E respirare normalmente

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E respirare normalmente

La prima cosa che notiamo guardando questo toccante film è come nella realtà, in questo caso di un Paese europeo, l’Islanda, le persone possano essere molto migliori delle leggi che le governano. Le leggi sarebbero quelle sull’immigrazione, leggi che non guardano in faccia a nessuno, incapaci di andare oltre i fatti, le contingenze, incapaci di vedere le persone che stanno dietro ai fatti, persone che fuggono da una disperazione per ritrovarsi spesso in un’altra disperazione. Ma queste persone, ci racconta il film, non sono solo quelle immigrate, possono essere anche dei nostri concittadini, magari solo più sfortunati di noi, come la protagonista del film, Lára (Kristín Thora Haraldsdóttir), rimasta da sola con un figlio da crescere, forse con un passato di droga, ora senza un soldo in banca, senza un lavoro e presto anche senza casa. Adja (Babetida Sadjo) è invece l’immigrata che sta cercando di raggiungere il Canada col figlioletto e la sorella. Il figlio e la sorella riescono a passare i severi controlli e ad imbarcarsi mentre Adja viene fermata perchè il suo passaporto risulta falsificato. Entrambe le due giovani donne sono lesbiche (segue spoiler), vediamo infatti Lara che si bacia con un’altra ragazza (che poi l’abbandona per un uomo) e veniamo a sapere che la fidanzata di Adja è stata pestata a morte poco prima della sua partenza dalla Guinea-Bissau. Vi abbiamo svelato questi particolari perchè rivelano solo degli antefatti alla vicenda raccontata ma nello stesso tempo ci permettono di capirla fino in fondo. Alla fine il film ci appare come una dolcissima e profonda storia d’amore tra due donne sole che s’incontrano casualmente nel momento più drammatico delle loro vite mentre stanno lottando per un futuro migliore. Incredibile pensare che il film, così ben costruito da sembrare quasi un poema, sia opera di un’esordiente, capace di farci entrare nell’intimo di queste due donne solo attraverso i loro sguardi, i loro volti, che non hanno nemmeno bisogno delle lacrime per farci capire una terribile sofferenza. Certo nel film abbiamo situazioni che facciamo fatica a credere possibili, spesso poco giustificate, difficlmente credibili. Ma la regista ci fa capire che più della credibilità esteriore le importa quella interiore, quella che può farci fare cose tanto assurde quanto fantastiche, le sole alla fine in grado di farci crescere. Dicevamo all’inizio che le persone sono migliori delle leggi, che alla fine sono le piccole cose di ogni giorno a contare. Così non dobbiamo stupirci se al supermercato qualcuno vuole darci i soldi che ci mancano per pagare la spesa, o se una commessa del supermercato ci offre più assaggi di pollo biologico, o se la direttrice della scuola non denuncia una madre per della droga che il figlio inavvertitamente si è messo nella cartella… prima delle leggi e della burocrazia ci sono le persone, l’umanità, la comprensione. Il film vuole regalarci questo splendido messaggio, dobbiamo sempre avere una mano tesa, dobbiamo aiutare prima che condannare.
Il film, una co-produzione islandese, svedese e belga distribuito nel 2019 da Netflix (in italiano coi sottotitoli, in questo caso la scelta migliore), ha vinto diversi premi come quello per la miglior regia al Sundance 2018 e miglior film al Festival Internazionale di Atene 2018.

synopsis

Two women’s lives will intersect while trapped in circumstances unforeseen. Between a struggling Icelandic mother and an asylum seeker from Guinea-Bissau, a delicate bond will form as both strategize to get their lives back on track.

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