“Una storia che sta a dimostrare come, quando si è in presenza di certe violenze compiute in contesti omosessuali, da parte dei media vi sia una certa cautela nel pesare i termini e le parole”.
Il giornalista Mario Adinolfi commenta con Intelligonews la vicenda del ragazzo di 17 anni,legato e violentato a turno nel Salernitano da quattro uomini che hanno filmato lo stupro con un telefonino. La violenza sarebbe avvenuta in un centro massaggi di Cava de’ Tirreni (Salerno) nei mesi scorsi.
Due dei presunti responsabili della violenza, entrambi di 50 anni, sono stati arrestati oggi dai carabinieri a Cava de’ Tirreni e Vicenza. Gli altri protagonisti dell’episodio – si apprende dalla Procura di Salerno – durante la violenza avevano maschere e parrucche per non farsi riconoscere.
Una storia di ordinario squallore scoperta in seguito alla denuncia della madre del ragazzo.
Adinolfi, ancora una squallida storia di abusi su minori che sembra però passare in sordina. Uno stupro in piena regola da parte di alcuni uomini nei confronti di un ragazzino. Un dettaglio questo che a leggere le cronache sembrerebbe quasi irrilevante
“La vicenda certamente non può non essere inquadrata all’interno di un certo tipo di mondo, quello dell’omosessualità. Se quando ci si trova di fronte ad una violenza che sfocia nell’omicidio compiuta da un uomo nei confronti della donna si usa il termine femminicidio, in questo caso quando più uomini abusano di un minorenne appare evidente il riferimento a comportamenti e pratiche omosessuali. Il tentativo di evitare ogni riferimento all’omosessualità in certi casi mi pare sospetto”.
Cosa sta a significare il fatto che i presunti autori si siano pure messi a filmare lo stupro con il telefonino?
“E’ sinonimo di delinquenza, di morbosità, direi di delinquenza mista ad ossessione mass mediale. Pare ci fosse intento pedopornografico. Oggi viviamo nell’epoca della dittatura dei social network, una dittatura basata sull’immagine e sull’esigenza di documentare tutto, il lecito come l’illecito. Tutto deve essere provato e documentato, qualsiasi cosa per dimostrare a tutti che si è fatta. E’ come uno scalpo da mostrare con orgoglio. E il desiderio di esibizione sembra anche prevaricare la consapevolezza di commettere reati. Poi purtroppo tutto finisce per incentivare il mercato della pedopornografia”.
Un caso questo che tuttavia non sembra aver riscontrato un’attenzione particolare da parte dei media. Fosse avvenuto ad opera di un sacerdote forse l’attenzione sarebbe stata maggiore?
“Sicuramente, quando gli abusi hanno per protagonisti uomini di Chiesa inevitabilmente il clamore è maggiore, i giornali sparano la notizia in prima pagina, si organizzano talk show e si monta la polemica. In questo caso invece il clamore è decisamente minore, i giornali ne parlano in taglio basso o comunque nelle pagine interne, domani probabilmente non se ne riparlerà già più. Mi pare evidente come quando le violenze sono a sfondo gay vi sia una certa cautela nell’utilizzare termini e parole e nel ridurre il tutto ad una questione di mera delinquenza, tenendo fuori il fattore sessuale invece rilevante”.