Abbattuti i diritti civili, la crociata contro i gay di Vladimir Putin, cara agli esponenti romani di Forza nuova, punta a sovvertire le verità storiche. Minando capolavori e miti del patrimonio culturale russo.
A giugno la Duma, il parlamento, ha approvato la legge che, letteralmente, proibisce la «promozione dei comportamenti sessuali non tradizionali», così da «proteggere i minori da informazioni nocive per la loro salute e il loro sviluppo».
LA DERISIONE DELLO ZAR. In vigore da luglio, in poche settimane il bando sugli omosessuali ha mietuto – metaforicamente, s’intende – la prima vittima eccellente. Il pittore Konstantin Altunin è stato costretto a scappare a Parigi, finito nel mirino della polizia per aver dipinto l’inquilino del Cremlino in lingerie sexy accanto al premier Dmitrij Medvedev seminudo.
LA STORIA RISCRITTA. Ma la norma ha anche provocato la reazione degli intellettuali russi contro la mistificazione di un mostro sacro dell’arte mondiale: il genio musicale Pëtr Il’ic Cajkovskij, di tendenze notoriamente omosessuali, trasformato, nell’ultimo film autobiografico in uscita nel 2015, in un compositore etero, struggentemente diviso tra l’amore per una gracile ballerina e quello per la futura moglie.
MULTE FINO A 30 MILA DOLLARI. Oscurare gli amori gay dell’autore dello Schiaccianoci è il pegno che gli autori della pellicola hanno dovuto pagare per ricevere i finanziamenti del Cremlino necessari a realizzarla.
Avesse puntato i piedi e raccontato la verità, il regista avrebbe rischiato la sospensione dell’attività per 90 giorni e una multa di 1 milione di rubli (circa 22 mila euro) per divulgazione di materiale lesivo.
Al Bolshoi solo ballerini virili: multe da 50 mila rubli
Il grande compositore Pëtr Il’ic Cajkovskij ritratto con un giovane pianista.
(© wikipedia) Il grande compositore Pëtr Il’ic Cajkovskij ritratto con un giovane pianista.
La pena individuale per chi infrange la legge esibendo amori proibiti è di 5 mila rubli (circa 110 euro), moltiplicata per 10 se il trasgressore è un cittadino che lavora per il governo.
Nella categoria rientrano anche i ballerini del teatro Bolshoi, tempio di levatura mondiale della musica classica, da sempre associati a passioni omosex prima inconfessabili e poi dichiarate, come quelle tra Cajkovskij e i suoi giovani amanti del Conservatorio e delle compagnie. O, in tempi più recenti, all’amore gay tra Rudolf Nurejev e il collega danese Erik Bruhn.
GLI AMANTI DI CAJKOVSKIJ. Batticuori e tormenti arcinoti. Una volta, nelle lettere private al fratello Modest (apertamente fidanzato con un uomo, nonostante il divieto zarista) il già famoso Pëtr Il’ic confidava di come, entrambi, dovevano «combattere» le loro «inclinazioni» e la loro «natura».
Ora, però, tra i corridoi e nei camerini del Bolshoi tutto tace. Nessuno, tra gli artisti di Stato osa criticare la legge anacronistica del Cremlino. Per quanto il testo sia sulla bocca di tutti, il tema è un tabù.
IL TABÙ DEI BALLERINI GAY. I ballerini gay hanno smesso di fare coming out. E pezzi grossi come Mikhail Lavrovsky, alla guida dell’Accademia di Stato per coreografi di Mosca, sono arrivati addirittura ad esaltare, obtorto collo, la virilità tra gli allievi e i componenti delle compagnie.
«Non amo la parola ‘balletto’, è poco maschile», ha affermato Lavrovsky, ex ballerino di punta del Bolshoi. «Il mio insegnante Alexej Nikolajewitsch Jermolajew diceva sempre ai suoi studenti: dovete sempre essere uomini, anche se la vostra natura rema contro».
La revisione del film Rasputin con Depardieu
Putin e Medvedev ridicolizzati in un corteo di Mosca.
(© Getty images) Putin e Medvedev ridicolizzati in un corteo di Mosca.
Ma il presidente russo non intende tornare indietro. Con una sorta di effetto boomerang, il prossimo bersaglio della mannaia dei censori potrebbe essere nientemeno che il nuovo film Rasputin, di prossima uscita, in cui il transfuga Gerard Depardieu interpreta l’oscuro consigliere dei Romanov.
Passaporto russo alla mano («il mio cuore è russo-francese», ha detto l’attore), il protagonista di Cyrano de Bergerac ha detto di aver consegnato personalmente il copione a Putin, che prima di approvarlo ne ha vagliato eventuali «distorsioni storiche». Peccato che, nella pellicola, assecondando la versione di alcuni storici, Rasputin venga ucciso a San Pietroburgo dal principe Felix, gay invaghitosi di lui e ripreso, più volte, in panni femminili. Una concessione al suo pupillo Depardieu, forse.
PUTIN IN VERSIONE TRAVESTITO. Di certo Putin non ha soprasseduto sui dipinti esposti, alla vigilia del G20, al Museo del potere di San Pietroburgo, che mettevano alla berlina lui, ritratto in vestaglia rosa accanto a Medvedev in bikini nel quadro Travesty, e il suo fedele luogotenente Vitaly Milonov, tra gli sponsor più attivi della legge contro la «propaganda omosex», ritratto invece con in mano la bandiera gay arcobaleno.
In un blitz della polizia, il 27 agosto quattro opere sono state confiscate e Altunin è fuggito in Francia «sotto choc». Contro di lui non c’è però alcun mandato di cattura. Inoltre la direttrice del museo, Tatiana Titova, è stata fermata per qualche ora dalle autorità e poi rilasciata. E la galleria ha potuto riaprire per il G20, evitando una figuraccia a Putin.
IN MARCIA PER L’ARTE. Ma mentre la magistratura indaga se i quadri siano o meno passibili di condanna, le comunità di artisti freak di Mosca insorgono. Tra loro anche Aleksandra Kachko, nome d’arte Zoa, arrestata più volte per aver raffigurato nei suoi murales di denuncia donne e manifestanti maltrattati dalla polizia.
L’esercito di emuli delle Pussy Riot, insomma, si allarga. Dopo i cortei in difesa del blogger Alexei Navalny, dissidente messo alla sbarra, la scena culturale russa, si unisce alle proteste anti-Putin delle comunità di gay e lesbiche del mondo in nome di Cajkovskij e Nurejev. E boicottando la vodka. Il più russo – e caro allo zar – dei prodotti.