• R. Mariella

Lo sconosciuto del lago

Lo sconosciuto del lago è un noir atipico, che parla di amore e morte e di amanti criminali sulla scia, se vogliamo, della tradizione dei maestri della cinematografia a tematica gay francese come Francois Ozon, Gael Morel e André Téchiné. Qui abbiamo un triangolo, che vede al centro Franck, un bellissimo ragazzo, generosamente esposto allo spettatore, come tutti gli altri personaggi del film. Franck è un frequentatore abituale di una spiaggia nudista ai bordi di un lago frequentata esclusivamente da uomini omosessuali. Franck è un ragazzo molto dolce e socievole, ma forse anche ingenuo e debole di carattere, tanto che lo vediamo fare sesso senza protezione e subire passivamente le avances sessuali di un molesto guardone. Un giorno per caso Franck conosce due uomini molto particolari. Uno è Henri, un uomo grasso e anziano, gay non ancora accettato, che ha da poco lasciato la sua donna e ora passa ogni giorno della sua vacanza seduto a guardare il lago, unico non completamente svestito. Henry si innamora in modo platonico di Franck, che però lo ricambia solo con un sentimento di amicizia e forse di amore filiale. Franck è invece attratto da Michel, un misterioso uomo con i baffi, bello come il dio Nettuno. Franck segue Michel nel boschetto, ma scopre che è già impegnato, questo non lo fa desistere dal desiderarlo e anzi la sua passione aumenta sempre più, anche dopo che Franck vede Michel annegare il suo compagno nel lago. Come dice il detto ‘l’amore è più forte della morte’.
Quello che rende questo film davvero particolare, oltre all’inconsueta presenza di scene di sesso esplicito, tra l’altro del tutto giustificate dal contesto, è la descrizione realistica e praticamente perfetta, di quanto avviene all’interno di una comunità di uomini omosessuali frequentatori di una spiaggia nudista. Come in uno di quei documentari scientificamente molto curati di National Geographic sulle colonie di leoni marini o di pinguini, che ci vengono mostrati intenti nelle loro quotidiane attività di routine, mentre prendono il sole, si accoppiano e difendono il loro territorio, cosi nel film vediamo la ‘colonia’ di uomini gay occupata nelle medesime attività. Ognuno, ogni giorno, parcheggia la macchina nella stessa posizione, mette l’asciugamano nello stesso posto, prende il sole nudo, guarda gli altri e va a cercare sesso o ad osservarlo, nel vicino boschetto. Questo ogni santo giorno d’estate, sempre uguale, con solo piccole variazioni tra un giorno e l’altro. Ogni uomo gay che abbia frequentato anche occasionalmente, uno di questi luoghi (come per i milanesi la spiaggia del Ticino vicino a Vigevano), con sorpresa riconoscerà nel film gli stessi paesaggi, gli stessi atteggiamenti, gli stessi tipi di personaggi e addirittura le stesse facce. Tutta questa precisione potrebbe anche infastidire un po’ lo spettatore gay che vede, diciamo, i suoi panni sporchi lavati davanti al grande pubblico. Infatti pur essendo il film una puntuale descrizione di una storia, che il regista ha voluto completamente priva di giudizi morali, è innegabile che vi emerga anche una morale, legata alle estreme conseguenze dell’agire non guidati dall’intelletto ma, come negli animali, dal desiderio e dalla passione o se si vuole, dalla paura di restare soli. Il pubblico eterosessuale, che speriamo riempirà i pochi coraggiosi cinema che avranno il coraggio di trasmettere il film, rimarrà scandalizzato dalle scene di sesso spinto (due scene realizzate con l’aiuto di controfigure, ad occhio un po’ meglio fornite dei protagonisti veri). Il pubblico eterosessuale più aperto invece, specie se femminile, ne trarrà, come ha argutamente suggerito Natalia Aspesi, degli utili insegnamenti sulla sessualità maschile.

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