Barbara Hammer

Barbara Hammer
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  • Data di nascita 15/05/1939
  • Luogo di nascita California/Los Angeles/USA

Barbara Hammer

La storia si scrive giorno per giorno, chi la scrive seleziona eventi, soggetti e sguardi. Lo sa bene Barbara Hammer che per salvaguardare le immagini perdute – o da non perdersi – della cultura gay-lesbica ci ha regalato non poche opere fondamentali ed è considerata una pioniera del cinema lesbico/femminista. Ha realizzato circa ottanta opere tra film e video e ha ricevuto il Frameline Award 2000 per aver dato un contributo significativo al cinema lesbico.
Barbara Hammer ha scelto il mezzo cinematografico come forma d’arte visiva per rendere visibile l’invisibile in tutti i suoi aspetti socio-politico-culturali – politicamente corretti e non corretti. Il suo lavoro dà voce e spazio alle realtà marginali, alle storie che non sono mai state raccontate e che si tentano o tendono a nascondere.
Il suo film forse più noto, Nitrate Kisses indaga sul come scrivere la storia, quali aspetti trattare, come trattarli, quali inquadrature scegliere, e soprattutto quali ambiti del vivere ai margini della cosiddetta “società” toccare: il cosmo gay, lesbico, le comunità nere, le donne anziane, ecc. E vuole incoraggiare lo spettatore/la spettatrice a salvaguardare il proprio vissuto, nelle forme più semplici di lettere e foto, libri, dischi, video amati, ma soprattutto delle proprie storie affinché nell’insieme vadano a comporre un mosaico altro: tutte quelle meravigliose storie ordinarie delle nostre vite ordinarie o straordinarie di persone ordinarie o straordinarie.
Il cinema di Barbara Hammer agisce su diversi piani di lettura e di visione, e impegna il pubblico sia a livello emotivo che a livello intellettuale, con lo scopo di spingerlo all’azione per provocare cambiamenti sociali in base al vivere e sentire individuale. Nitrate Kisses (Baci al nitrato) realizzato nel 1992 è un esempio di questo “altro” mosaico tessuto con estratti dal primo film gay girato negli Usa, “Lot in Sodom” di James Sibley Watson e Melville Webber nel 1933, con brani da film di finzione e documentari tedeschi degli anni trenta mescolati a immagini di vita contemporanea: una costruzione pluri-livellare che nella sua profondità di analisi storica spicca per scrittura poetica. La seconda parte di quella che l’autrice chiama “trilogia di storia lesbica femminista” s’intitola Tender Fictions (Finzioni tenere, 1995) e racchiude molti spunti autobiografici dal tono postmoderno e ironico, mentre la terza e ultima, History Lessons (Lezioni di storia, 2000), guarda altrettanto ironicamente le immagini storiche delle lesbiche prima di Stonewall giustapponendo materiali d’archivio, film militari e sexy, peep show e melodrammi lesbici vintage, e infine scene inventate dalla stessa autrice. Alla fine del film si sente un discorso di Eleanor Roosevelt, moglie del presidente del new deal americano, con alcune parole leggermente modificate dalla stessa Hammer che pone il tutto sotto un’altra luce…
Resisting Paradise riguarda la relazione tra arte e politica: fino a che punto l’arte può r/esistere in un periodo di crisi politica o durante la guerra? Seguendo gli esempi di Henri Matisse e Pierre Bonnard che avevano lasciato Parigi per recarsi nel sud della Francia durante il periodo di Vichy e l’occupazione nazista della Provence, Barbara Hammer porta alla luce l’attività resistente di chi invece aveva combattuto attivamente: le donne… Il film nasce da un progetto di ricerca che la regista aveva intenzione di fare sull’astrazione in pittura, e di conseguenza nel cinema, ma durante il soggiorno nel sud della Francia nella primavera del 1999 per fare le necessarie ricerche in loco, era esploso il conflitto nel Kosovo e erano cominciati i bombardamenti cosiddetti “umanitari” sulle città della ex Jugoslavia, e per lei, cineasta politicamente non corretta, “era diventato impossibile continuare a perseguire l’obiettivo della bellezza modernista, senza integrarvi ideologie o osservazioni critiche” – come affermò in occasione di una presentazione del film che porta la data 2003 – e racconta in perfetto stile forma/contenuto quel periodo terribile interagendo con le persone ma anche con le immagini scattate, con il suo sguardo sulla realtà deformato immediatamente da interventi pittorici, proprio come si erano deformate allora vite, persone, sguardi.
Nella sua opera più recente, presente alla Berlinale 2006 nella sezione Panorama: Love Other – The Story of Claude Cahun and Marcel Moore, Barbara Hammer continua il suo lavoro sulla scelte di “resistenza” fatte dagli artisti durante la guerra. Con questo film rende omaggio al creativo ed eroico lavoro di due artiste lesbiche dimenticate: Claude Cahun e Marcel Moore, che durante la II Guerra Mondiale nell’isola di Jersey agirono atti di “creativa” resistenza al nazismo.

Artefice di un cinema sperimentale e indipendente della comunità queer, attiva a New York, Barbara Hammer conosce le formule produttive alternative ma soprattutto creative, assolutamente necessarie oggi per chi si vuole addentrare nel mondo del cinema e non solo. E’ di grande interesse dunque incontrare colei che da oltre trent’anni forgia l’immaginario “altro” con corti e documentari, focalizzando sensualità, sessualità, potere e potenzialità femminili, non trascurando invenzioni formali e sperimentazione nel montaggio. “Riappropriandoci della storia visuale lesbica e gay, rifacendola per correggerne la cattiva rappresentazione nel passato, possiamo evitare una reiterazione delle memorie e identità collettive e far sì che ciò che un tempo era oppresso diventi l’occasione per un cambiamento epocale sul piano socio-politico” (Barbara Hammer).

(Elfi Reiter)

Barbara Hammer è presente in queste opere:

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