Il regista Simone Bozzelli ci parla del suo lavoro e chiede aiuto per proseguire

Autore del corto “Mio fratello”, premiato al festival Young About di Bologna, si prepara a realizzare una storia di amore e Hiv

 

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Il giovane  regista Simone Bozzelli

 

È da poco partita la campagna di crowd-funding per finanziare il secondo cortometraggio di Simone Bozzelli, “Loris sta bene“, giovane regista abruzzese formatosi presso la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano.

Loris sta bene” racconta di un ragazzo ingenuo che volontariamente ricerca il contagio da HIV, mirando a consolidare il rapporto con Valerio, il suo fidanzato sieropositivo.
Vincitore del premio “Miglior cortometraggio” al Young About Film Festival di Bologna con il corto “Mio Fratello“, l’uscita del suo nuovo lavoro è prevista per il 2017.
Le tematiche
Una tematica che da sempre mi ispira è la dipendenza affettiva. Perché non racconta l’amore, racconta il bisogno d’amare. È una declinazione più complessa, più viva e – innegabilmente – più dark.
Risuona l’eco dell’istinto di sopravvivenza. Sopravvivenza affettiva, in questo caso. Una battaglia silenziosa per la felicità che spesso si finisce a combattere da soli.
Non c’è dipendenza senza negazione, senza rifiuto. Quando i sentimenti viaggiano a senso unico, quando il dialogo si svolge senza interlocutore, allora cominciano ad autoalimentarsi l’ansia d’abbandono, la gelosia e il desiderio di possesso.
Sono tutti moventi, questi. Moventi per fare cose che vanno al di là di quello che ci si aspetterebbe, per prendere decisioni affrettate e talvolta irrevocabili. È incredibile il potere che può esercitare su di noi la paura di rimanere soli. Le premesse di questa paura sono sempre nei piccoli gesti quotidiani, quasi invisibili.
È una linea di confine sfocata quella che separa amore, dipendenza affettiva, ingenuità e coraggio. E vale la pena di metterla a fuoco.

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Mio fratello” (primo cortometraggio)

“Mio Fratello” racconta di Umberto (Lorenzo Picco) e Stefano (Andrea Arcangeli), due fratelli che, traslocando, si trovano costretti a condividere per la prima volta la stessa stanza. Stefano (il fratello maggiore) ha l’età per lasciare casa ma deve badare ad Umberto (il fratello minore), affetto da un leggero disturbo cognitivo e di concentrazione. L’equilibrio è precario all’interno della loro convivenza forzata e presto si arriva al punto di rottura: basta una discussione su chi debba dormire sopra nel letto a castello per degenerare in un litigio. Stefano, provocato fino a perdere la calma, sbatte al muro Umberto.
Le quattro mura blu della loro stanza diventano così il teatro della ricerca di un’identità personale di Umberto, che inizierà un processo di emulazione del fratello. Processo, questo, che sfocerà pericolosamente con un’ossessione silenziosa.
Un amore, dunque, che si prova ma non si comunica, al limite lo si impone nei confronti di un soggetto inconsapevole. Imprigionati dentro la quotidianità dei due fratelli vediamo svolgersi il paradosso della dipendenza: un bisogno disperato dell’Altro che si concretizza in una narcisistica ripetizione di io, io, io.

 

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Loris sta bene” (secondo cortometraggio)

Una piccola famiglia, Loris e sua zia. Una piccola vita, sempre la stessa.
Loris – un ventenne estremamente ingenuo: è in casa da solo, aspetta un uomo che non ha mai visto. L’uomo, conosciuto in chat, è un sieropositivo disposto a trasmettergli la propria malattia.
Un gesto ai limiti del comprensibile se non fosse che – per Loris – il virus è un alleato alla ricerca del desiderato rapporto simbiotico con Valerio, il suo ragazzo sieropositivo.
Considerare la malattia come un collante per cementare una relazione è tipico di una sindrome che prende il nome di Sindrome di Samo. Ma questa è la storia di Loris: il rischio che si corre nel raccontare una sindrome sta proprio nella tendenza a raccontare la sindrome e non il personaggio che ne è affetto. La sfida è quella di evitare di scrivere un elenco di sintomi che parla e cammina, e invece raccontare una persona nella sua complessità, con le sue piccole incoerenze, i suoi bisogni, le sue manie.
È Loris il protagonista del cortometraggio, un ragazzo che con semplicità – e sempre un poco di meraviglia – vede il mondo che lo circonda, senza rendersi conto di quanto sia artificiale, finto, idealizzato. E compie un gesto assurdo per riscattare un amore insoddisfatto, forse perché troppo pretende, o forse perché troppo poco riceve.

(Testo a cura di Mattia De Marco)

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