Indivisibili

E’ vero, era il film del nostro Oscar. “Indivisibili” vola alto come solo i miracoli italiani sanno fare. E’ il nostro karma, rotolarci nel fango e trovarci gioielli, distruggere l’etica e ritrovare un’estetica, morire e risorgere.
E’ questa la storia di “Indivisibili”, cruda favola scritta da Nicola Guaglianone (poi coadiuvato nella sceneggiatura dal regista). “C’era una volta a Castel Volturno” una coppia di sirene imprigionate da un padre orco. Le sirene erano gemelle siamesi, avevano il dono del canto e la maledizione di un fianco in due. Ma all’età dei diciotto anni arriva un principe che si offre di dar loro i soldi per separarle. Ma è un principe cattivo…
L’occhio di Ferran Paredes Rubio, sotto la guida del regista Edoardo De Angelis, segue stretto ma non troppo il muoversi delle due pescioline (le magnifiche sorelle Angela e Marianna Fontana), carezzando di passaggio lo squallore della loro terra. Tutto sullo schermo diventa incantato: la spiaggia di monnezza, la baracca sul mare, le bucce di mela che il padre lascia sul tavolo di cucina (cosa c’è di più incantato di una mela?), le canne stanche della mamma ubriaca, le sue occhiaie color della notte. Le due sirene vogliono provare l’ebrezza della libertà, l’una dall’altra, ma dovranno combattere contro tutto ciò che le circonda – credenze, superstizioni, ignoranza, malaffare, cattiva religione – e anche contro se stesse e la loro bicefala volontà di combattere/desistere. La musica di Enzo Avitabile lancia un incantesimo dentro e fuori lo schermo.
Quando il cinema fa le magie, ecco spuntare un film così, “Indivisibili”. In sala non ci sarà nulla di meglio da vedere per un bel pezzo.

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