Cinema

Da Venezia, "Ricordi del mio corpo" ultimo film in gara per il Queer Lion 2018 - Annunciato il vincitore del Queer Lion 2018

Annunciato il vincitore del Queer Lion 2018

La giuria del Queer Lion 2018, composta da Brian Robinson (GB) BFI Flare: London LGBT Film Festival, British Film Institute; Rita Fabbri (Italia) Radio Ca’ Foscari, Università Ca’ Foscari; Jani Kuštrin (Slovenia) attivista LGBT

assegna Il Queer Lion Award 2018 a

“José” di Li Cheng

Motivazione:

Scritto in maniera sensibile, splendidamente interpretato, questo ritratto appassionato del viaggio di un giovane alla ricerca dell’appagamento emotivo, mostra la complessità di una relazione omosessuale sullo sfondo della dura vita nel Guatemala contemporaneo.

Altri premi ai film del concorso Queer Lion:

Leone d’Argento (Gran Premio della Giuria) a

“The Favourite” di Yorgos Lanthimos

Coppa Volti miglior interpretazione femminile:

Olivia Colman per “The Favourite”

Giornate degli Autori assegna il Director’s Award a

“C’est ça l’amour” di Claire Burger (Francia)

La giuria, presieduta da Jonas Carpignano, era composta da ventotto giovani europei, uno per ogni paese della comunità, partecipanti al progetto 28 Times Cinema.
Motivazione: Il film di Claire Burger è un racconto estremamente coinvolgente sulle situazioni difficili in cui ci pone la vita, sia che ci confrontiamo con la fine di un matrimonio, sia che ci venga spezzato il cuore per la prima volta. Abbiamo scelto questo film per la sua tenerezza e per la straordinaria padronanza tecnica che la regista dimostra nel tenere sotto controllo tutti gli elementi del film.

La 33ma Settimana Internazionale della Critica premia

“BETES BLONDES” (BLONDE ANIMALS) di Maxime Matray e Alexia Walther (Francia)

Premio assegnato da una giuria composta da soci del Circolo di Verona e destinato al film più innovativo della sezione.
Motivazione:
La testa di Orfeo, separata dal corpo, chiude gli occhi al mondo e li apre alla visione. Non cessa però la sua pena, il suo canto non si interrompe. Per averci invitato ad accogliere questo richiamo, a guardare al dolore del vivere con sorriso assonnato, a viaggiare con vorace smemoratezza ingozzandoci di fiori e quintali di tartine al salmone, in compagnia di giovani feriti e bellissimi alla ricerca di un sapore che pare perduto. Per aver insinuato che la memoria è lo scandaglio del nostro presente, ma scordare è un atto rivoluzionario quanto cercare risposte da una sitcom camp o consigli da gatti risentiti. Per averci immersi in un ciclo di letargie e risvegli che riscrive i tratti del reale e affoga l’immagine nel sogno. Per averci obbligato a resettare i nostri sensi e le nostre costruzioni, dimostrando che un cinema radicale e svergognato è sempre possibile, anzi necessario.


Prima di entrare in sala e dopo aver visto il film va ben considerato che si è di fronte a un lavoro di provenienza indonesiana, il più grande paese islamico del globo dove l’omosessualità oltre che condannata dalla religione è anche bandita per legge. Tanto di cappello, dunque, al regista Garin Nugroho che nel suo 18° film ha voluto portare sullo schermo una storia in cui si rispecchia l’autentica realtà sociale, dove i gay sono presenti e attivi con valenza di figure scaramantiche pubbliche ma ufficialmente non se ne deve far parola né tantomeno frequentarli in privato (similmente a quanto accadeva fino a qualche decennio fa ai femminelli napoletani). Per inciso è opportuno ricordare che risale a luglio la notizia della fustigazione pubblica di una coppia di omosessuali in Indonesia.

Proprio per alzare il velo su tanta ipocrisia e narrare situazioni e fatti autentici, la pellicola si configura nelle forme di un docufilm che narra la storia di un personaggio (ispirato alla biografia di un celebre corografo giavanese) calandola in specifiche realtà e situazioni antropologiche e sociali anche non direttamente correlate, e arricchendone gli argomenti personali con quei temi sociali, politici o pubblici che possono aiutare ad approfondire il quadro.
Sono tante le esperienze che compongono la vita di Juno, tutte con profonde tracce sulla sua sensibilità e nel suo corpo. Ragazzino curioso e indipendente viene ben presto abbandonato dal padre, ma se la cava cucinando verdure e insetti che trova nel bosco e vende come delikatessen ai passanti. Passa il suo tempo libero in un centro di danza Lengger (un tipo di ballo tradizionale in cui gli uomini trasformano il proprio aspetto e il proprio movimento da maschile in femminile). Più tardi sarà lo zio sarto a insegnargli il mestiere e grazie a filo, ago e macchina per cucire conoscerà il grande amore della sua vita, un pugile di kick boxing in procinto di sposare una ragazza giavanese. Come sarto di una scalcagnata compagnia di giro valente in danze folkloristiche avrà anche modo di viaggiare e conoscere ogni angolo del paese e di incontrare personaggi di tutte le risme, dai mafiosi locali ai politici in campagna elettorale che lo vogliono con sé per scopi erotici ma anche come figura portafortuna. Non c’è una conclusione definitiva alla sua storia, c’è piuttosto la sua lunga confessione che si chiude su un palcoscenico davanti a un pubblico teatrale in grado di apprezzare l’arte della sua danza e dei suoi spettacoli.

Vediamo soprattutto i tanti corpi, quelli citati anche nel titolo del film, talora anche nudi: di Juno, del pugile, del politico, della prima donna che gli insegna i rudimenti del sesso… corpi intatti, violentati, smembrati per sottrarne gli organi, malati o sani, truccati e camuffati nel genere sessuale. Ciascuno con un’identità differente e ciascuno in grado di lasciare una diversa traccia sugli altri. Garin Nugroho insiste davvero tanto su questo concetto dei ricordi che si incidono nella carne, nelle membra e nei movimenti; tutti i suoi personaggi ne argomentano, ne riferiscono, ne ragionano compiutamente, come se fosse un’ossessione non solo loro o dell’autore, ma un tema comune a un’intera collettività. Ogni volta che la superficie della pelle viene forata da uno spillo o da un ago (su un dito, sul petto o altrove) e ne esce sangue si può star certi che una qualche disgrazia è in arrivo. Non mancano immagini di folgorante espressività come il combattimento amoroso tra il pugile che boxa alla cieca col capo coperto dalla maglietta del protagonista mentre questi intanto gli danza intorno a passi di lengger, o le scene in cui le figure coreografiche vengono eseguite su un tatami di giallo granturco. E alla fine sorge spontanea – come sempre – la domanda se mai la pellicola arriverà nelle (questa volta non italiane) sale indonesiane mussulmane, con che esito? e che reazioni provocherà?

Sandro Avanzo

***

I titoli in gara per il Queer Lion 2018 nella pagella di Sandro Avanzo

Kucumbu tubuh indahku (Ricordi del mio corpo)

Tendenza : 5/5 (GGG)
VOTO:

“L’uomo che sorprese tutti”

di Natasha Merkulova e Aleksey Chupov

Tendenza: 5/5 (TTT)
Voto:  

“BÊTES BLONDES”

di Alexia Walther e Maxime Matray

Tendenza: 3/5 (GGG)
Voto:

Suspiria

di Luca Guadagnino

Tendenza: 1/5 (L)
Voto:  

The Other Side of the Wind

Tendenza:  2/5 (G)
Voto:  

La favorita

Tendenza: 5/5 (LLL)
Voto:  

Strano telo

Tendenza: 3/5 (GG)
Voto:  

Friedkin Uncut

Tendenza: 2/5 (G)
Voto:  

Doubles vies (Non-Fiction)

Tendenza: 1/5 (L)
Voto:  

C’est ça l’amour (Real Love)

Tendenza: 2/5 (L)
Voto:  

José

Tendenza: 5/5 (GGG)
Voto: 

 

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