Questo documentario racconta quanto accaduto al Cairo, Egitto, sulla Queen Boat, battello adibito a night club gay dal quale l’11 Maggio 2001 la polizia prelevò 52 uomini.
Cinquanta di loro furono accusati di “corruzione abituale” e “condotta oscena” in base all’articolo 9c della legge n.10 del 1961 relativa alla lotta alla prostituzione. Altri due furono accusati di “vilipendio della religione” in base all’articolo 98f del codice penale. Tutti i cinquantadue accusati si dichiararono innocenti. “Dangerous Living” raccoglie le inedite testimonianze di alcuni di questi uomini. Inizia con Ashraf Zanati, torturato, umiliato, preso a bastonate e rinchiuso in prigione per 13 mesi. La sua colpa è quella di essere omosessuale. “La mia sessualità è semplicemente la mia sessualità, non deve interessare a nessuno. Non al mio governo, non a mio fratello, né a mia sorella e alla famiglia tutta.” L’insistenza con cui il ragazzo nomina i membri della sua famiglia, individuando un solo nemico estraneo alla dimensione domestica, il governo, fornisce la cifra con cui il documentario spiega la differenza culturale abissale tra le discriminazioni cui sono ancora sottoposte le persone omosessuali, bisessuali e transgender in Occidente e quelle individuali dei loro analoghi che vivono in una società fortemente islamica come quella egiziana. Si consideri che l’Egitto è considerata una delle più mature democrazie del Medio Oriente. La storia dei 52 uomini omosessuali prelevati da una festa su una barca al Cairo è quella principale, ma altrettanto sconvolgenti sono le testimonianza raccolte in altri paesi sulla via dello sviluppo, eppure ancora in preda ad agghiaccianti vuoti di cultura del diritto individuale. Dall’Honduras la storia di una donna che per aver partecipato al pride della sua città, s’è vista la sua famiglia aggredita in casa dalla polizia militare, che cercava lei per ‘stanare la lesbica che è in me’. Questo documentario fa luce sull’ignoranza omofobica che attanaglia le persone GLBT nel nido in cui nascono e crescono, così come anche nella società in cui vivono da cittadini adulti. (Giuliano Federico – Gay.tv)
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