Dalla rassegna stampa Libri

L’amore senza smartphone

L’amore senza smartphone

«Il mare non ha corsie» della padovana Illetterati

Sentimenti di parole e carne

Che meraviglia: due innamorati che si parlano. Con la voce, con la bocca, con le labbra. Mai un sms, un tweet, una mail. Possibile? Che mondo sarà mai? È il mondo di Anna Illetterati (classe 1999) che sgorga freschissimo dal suo primo romanzo, Il mare non ha corsie (Cleup, Padova, 16 euro), un mondo di sentimenti troppo diretti per avere qualcosa in mezzo: e allora parole dette, dialoghi con l’altro/l’altra, con gli amici, addirittura discorsi fatti a se stessi. Sono conversazioni incessanti, tambureggianti, dall’inizio alla fine del racconto, frasi incrociate, domande e risposte in presa diretta, con un ritmo che dà la misura della velocità delle emozioni umane. Macchè polpastrelli plurimi e frenetici dei millennials sulla tastiera, qui la voce sgorga dalla gola, incomprimibile, immediata, prepotente.

Un inatteso ritorno alla natura, con una magìa che si avvera pagina dopo pagina: le voci, di lei, di lui, degli amici, si sentono, vibrano assieme a quell’altra colonna sonora che fa da sfondo: la musica, le canzoni, brani di film che sono il riflesso dell’immaginario di anni giovanili. Insomma, questo è un libro sonoro. Naturalmente c’è una storia, ma è quella semplice semplice di un innamoramento – anzi due – a vent’anni. Con una cornice fatta di quello di cui sentiamo parlare ogni giorno: ragazza che va a studiare a New York, violenza sulla donna, amici gay, alcol non solo serale a profusione, famiglia sbalestrata. Parecchi cliché immaginabili, ma nessuno descritto «dall’esterno»: sono solo i dialoghi che danno conto dei personaggi, sia che parlino in prima persona, sia che gli altri parlino di loro. Qui tutto è «dall’interno»: proprio perché sensazioni, analisi, anche le azioni vengono fuori a fiotti, senza mediazioni. A un libro giovane che parla di giovani non si addice la riflessione, tutto è maledettamente istintivo, il pensiero corre sulla superficie della pelle e del cuore, e le parole corrono più dei pensieri. Qualche volta corrono anche le mani: che sia per picchiare o abbracciare. La velocità non è solo una cifra del racconto, ma del vivere: l’adolescenza corre incontro alla vita e non vuole il tempo di degustarla, la prende a morsi, la deglutisce, la sputa, fregandosene delle contraddizioni e degli errori.

Lei è Viola/Fiore, un nome per gli States e quell’altro per la famiglia italiana. Anna Illetterati si prende la responsabilità di farla parlare, ma anche la responsabilità più grossa di far parlare Matt, il ragazzo che scopre di avere un cuore. Viola è realissima ma per una scrittrice è un po’ – supponiamo – come guardarsi allo specchio. Il personaggio Matt prende forma in modo diverso, come si pensa possa essere un uomo/ragazzo. Tutto vero e realistico anche per lui: il linguaggio sboccato, l’impulsività che cela una violenza sottopelle, una patina ondivaga di superficialità. Ce ne sono milioni di ragazzi così, come no. Ma ci pare – da maschietti – un modello un tantino convenzionale. Vero è che i due, una di fronte all’altro, raccontano bene il diverso sentire, che è poi la differenza tra la donna e l’uomo. Per lei l’introspezione è naturale, lui ci arriva piano e faticando. Per lei gli spazi di pensiero sono più larghi, per lui l’azione diventa ogni forma di reazione..

Torna e ritorna un refrain: «L’amore è dolore». Non è un sintomo di pessimismo cosmico, ma una lettura disincantata. Vette e abissi, l’amore a quell’età fa impazzire e soffrire, e questa è la linea dell’equilibrio instabile, messo in crisi ogni volta da una parola, uno sguardo, un gesto. Sono gli strani incroci delle «tempeste ormonali» e del carattere. In questo libro, che pure stilla sentimento, ci tengono felicemente alla larga dal melenso e dalle retorica sentimentale. È l’esser giovani oggi. Quel che rimane è un sorriso sulle labbra, un po’ nostalgico, di fronte a questa freschezza sofferta.

C’è un piccolo segreto che Anna Illetterati svela alla fine, nei ringraziamenti: ha scritto questo racconto quando aveva quindici anni. E allora si spiegano molte cose: la forza dell’immaginazione, perché a quindici anni mica hai provato tutto; la benedetta assenza di smartphone pigliatutto; i profili dei personaggi, che sono fatalmente futuri. E brava Illetterati che a quindici anni si è messa nei panni di una ventenne, facendo un salto in avanti in anni decisivi, fantasticando realisticamente su come può essere l’amore. Sono passati gli anni, chissà se è andata così.


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