Dalla rassegna stampa Libri

HOTEL DE DREAM di Edmund White

Sorprendente, visionariamente attaccato ai piccoli dettagli del quotidiano, nel suo personalissimo mondo dove le cose tutte assurgono al ruolo di protagoniste, Edmund White ci obbliga ancora una volta a strofinarci gli occhi, di fronte al coraggio di «dare un calcio alla vergogna».

HOTEL DE DREAM Edmund White Playground, 2008, 15 euro

White va oltre il confine, lo schema, il limite riuscendo a vanificarne l’essenza. Stargli dentro vuol dire ritrovare ciò che sembrava perduto di noi stessi ma che – proprio lui ce lo conferma – perduto non potrà mai essere fino all’ultima ora di nostra vita.Il romanzo Hotel de Dream, ben tradotto da Giorgio Testa, racconta due storie parallele: lungo il percorso narrativo portante, che vede calare il sipario sull’ultimo atto della vita di Stephen Crane – famoso scrittore americano trapiantato a Londra, malato di tisi e autore di uno dei libri più coraggiosi sulla guerra civile americana, Il segno rosso del coraggio – si snoda il romanzo di Elliot, «il ragazzo truccato» conosciuto dall’autore anni prima, la cui vita un po’ vera e un po’ inventata, sarà l’epilogo letterario di Crane. «Stevie» detta il libro a Cora, sua compagna, sensibile ex tenutaria di Hotel de Dream, un bordello di Jacksonville. Siamo nel 1900 e quando lui, anni prima, aveva provato a buttare giù un primo canovaccio dell’opera, amici ed editori gli avevano però sconsigliato di parlare di omosessualità. Ma davanti alla morte il coraggio si veste di rosso e Crane tingerà di rosso quel flebile respiro che lo separa dal nulla. Elliot è un ragazzino che fugge a New York e si lascia alle spalle la miseria e la violenza del padre. La grande metropoli lo stordisce di fascino, con il frastuono che vibra tra mura e porte, «membrane, in grado di impedire l’imminente esplosione di un caos allo stato larvale, e la sua continua e tragica metamorfosi in vita». Elliot si prostituisce, senza passione né pudore, con la straniata dolcezza di chi porge la guancia a un destino meno crudele di quello schivato. Vive in posti squallidi, tra persone che giocano con la vita barando con tutti ma mai con se stessi. Poi incontra Theodore, un uomo normale, con una vita decorosamente costellata da brandelli di solitudine, che s’innamorerà di lui fino a perdersi tra gli umori odorosi del suo corpo minuto, e affogherà l’amore dentro gli occhi del ragazzo truccato, malati di una criminale quanto innocente perdizione. La narrazione di White assale, possiede, incalza leggera e violenta e penetra l’impenetrabile. Come già in My lives (Playground, 2007) Hotel de Dream sa piangere ma anche ridere, facendoci osservare con lievità e buon gusto quel mondo letterario di americani emigrati nella vecchia Inghilterra che con ironico e bonario snobismo fanno il verso all’affettatezza di James e chiamano «cafone» Oscar Wilde.
Sono quelli che hanno «il timore costante di perdere l’autentica voce americana, di sembrare un inglese, o di non sembrare più nulla».

Effettua il login o registrati

Per poter completare l'azione devi essere un utente registrato.