maschietto. La famiglia si presenta unita, il rapporto con il papà e la mamma incinta è affettuoso, con la vezzosa sorellina c’è complicità. Perché, allora, Laure sceglie di diventare Mickail e di partecipare ai giochi scatenati dei ragazzini, assumendosi il peso ogni giorno più arduo di ritoccare il proprio corpo e la propria gestualità per non tradire la sua identità femminile? Sciamma nulla spiega, e ci immerge invece nel cuore di un contraddittorio universo infantile dove fra incosciente spensieratezza e inquiete pulsioni la sessualità assume confini ambigui. Un mondo restituito nella sua intatta freschezza senza interpretazioni o psicologismi. Tutto si consuma in una breve luminosa estate, concludendosi attraverso il piccolo trauma di uno smascheramento che forse non lascerà traccia o forse sì, come un primo bacio o una prima vampata di vergogna. (A.L.Kezich, La Stampa – voto 4/5)

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