(Chiara Foglietta e Micaela Ghisleni con la sindaca Chiara Appendino)
La Procura: no al ricorso contro la registrazione del figlio di due madri
di Simona Lorenzetti
La valutazione: questione politica e non giuridica
C’è un vuoto normativo che solo la politica può colmare. Non spetta ai giudici sostituirsi al legislatore. E, soprattutto, il principio che deve prevalere è quello dell’interesse del minore. Ecco perché la Procura di Torino ha deciso di non impugnare davanti al Tribunale civile l’atto con cui Chiara Appendino, lo scorso 23 aprile, riconobbe a Nicolò Pietro il diritto di avere due mamme: Chiara Foglietta, consigliera comunale del Pd, e la sua compagna Micaela Ghisleni. Quel giorno la sindaca non registrò solo il figlio dell’esponente politico, ma anche i bambini nati da altre due coppie omogenitoriali.
Un gesto epocale, e non solo perché per la prima volta un sindaco registrava gli atti di nascita di figli di famiglie arcobaleno senza che vi fosse una disposizione del Tribunale: la novità, infatti, fu che i bambini in questione erano nati in Italia e non all’estero. Fino a quel momento l’anagrafe aveva trascritto solo le nascite di figli di coppie gay, limitandosi a registrare gli atti certificati all’estero: in Spagna per Ruben, figlio di due donne napoletane; in Argentina per un altro bambino registrato nel 2015 a Roma come figlio di due madri.
La scelta della Procura, che riguarda altri due casi oltre a quello della consigliera Foglietta, è maturata dopo mesi di confronto sui pronunciamenti della Cassazione. I Supremi giudici, infatti, negli ultimi anni hanno legittimato la trascrizione di atti di nascita di figli di famiglie arcobaleno nati all’estero; hanno dato il via libera alla stepchild adoption; hanno ammesso la trascrizione degli atti di nascita di bambini concepiti fuori dai confini italiani da madri surrogate, benché nel nostro ordinamento la pratica dell’utero in affitto sia vietata; e hanno anche stabilito che le unioni omosessuali non sono contrarie all’ordine pubblico. Insomma, non registrare i bambini nati in Italia sarebbe discriminante e quindi contrario ai principi costituzionali. E ancora di più, si priverebbe il minore di una protezione prevista per legge.
Ed è proprio nell’alveo «dell’interesse del minore» che si muovono tutte le sentenze dei giudici di Cassazione. E a cascata anche dei Tribunali di primo e secondo grado: il 21 maggio e l’11 giugno del 2018, il Tribunale di Torino ha disposto infatti che i bambini che la sindaca aveva registrato ad aprile come figli di due mamme (tra cui quello di Foglietta), prendessero il doppio cognome. Le sentenze non entrano nel merito della registrazione degli atti di nascita, ma evidenziano come gli stessi non appaiano contrari alla legge e anzi sarebbero motivati dalla necessità di tutelare il minore: «Non emergono profili di manifesta e radicale illiceità e abnormità, in quando la registrazione del riconoscimento da parte dell’Ufficio di stato civile appare coerente con l’interesse del minore, principale parametro di riferimento della prevalente giurisprudenza, anche di legittimità, su questioni affini».
Insomma, quanto fatto da Appendino, e a seguire da numerosi altri sindaci sparsi in Italia, non apparirebbe in alcun modo come una «forzatura giuridica». Per buona pace di tutti coloro che avevano gridato allo scandalo e invocato l’intervento della magistratura. E in effetti alcune associazione «pro famiglia tradizionale» avevano presentato degli esposti chiedendo di procedere contro la sindaca per alterazione di stato civile. Le denunce sono state archiviate: secondo la Procura, l’atto di nascita dei bambini non può di fatto essere giudicato falso.
da La Repubblica
La procura: nessun ricorso sull’iscrizione all’anagrafe del figlio di due mamme
federica cravero
“Materia di competenza del legislatore, non deve passare dalla magistratura” Foglietta: “La decisione di non far nulla è in realtà un grande gesto politico”
La procura di Torino non farà ricorso contro l’iscrizione all’anagrafe del piccolo Niccolò Pietro, il primo bimbo nato in Italia registrato come figlio di due madri. La decisione è stata presa dal sostituto procuratore Dionigi Tibone e dal procuratore capo Armando Spataro, che ha seguito personalmente il caso sollevato da Micaela Ghisleni e dalla consigliera comunale del Pd Chiara Foglietta, che sette mesi fa hanno ottenuto dalla sindaca Chiara Appendino di inserire il nome di entrambe le donne nel certificato di nascita del loro bimbo, nato a Torino e concepito all’estero con fecondazione assistita.
La procura, che aveva facoltà di impugnare l’atto, alla fine ha deciso di non presentare il ricorso davanti al tribunale e non lo farà nemmeno per i casi analoghi che sono stati registrati dopo il caso di Niccolò Pietro, che ha fatto da apripista. Non solo, il pm ha anche chiesto l’archiviazione di due esposti presentati da associazioni favorevoli alla “ famiglia tradizionale” che chiedevano di valutare la responsabilità della sindaca in quelle registrazioni, ipotizzando reati come il falso e l’alterazione di stato.
La mossa della procura, che ha deciso di non intervenire per alterare quanto disposto negli uffici dello Stato civile, parte dalla premessa di un vuoto normativo e dall’esigenza che questo vuoto venga colmato politicamente, più che da un atto della magistratura. Ma soprattutto si tratta di una decisione che deriva dalla consapevolezza che molte cose siano cambiate negli ultimi anni. È cambiata la società, è cambiato il concetto di “ordine pubblico” e molti interventi normativi e giuridici hanno scardinato il concetto classico di famiglia composto da madre, padre e figlio naturale: unioni civili, stepchild adoption, maternità surrogata e fecondazione assistita. Per questo i magistrati si sono trovati di fronte al rischio di discriminazione tra bambini nati da coppie etero ed omosessuali e anche tra bambini nati all’estero o in Italia.
« Nel decidere di non fare ricorso, la procura ha fatto un grande gesto politico — afferma Chiara Foglietta — Riconoscere due genitori non è solo una questione di principio, ma anche una tutela per i figli poiché obbliga entrambi al mantenimento, anche in caso di una eventuale separazione. Tranquilla però non sono mai: il diritto che abbiamo acquisito grazie all’atto firmato dalla sindaca è una sorta di “ diritto sospeso” e penso sempre che un giorno qualcuno potrebbe prendere l’iniziativa di impugnare la registrazione di nostro figlio » . Si tratta, infatti, di atti potenzialmente soggetti all’impugnazione a vita, senza un limite di tempo rispetto all’età del bambino. Solo l’eventuale promulgazione di una legge oppure una sentenza passata in giudicato possono rendere granitico il diritto del bambino ad avere due genitori. Quindi paradossalmente un ricorso sarebbe servito ad avviare un iter giuridico, dall’esito tuttavia incerto, sebbene siano sempre più numerosi in tutta Italia i pronunciamenti dei giudici a favore delle coppie omogenitoriali. « Ma nessun caso di questo tipo in Italia è ancora arrivato in Cassazione e solo allora si capirà quale orientamento debbano seguire i giudici » , spiega l’avvocato Alexander Schuster, che ha seguito le due madri torinesi.
In realtà sulla vicenda di Niccolò Pietro un giudice si è già pronunciato ed è stato quando ha avallato la richiesta di dare al bambino il doppio cognome di entrambe le madri.
La documentazione sulla registrazione del piccolo Niccolò Pietro era stata anche inviata alla prefettura e all’avvocatura dello Stato, perché esaminassero gli atti.