NEL SUPPLEMENTO UN AMPIO FORUM SU UN’ARTE CHE GUADAGNA SPAZIO: CON L’ÉTOILE ARTISTI, COREOGRAFI, ORGANIZZATORI
Nei teatri e nelle strade con Bolle «La Lettura» dà voce alla danza
di Valeria Crippa
Arte d’élite riservata a una nicchia oppure linguaggio multiforme capace di attrarre e coinvolgere il grande pubblico? La danza al bivio della popolarità, tra passato e futuro. È uno dei molti temi trattati dal forum organizzato da «la Lettura» che segue il precedente dibattito dedicato al teatro con 8 registi di prosa e moderato da Franco Cordelli (#323 del 4 febbraio scorso) e che si dispiegherà su cinque pagine sul nuovo numero dell’inserto in edicola da domani.
Per la danza «la Lettura» ha interpellato artisti, coreografi, direttori di festival e docenti, in equilibrio dialettico tra balletto classico e ricerca contemporanea: a partire dall’étoile Roberto Bolle, presente non solo in veste di star capace di richiamare grandi numeri di spettatori ma anche di imprenditore e direttore artistico del neofestival OnDance di Milano (11-17 giugno). Quindi, i coreografi Ariella Vidach e Roberto Zappalà, entrambi fondatori di compagnie e di fucine di creatività; Umberto Angelini, sovrintendente e direttore artistico della Fondazione Teatro Grande di Brescia nonché curatore della Triennale Teatro dell’Arte e dei festival Uovo e Uovokids; Rino De Pace, direttore artistico del Festival MilanoOltre; Roberto De Lellis, direttore organizzativo del Festival delle Nazioni e docente all’Università di Bologna. Al forum hanno inoltre partecipato, in collegamento Skype da un camerino dell’Opéra di Parigi, il primo ballerino Alessio Carbone e il danzatore-coreografo Simone Valastro. «La Lettura» ha guidato il flusso delle idee, delle proposte emerse guardando al sistema della danza italiana, in un confronto con il mercato internazionale, soprattutto statunitense e francese.
«Occorrerebbe prendere dall’esperienza americana l’intenso coinvolgimento di sponsor e donatori con una politica fiscale agevolata», ha detto tra l’altro Bolle, una considerazione condivisa da Zappalà. Superati vecchi retaggi culturali che etichettavano la danza come «Cenerentola delle arti» (con conseguente flessione di autostima del settore), il dibattito ha affrontato infatti un contesto artistico-economico in costante evoluzione anche alla luce della nuova legge sullo spettacolo dal vivo, approvata in via definitiva dalla Camera l’8 novembre scorso, sui cui decreti attuativi stanno lavorando le commissioni ministeriali.
«Il problema in Italia non è il pubblico — ha aggiunto Angelini — ma le rendite di posizione all’interno del sistema». E c’è anche la riflessione sulla mancanza, in Italia, di una formazione accademica per i giovani coreografi di balletto classico e sull’esiguo numero di direttori di teatri e di grandi festival italiani competenti e sensibili alla danza. Vidach invita a «saper rischiare», mentre De Pace conta sulla capacità di diffondere il linguaggio della danza «a partire dall’infanzia». Valastro guarda «ai giovani coreografi» anche se — avverte Carbone da Parigi — va comunque salvaguardata la tradizione. Emerge la necessità di coltivare il rapporto con il territorio, con il pubblico, con le sfide lanciate dalle nuove tecnologie che incalzano: «Enti diversi devono sapere fare rete», osserva De Lellis.
Se la danza si nutre di musica, di musica è fatta anche la vita di Francesco Bianconi, leader della band rock dei Baustelle, che dedica un lungo articolo a uno scrittore toscano come lui, approdato a Milano come lui: Luciano Bianciardi, l’autore de La vita agra di cui il Saggiatore pubblica le opere. E di musica si tinge anche una ricorrenza storica: il centenario della Battaglia del Solstizio, ovvero la vittoria cruciale dell’esercito italiano sul Piave che nel giugno 1918 segnò l’inizio della fine per gli austroungarici e la premessa della vittoria per l’Italia. Scrive lo storico Marco Scardigli mentre il compositore Nicola Campogrande analizza La leggenda del Piave, una canzone che artisticamente è «un piccolo gioiello, degno del massimo rispetto».
Ulteriori anniversari: i 10 anni dalla morte dello scrittore de Il sergente nella neve Mario Rigoni Stern (lo ricorda una graphic novel di Nazareno Giusti) e il referendum dell’11 giugno 1995, quando gli italiani votarono sì agli spot nei film in tv; fu il segno di un cambiamento culturale del quale ragionano il regista Davide Ferrario e il critico Aldo Grasso. E gli «altri Sessantotto», infine: quello di Praga, rievocato in un reportage dalla capitale ceca dello scrittore francese Olivier Guez (in libreria con La scomparsa di Josef Mengele, Neri Pozza), e quello di Londra, che secondo l’editorialista Sergio Romano fu, grazie alla minigonna e ai Beatles, più sovversivo di quello di Parigi.