Lei, Martina, è una delle più grandi tenniste e forse la più famosa atleta gay; loro fanno parte di un gruppo sportivo milanese e sono la prima squadra di lesbiche dichiarate a vincere una competizione ufficiale di tennis in Italia. Eppure non hanno ancora uno sponsor e devono pagarsi le divise, le trasferte e persino i campi.
Federica, Beatrice, Martina, Elena, Pamela, Bea, Roberta, guidate dal capitano non giocatore Federico, compongono la squadra agonistica femminile dell’Atomo (Associazione tennisti omosessuali, www.atomoitalia.org) che ha vinto lo spareggio contro il Tc Ghedi per la promozione in D2. Mai però avrebbero immaginato di ricevere via Twitter i complimenti del loro idolo: la Navratilova oltre ai trionfi sul campo ha spezzato molti tabù e si è esposta contro i pregiudizi e anche queste donne — la più giovane ha 37 anni, la più anziana 55 — non nascondono l’orientamento sessuale, pur senza farne una bandiera. Fanno i lavori più svariati: consulente informatica, ricercatrice universitaria, manager, grafica editoriale, eccetera. Elena e Martina stanno insieme, in tre sono single, ma tutte condividono la passione per il tennis.
«Ho giocato dai 6 ai 16 anni, poi per un lungo periodo ho smesso finché, nel 2009, sono arrivata all’Atomo», racconta Federica, 40 anni, singolarista della squadra, quella su cui tutte fanno affidamento per conquistare il primo punto nelle gare. Al di là di chi scende in campo, però, «i risultati sono di tutte, perché tutta la squadra compone il livello di chi va in campo», dicono convinte. Anche Bea e Martina hanno in comune un passato da adolescenti con la racchetta e dopo una lunga parentesi lontano dai campi sono tornate a giocare all’Atomo che conta un’ottantina di atleti, tra gay e lesbiche. Ogni domenica si giocano i doppi, ci sono corsi sia per i principianti sia per chi gioca, ma vuole migliorare; una volta all’anno organizzano a Milano il torneo internazionale Italian gay Open e poi da qualche anno ci sono le squadre agonistiche, maschile e femminile.
«Tutte le ragazze hanno giocato e vinto titoli nel circuito Glta (delle associazioni gay) in singolo, in doppio e nel misto, ad Amsterdam, agli Eurogames di Budapest, a Parigi; ma in Coppa Italia competono a livello agonistico», dice Federico. «Non abbiamo mai avuto la percezione di essere trattate in modo strano, perché facciamo parte di un gruppo gay», assicura Martina. «Anzi, ci è capitato anche di scontrarci con altre lesbiche non dichiarate. E noi eravamo sempre le più femminili!». Una squadra di lesbiche, ma non solo per lesbiche: «Non siamo fondamentaliste», dice Bea. «Tanto è vero che ci sta bene un capitano uomo. E poi è entrata in squadra anche una ragazza etero, Catalina, che ci ha viste al Tc Corvetto e ha chiesto di far parte dell’Atomo. Le abbiamo spiegato di che si trattava e non ha avuto nessun problema, anzi anche il suo ragazzo gioca ogni tanto i doppi della domenica».
Da quest’anno la squadra raddoppia, per giocare sia la Coppa Italia sia la Coppa Comitato Lombardo, ma ancora non c’è uno sponsor. «Il tennis è costoso, tra allenamenti, affitto del campo, trasferte. Questa selezione rischia di tagliar fuori qualcuno». Eppure basta poco: «Con 1.500/2.000 euro all’anno», spiega Elena. «Le squadre di calcio a qualsiasi livello hanno uno sponsor, per il tennis è più difficile». Se poi è una squadra di lesbiche forse è ancora più difficile.
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