Milano Quelle immagini scandalosamente forti e buie, quelle relazioni sfrontate, violente e pericolose fra i vari personaggi, quei toni solenni e apocalittici che avevano caratterizzato la Parte prima di Angels in America – Si avvicina il millennio, si stemperano adesso nella messa in scena della Parte seconda intitolata Perestroika, presentata al Teatro dell’Elfo, in una visionarietà meno accesa e fulminante, come se una ironia drammatica avesse preso il posto di quell’incubo infernale di fine millennio per presentarci una «ricostruzione» (perestroika) che di fatto diventa un ennesimo disfacimento del reale e delle coscienze individuali in cui ciascuno dei personaggi si consegna al proprio terreno destino.
Così accade a Roy M.Cohn, magistralmente interpretato da Elio De Capitani, inchiodato in quel letto d’ospedale in attesa della morte, ostaggio di devastanti introversioni comportamentali e psicologiche, e tenuto sotto scacco dal fantasma di Ethel Rosenberg, che il potente e terribile avvocato di New York, in pieno maccartismo, fece ingiustamente condannare, insieme al marito, alla sedia elettrica.
O a Prior, il laico Profeta che tenta la sua fuga dalla realtà in una immaginifica trascendenza, per trovare solo nella vita vera e normale la speranza e la possibilità di un «punto di svolta». Mentre Harper Amaty Pitt, la giovane moglie abbandonata da Joe che si è innamorato improvvisamente di Louis, l’ex compagno di Prior, dal finestrino di un aereo in volo, come un personaggio di Cechov, fugge pronunciando il suo atto di fede nel futuro dell’umanità.
Angeli e umani spaventati si fronteggiano e convivono in questo spaccato di vita americana sulla fine degli anni Novanta, che nella rappresentazione diretta da Ferdinando Bruni e Elio De Capitani acquista una leggerezza di visione assolutamente particolare ed originale rispetto alle istanze apocalittiche del testo di Tony Kushner, definendone un senso teatrale e narrativo nuovo dichiaratamente fantasy e multimediale (quasi uno «spettacolo nello spettacolo» i video e il ciclorama, ideati da Francesco Frongia): una amara commedia americana su sesso, potere e religione, un girotondo gay sul tema dell’amore e delle relazioni fra gli uomini in tempo di Aids raccontato con sublime frivolezza e perfino divertimento.
Alla fine, continui e insistenti applausi da parte di un pubblico molto partecipe e visibilmente entusiasta. Bravissimi tutti gli interpreti, spesso impegnati in doppi e tripli ruoli.