Dalla rassegna stampa Teatro

Angels in America parte II. Perestroika

Con Angels in America parte II, l’Elfo ritorna al celebre testo di Tony Kushner per raccontarci una storia che si muove su due piani…

Milano Con Angels in America parte II, l’Elfo ritorna al celebre testo di Tony Kushner per raccontarci una storia che si muove su due piani. Il primo è quello sociale, storico, politico. Un affresco sconvolgente dell’America di Ronald Reagan: ferocemente liberista, reazionaria, omofoba nella New York degli affluenti anni Ottanta, città simbolo per i democratici e i liberals, immagine multirazziale di un Paese possibile, più fraternamente vicino in tempi in cui l’Aids, se non proprio distrugge, sicuramente mette in secondo piano le differenze sociali, sessuali, religiose. Una specie di Divina Commedia contemporanea con il suo inferno e il suo paradiso ma senza purgatorio. Dove l’inferno è la realtà quotidiana, la morte, la malattia che ti fa il vuoto intorno e il paradiso è qualcosa che può essere rifiutato per vivere la vita fino in fondo anche nel dolore, anche nella morte.

Essendo uomini sempre, ci dice l’autore, un ebreo progressista che con le due parti di Angels in America scrive la sua opera più famosa contro ogni discriminazione. Prima fra tutte quella politica, che si incarna nell’avvocato maccartista, Roy M.Cohn, protagonista della cosiddetta caccia alle streghe, responsabile della messa a morte, sulla sedia elettrica, dei Rosenberg, a torto considerati delle spie. A interpretare questo personaggio realmente esistito, spregiatore e persecutore di neri e di omosessuali oltre che di ipotetici “comunisti” negli anni della guerra fredda, condannato, per ideale contrappasso, a morire a sua volta di Aids curato da un infermiere trans e perseguitato dal fantasma di Ethel Rosenberg, evocato dal suo divorante senso di colpa, è Elio De Capitani che ne rende superbamente tutta la bassezza e la violenza.
Il secondo piano è quello dell’amore, della passione rifiutata, della propria sessualità nascosta se non negata, ma sempre presente nelle sue pulsioni più profonde con quel prepotente desiderio di libertà individuale e collettiva che poggia su di una fiducia malgrado tutto nei valori della “madre” America.
Dopo la messinscena della prima parte dell’opera, Si avvicina il Millennio Teatridithalia conclude dunque il dittico di Kushner con Perestroika citazione della parola d’ordine dell’era gorbacioviana, intesa come palingenesi, rinnovamento profondo grazie alla solidarietà fra gli esseri. Questo rinnovamento coinvolge in forme più o meno definitive giovani ebrei come Prior e Louis interpretati dai bravi Edoardo Ribatto e Umberto Petranca, mormoni come l’avvocato Joe, che scopre la propria omosessualità (Cristian Giammarini), ragazze impasticcate, madri tutte d’un pezzo, infermieri trans umanissimi e ironici, razzisti, repubblicani e democratici, tutti insieme appassionatamente. E gli angeli, naturalmente dagli abiti bianchi o neri che, interpretati da Sara Borsarelli, appaiono a Prior nel suo delirio distruggendo i muri, sfondando i soffitti, provocandogli un orgasmo e chiamandolo a un paradiso di incartapecorite icone, dove Dio non si vede e non si manifesta.
Con estrema sensibilità ma anche con un notevole rigore formale, Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani raccontano l’amore ma anche la vita, la politica, la società, l’America ai tempi dell’Aids. Mostrandoci l’inquieto viaggio dei protagonisti nella vita e nella morte, nelle scena avvolgente di Carlo Sala, le cui pareti si trasformano in schermi su cui si proiettano i filmati di Francesco Frongia che “citano” l’America nella sua quotidianità e nelle sue canzoni. Un potente affresco corale nel quale ha modo di affermarsi la recitazione senza sbavature degli attori Fabrizio Matteini, Elena Russo Arman, Ida Marinelli e Cristina Crippa. Uno spettacolo da vedere.

delteatro.it

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