«Farà nebbia» (Robin edizioni, pp. 296, euro 15)
C’è un lago, quello di Lugano, che divide e unisce i destini di due ragazzi, Ervé e Sebastiano. Il primo cresce in un orfanotrofio sulla sponda italiana, il secondo in una famiglia borghese svizzera che favorisce le sue inclinazioni artistiche. Li ritroviamo ben presto adulti nella Milano del ‘43, a cavallo dell’8 settembre, durante le tre guerre che vive la città: quella dei fascisti che non accettano l’armistizio, quella dei nazisti che non si fidano più degli italiani e quella degli alleati che bombardano senza precisione. Ervé è un operaio modellista di aerei da combattimento alla Caproni ma partecipa ai raid fascisti che il suo caposquadra organizza per dare una lezione a chi va fuori dalle regole. Sebastiano lavora all’ospedale ma frequenta un atelier di scultori, tutti omosessuali, che ogni tanto devono subire qualche visita all’olio di ricino pur avendo alcune armi di ricatto da usare per evitare pericoli maggiori.
Un costante sentimento omoerotico caratterizza il nuovo romanzo di Stefano Paolo Giussani Farà nebbia, ambientato con fedeltà storica in un delicato momento di passaggio della nostra nazione e che diventa una vicenda di sofferta ma coraggiosa transizione nella vita interiore dei protagonisti.
Ben presto entra in scena la lotta partigiana, perché Ervé non può più accettare l’arroganza e la violenza gratuita dei compagni fascisti, reagisce malamente ed è costretto a fuggire tra le montagne del Lecchese dove cova la Resistenza. Qui comincia la seconda vita del ragazzo che si unisce ai combattenti ed è una storia di incursioni, agguati, in cui la violenza non contempla pietà da nessuna delle parti in causa. Ma che ha pure episodi di amicizie profonde che sfociano ogni tanto in qualcos’altro.
Le testimonianze di omosessualità tra i partigiani sono ben poche. Fu il regista Franco Zeffirelli, che da ragazzo combatté tra i boschi delle montagne fiorentine, a raccontare qualche anno fa dell’intimità con un contadinotto in una notte di gelo passata insieme sotto una coperta dentro una grotta: fu probabilmente la ricerca condivisa di un calore esistenziale oltre che fisico, per non cedere alla paura. Nel romanzo di Giussani, episodi come quello di Zeffirelli si verificano ogni tanto costellando un racconto serrato, pieno di colpi di scena e di episodi dolorosi.
Sono sprazzi di sincerità affettiva e sessuale che certo non interferiscono nel perseguimento di un obiettivo comune: la liberazione del territorio italiano dal regime nazifascista. I personaggi immaginati dall’autore si confrontano con quelli reali, c’è anche una sfida da mezzogiorno di fuoco tra Ervé, ormai diventato testa di ponte dei partigiani in città, e il famigerato ufficiale Pietro Koch, artefice, con la sua banda, delle torture perpetrate a Villa Triste. Talmente crudele da essere considerato scomodo e dunque arrestato alla fine del ‘44 dagli stessi fascisti.
Farà nebbia, edito da Robin, è un incalzante romanzo partigiano con un punto di vista inusuale che Giussani aveva già contemplato nel fortunato L’ultima onda del lago di cui questo libro è un prequel. Ci piace pensare che quegli uomini e quelle donne abbiano combattuto per un sogno di libertà, anche di sentimenti, che ora finalmente sta acquistando i suoi diritti.
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