The Dressmaker - Il diavolo è tornato

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The Dressmaker - Il diavolo è tornato

Vendetta e melò sono gli ingredienti di questo film presentato in anteprima al Torino Film Festival 2015, forte di un grande successo commerciale in patria, l’Australia, dove ha anche ottenuto ben 12 candidature agli ‘oscar’ australiani, gli Australian Academy of Cinema and Television Arts, (in gara con 6 candidature c’è anche il bel film gay “Holding the Man”). Il film, diretto dalla mediocre regista Jocelyn Moorhouse (Segreti, Gli anni dei ricordi) è tratto dal romanzo di successo, pieno di humor nero, della debuttante Rosalie Ham. Ambientato nell’ipotetico paesino di Dungatar dell’entroterra australiano, anni ’50, (quasi un western, la regista ha detto di aver preso esempio da Sergio Leone), dove emergono tutti i pregi (pochi) e i difetti (tanti) di una società matriarcale e bigotta, leggi malelingue, invidia e assortite cattiverie. Tra i pregi possiamo subito mettere uno sfarfalleggiante sceriffo, che questa volta, anzichè essere il solito macho, è un gay ben integrato che ci delizia con la sua passione per Dior, paillettes e lustrini. Interpretato da Hugo Weaving (Priscilla – La regina del deserto, Cloud Atlas), ci regala alcuni dei momenti più divertenti del film (vorrebbe indossare tutto il guardaroba della protagonista). Il pubblico gay apprezzerà anche Liam Hemsworth che ci mostra dei fantastici pettorali (ma in quanto a recitazione ha ben poco da vantare). La storia è quella di Tilly Dunnage (una sempre bravissima Kate Wisnlet) che dopo 25 anni torna al paese natio dal quale era fuggita dopo essere stata ingiustamente accusata di omicidio per la morte di un bambino, suo crudele compagno di giochi. In Europa è diventata una famosa stilista ed ora vorrebbe fare chiarezza (e vendetta) sui misteri del suo passato. Accolta con sospetto riesce in breve tempo a movimentare la vita imbalsamata del villaggio con le sue creazioni alla moda che ridanno vitalità e godimento al popolo femminile (ma non solo, come dicevamo). Nel frattempo indaga, riesce a far parlare l’acida e ironica madre (una splendida Judy Davis), oltre a trovare l’amore e la vendetta (dolce) che cercava… Pregevole il corollario di personaggi e subplot (forse troppi e distraenti), come Sarah Snook nel ruolo della piatta Gertrude Pratt che Tilly trasforma in una leggiadra figura; il meraviglioso Barry Otto, il chimico gobbo; Percival Almanac con Julia Blake, l’artritica moglie mangia biscotti; Alison White la perennemente nervosa madre del bambino morto, Marigold Pettyman; Shane Bourne nel ruolo del marito donnaiolo di Marigold; Sascha Horler nel ruolo di Una Pleasance, la disastrosa sarta alternativa; Gynton Grantley, il tardo fratello di Teddy che custodisce parte della chiave del mistero del passato di Telly. Il film viene distribuito in Italia da Eagle Picture dal 28 aprile 2016.

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Questo film al box office

Settimana Posizione Incassi week end Media per sala
dal 12/05/2016 al 15/05/2016 8 200.019 970
dal 05/05/2016 al 08/05/2016 2 407.751 1.108
dal 28/04/2016 al 01/05/2016 2 708.637 2.443

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IL FILM HA OTTENUTO 12 CANDIDATURE AGLI OSCAR AUSTRALIANI (AACTA) TRA CUI MIGLIOR FILM, REGISTA, PROTAGONISTA

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CRITICA:

Kate Winslet, è la protagonista di The Dressmaker dell’australiana Jocelyn Moorhouse, presentato fuori concorso al TFF e annunciato in Italia col titolo Il diavolo è tornato . Il film, ambientato nel 1951, si apre infatti col ritorno al paesino rurale della volitiva e provocante Tilly: perché se n’era dovuta andare quando era ancora una bambina mentre la madre (interpretata da Judy Davis) veniva ostracizzata dalla comunità lo si scoprirà cammin facendo. Nell’attesa il film, tratto da un romanzo di Rosalie Ham e sceneggiato dalla regista, restituisce con un’abbondante dose di acidità e divertimento (oltre a un cast in stato di grazia dove spicca Hugo Weaving nei panni di un poliziotto effeminato) il quadro di una comunità dove il fascino dei vestiti alla moda — Tilly ha imparato a fare la sarta a Parigi — diventa il grimaldello per mandare in frantumi una società matriarcale e bigotta. E restituire il ritratto di un Paese dove un falò sembra l’unica soluzione possibile per far piazza pulita di una cattiveria e di un pregiudizio che non vogliono finire mai. 
(P. Mereghetti, Corsera).

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