Dalla rassegna stampa Libri

Annie Proulx "In campeggio sull´oceano così è nato il mio pulitzer"

La scrittrice di “Brokeback Mountain” e le estati sull´Atlantico: “Cucinavamo aragoste e leggevo Jack London”

“La nostra famiglia aveva il gusto della solitudine, spesso avevo come amici solo alghe e conchiglie”
“La vacanza è uno spazio emotivo ma sono tanti anni che non ne faccio più: viaggio molto ma è diverso”

Annie Proulx è orgogliosa di essere discendente degli uomini arrivati in America con il Mayflower, ed ama la natura selvaggia come si capisce bene leggendo i suoi libri. Per questo si definisce una scrittrice «degli spazi aperti». I ricordi più importanti delle vacanze sono legati ai luoghi dell´infanzia anche se il rapporto con le persone che li hanno abitati, o le hanno consentito di conoscerli, è ambivalente: fece scalpore qualche anno fa la notizia che al funerale del padre, che non vedeva da molti decenni, avesse incontrato le quattro sorelle, che non frequentava da quarant´anni.
È una donna dai modi franchi e diretti, con il talento per le battute al vetriolo e la capacità di mostrare la cultura in espressioni semplici, mai velate da intellettualismi. Ha vissuto a lungo negli aspri territori del Newfoundland, dove ha ambientato Avviso ai Naviganti, racconto ricco di metafore marinare, per il quale ha vinto il premio Pulitzer; in Wyoming, dove si svolge Brokeback Mountain, e poi in Vermont e in New Mexico, dove passa i mesi invernali. «Tra dicembre e febbraio, nella casa dove vivo il resto dell´anno, la neve può arrivare sino a due metri d´altezza» racconta «ma alla mia età comincia ad essere faticoso, e spesso mi trovo completamente isolata».
Qual è il suo luogo dell´estate?
«Sono molti, ma ho un ricordo particolarmente vivo delle vacanze che passavano nel Maine. La scelta era tra la costa, nella zona del Reid State Park, e l´interno dello stato, nel Baxter State Park, un luogo incontaminato, pieno di animali. La cosa bella è che andavamo in campeggio e questo ci faceva sentire parte della natura».
Ha dei ricordi specifici di quei giorni?
«Il Reid Park non era lontano dalla casa in cui abitavamo quando ero piccola a Freeport, ed era ideale per una gita di un giorno. All´epoca era un posto selvaggio e solitario, frequentato da pochissima gente. La nostra famiglia aveva il gusto della solitudine e questo era molto piacevole. Sulla strada per il parco ci fermavamo a comprare le aragoste direttamente dai pescatori che all´epoca costavano 89 centesimi l´una. Accendevamo il fuoco sulla spiaggia con il carbone e le alghe marine. Mentre le aragoste cuocevano facevamo delle grandi battute di esplorazione intorno alla spiaggia. Diversa invece l´atmosfera nel Baxter Park: una distesa di foreste di pini dove si sentiva ovunque l´odore della resina degli alberi. L´emozione più forte era il silenzio del sottobosco.
Un´estate, avevo undici anni, decisi di scalare da sola il monte Katahdin, ma al ritorno mi persi. C´erano decine di sentieri e presi quello sbagliato. Ci misi ore prima di tornare ed ero convinta di trovare la mia famiglia terrorizzata, ma in realtà nessuno era particolarmente in ansia, mentre io già mi vedevo trascorrere la notte sotto un pino».
Che cosa faceva in quel periodo?
«Prima di essere una scrittrice io sono una lettrice, lo sono sempre stata. Fin da piccola divoravo London, Faulkner e molta fantascienza. Anche oggi i miei libri sono sporchi di salsa di pomodoro perché non riesco a staccarmi da una lettura nemmeno quando cucino».
Il suo racconto più famoso cita le montagne. Ma a lei piace anche l´oceano…
«Tutto è cominciato quando i miei genitori affittarono una casa quasi diroccata sulla costa del Maine per 25 dollari la settimana. Si trattava di una casupola arrampicata su una piccola scogliera a picco sull´oceano. Ricordo il sentiero che ci portava nelle piscine naturali formate dalla marea. È stata una settimana di esplorazione, ricerca di conchiglie, studio delle alghe marine e delle piccole creature che vivevano in quelle pozze d´acqua. E poi la scoperta di monete perse nella sabbia e i ricci di mare».
Perché ricorda in particolare quell´esperienza?
«Era un mondo senza tempo. A noi bambine quella casa sembrava un luogo perfetto in cui vivere, ma mia madre si lamentava per la cucina primitiva, un vecchio forno a cherosene con due fuochi. Non ci siamo mai più tornati; molti anni dopo, senza rendermene conto, ho comprato una casa in Newfoundland che assomigliava molto alla casa del Maine».
Cosa le manca di più, oggi?
«L´oceano, appunto. Ho passato gli ultimi trent´anni della vita tra pianure e montagne. Mi manca il nord Atlantico, salato e ansimante, come manca a chiunque sia vissuto da quelle parti. E ho visto molti mari: dall´oceano Indiano al mare della Tasmania, ma quello che parla al mio cuore è l´oceano Atlantico. Lì mi sentivo davvero in vacanza».
Nei suoi libri racconta nel dettaglio le attività delle persone. Dai rodei alla caccia fino al rapporto con l´alcool. Ha vissuto queste esperienze?
«Le ho lette, ho visto dei video, ne avevo una collezione sui rodei, e ho cercato di vedere quei posti. In certe zone i bar sono l´ultimo posto sociale che resta, il centro della comunità, ci vanno cowboy e le vecchie signore».
Quanto tempo occupa la scrittura nelle sue giornate?
«Quando arrivo in fondo a un progetto anche sedici ore al giorno ma normalmente non lo faccio così spesso. In certi periodi ho talmente poco tempo da annotare solo piccole frasi. Quando lavoro a un racconto mi piace andare in macchina, per pensare alla trama. Guidare mi aiuta a chiarirmi le idee, a capire i personaggi».
Le piacciono ancora le vacanze?
«Mi piace quello spazio emotivo. L´idea di un periodo di tempo incantato che è tale proprio perché è circoscritto nel tempo. Per quanto mi riguarda sono tanti anni che non vado in vacanza, nel senso comune del termine. Probabilmente perché viaggio molto, e questo, in qualche modo sostituisce quella necessità. Tra i ricordi più belli di questi ultimi tempi ci sono una viaggio a Coolum Beach nel Queensland, la vista dei faraglioni di Capri e una gita nella estancia preferita di Borges nella pampa argentina, ma nessuno di questi viaggi nasceva come pura vacanza».
Qual è la differenza più significativa che nota rispetto alla sua gioventù?
«A parte i tempi delle vacanze, oggi ristretti sino quasi a scomparire, la sensazione di vicinanza e complicità con le mie sorelle, e il piacere del contatto con i miei genitori, quando sembravano felici di stare insieme».


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