Dalla rassegna stampa Danza

Primo corso di Tango Queer “Si balla contro l’omofobia”

…se si vuole vederla come un’apertura verso il mondo gay allora ben venga. Non possiamo che applaudire a un’iniziativa simile…

Primo corso di Tango Queer “Si balla contro l’omofobia”

GIULIA GALLIANO SACCHETTO

Dimenticate il classico tango, dove c’è un lui che guida, che “comanda”, e una lei che segue. A Torino parte il primo corso di “Tango Queer” ossia tango interpretato da coppie dello stesso sesso.
Che cosa succede quindi se il codice tradizionale del celebre ballo argentino, apparentemente ferreo e infrangibile, viene ribaltato? Nel caso di due uomini chi è il maschio alfa? E nel caso di due donne chi è che guida?
Queste ed altre domande troveranno risposta dal 9 novembre quando si terrà la prima lezione di prova, ma l’essenza del tango queer, secondo coloro che già lo praticano, sta proprio nella libertà dei ballerini, che non sono più racchiusi in un ruolo ma possono sia condurre sia seguire, indipendentemente dal loro sesso, liberando così tutta la loro personalità e la loro energia.
Il progetto è organizzato da due insegnanti di tango professioniste, l’italiana Elena Garis e l’argentina, naturalizzata italiana, Carolina Gomez, con il sostegno di Arci Torino.
«L’iniziativa – spiega il presidente Arci Andrea Polacchi – si rispecchia pienamente nello slogan scritto sulla nostra tessera ovvero “Più cultura, meno paura”. Questo tema e questa forma ora non sono di moda in Italia aggiunge – viviamo in un paese dove un ministro dice che i gay vogliono dominarci e controllare il popolo».
Insomma oggi più che mai servono progetti di questo tipo per cercare di contrastare in maniera creativa ed artistica gli attacchi a sfondo omofobo che sono sempre più diffusi, basti ricordare i manifesti pubblicitari apparsi in questi giorni con lo slogan “Due uomini non fanno una madre”.
«La bellezza del Tango e questa proposta potranno dare una possibilità in più anche a chi ha ancora difficoltà a riconoscere ruoli di genere altri» afferma convinto l’assessore comunale alle Pari Opportunità Marco Giusta.
La lezione di prova e i corsi, che partiranno il 16 novembre, si terranno, sempre di venerdì a partire dalle 20, in via Bligny 18, sede del Circolo L’Arteficio, che, insieme al Circolo Maurice, hanno dato supporto al progetto.
Un’iniziativa dello stesso tipo era già stata avviata a Roma riscuotendo un buon successo e il tango queer è da molto tempo una realtà consolidata anche in Argentina, patria del famoso ballo. Le sue origini risalgono infatti al 1990 ma per un lungo periodo il tango queer è rimasto un movimento sotterraneo salvo poi emerge di colpo. Questa diffusione tanto rapida da una parte potrebbe essere una necessità: sono infatti sempre tante le ballerine donne mentre vanno via via diminuendo i ballerini maschi. La conseguenza è che spesso le ragazze si trovano a ballare dovendo recitare la parte dell’uomo. Questo sarebbe in realtà un ritorno alle origini visto che quando il tango nacque, attorno al 1870, gli immigrati europei che lo ballavano erano per lo più uomini e spesso si ritrovavano a ballare tra di loro.

——————–

Monteleone, istruttore “Nasce per gli uomini e poi non si può barare”

«Non c’è niente di strano a ballare con persone dello stesso sesso» . Rolo Monteleone, 50 anni, è una voce autorevole del mondo del tango torinese e internazionale. È stato suo padre, Pedro, a contribuire in qualità di maestro alla diffusione di questo ballo in Italia e in particolar modo sotto la Mole, creando e consolidando il legame tra il capoluogo piemontese e il tango.

Come nasce questo ballo?

«Bisogna andare molto indietro nel tempo, fino al 1900. E in effetti il tango nasce come ballo tra uomini. Le donne non lo praticavano, ad eccezione delle prostitute. E chi voleva frequentarle, si esercitava prima come un amico. Non erano in molti infatti a saper ballare e così si cercava di migliorare, facendo pratica.

Poi, in quelli che voi chiamate bordelli, si ballava effettivamente con una donna.

Ma solo allora. I primi tanghi, in ogni modo, non avevano niente a che fare con l’eleganza e i codici di comportamento del tango di oggi, ma erano suonati nei bordelli e ballati da malviventi, emarginati e prostitute. Nei bordelli gli uomini pagavano per ballare e intrattenersi con le prostitute».

E dopo, come si è evoluto?

«È cresciuto, è diventato un ballo di coppia, che ha anche dei risvolti sensuali, ma non necessariamente».

Se si balla con una persona dello stesso sesso, chi decide chi guida?

«È indifferente. Una persona guida e l’altra segue. Un maestro deve essere in grado di ballare indifferentemente sia con un uomo che con una donna. Non cambia nulla. Si decide prima chi conduce e l’altro, a ogni segnale, segue. Il primo propone un movimento, il secondo lo asseconda.

Per noi insegnanti è anche espressione di professionalità riuscire ad avere entrambi i ruoli».

Quindi non si tratta di una novità?

«Di fatto no, ma se si vuole vederla come un’apertura verso il mondo gay allora ben venga. Non possiamo che applaudire a un’iniziativa simile, anche se si dovesse trattare di un escamotage pubblicitario. In Sud America purtroppo ci sono ancora tanti pregiudizi nei confronti degli omosessuali. Torino è una città più aperta».

A lei è mai capitato di fare lezione a una coppia omosessuale?

«Sì. E senza che ci fosse alcun problema, anzi. Mi è capitato con due donne, con due uomini mai, ma si tratta unicamente di un fatto casuale. E in alcune occasioni, per esercizio, è capitato sia di invertire i ruoli che di ballare appunto con persone dello stesso sesso. Non c’è davvero nulla di strano.

Il tango, come in molti correttamente sostengono, non è solamente un ballo, ma una filosofia di vita. Un ballerino di tango sa che quando balla non può barare.

Il tango è una danza dove ognuno deve rispettare la propria identità, muovendosi, interpretando se stesso e il proprio stato d’animo».

Erica Di Blasi

17/10/2018


Condividi

Effettua il login o registrati

Per poter completare l'azione devi essere un utente registrato.