Televisione

IN QUEL DI SUBURRA: ANCHE I GAY SONO MALAVITOSI

La rivoluzione silenziosa della serie Netflix che fa rumore

Che cos’è Suburra?
Rispondere a questa domanda richiederebbe parecchio tempo e pensiero, date le molteplici visioni attraverso cui la serie può essere analizzata.
Dal punto di vista tecnico, potremmo sicuramente dire che si tratti di una piacevole conferma del made in Italy, una campanilistica rivendicazione a mo’ di “sappiamo fare le cose per bene anche noi” a confronto di tutti i prodotti americani spesso considerati superiori. La regia, le luci, le sceneggiature, infatti, sono quasi impeccabili.
Da quello sociale, si può azzardare a parlare di denuncia impegnata, a riprova di come questo genere sia spesso sotto il mirino dei più conservatori, o per meglio dire ingenui, atti a considerare il solo parlare di criminalità organizzata in prodotti di successo come un infangamento piuttosto che una rivalsa. Le verità scomode comunque non si possono nascondere sotto il tappeto, non più quantomeno, e prima o poi vengono fuori, soprattutto – come in questo caso – quelle sulla corruzione della Chiesa.
C’è ancora il lato narrativo, introspettivo, sensuale…  insomma, una caterva di riflessioni squisitamente professionali e non in cui preferisco non addentrarmi. Quello che più ci interessa, ciò che lascia davvero il segno, è l’aspetto della nostra realtà, quella LGBT. Ma che cosa c’entra il mondo LGBT in mezzo alla mafia, la corruzione e la delinquenza? C’entra tutto e niente. Ed è proprio questa forse la caratteristica più innovativa, se non addirittura rischiosa, di una serie come Suburra.

Andiamo dritti al sodo: Spadino, un malavitoso di origini zingare, è omosessuale. A causa della sua comunità omofoba, è costretto a sposare una donna che chiaramente non desidera e a negare i suoi impulsi, i quali, in questa prima stagione, sono sia di tipo sessuale (gli uomini intenti a prostituirsi al parco) sia amoroso (la cotta per Aureliano, il suo partner in crime). Ora, fin qua, ci si potrebbe chiedere: dove sta l’innovazione? Di personaggi LGBT la televisione e il cinema di oggi sono strapieni e storie sull’omofobia di certo non sono nuove, soltanto che adesso tutto è mescolato in salsa malavitosa. Ma la risposta è: non proprio.
Ciò che sorprende del personaggio di Spadino e di tutta la sua storyline è prettamente l’umanità con cui viene tracciato il suo percorso. Spadino è trattato a conti fatti da Spadino, non da gay. Non abbiamo alcun ricorso a stereotipi annosi, a sotterfugi narrativi che offuscano il personaggio, a sconti-buonisti da minoranza, a rappresentazioni offensive di nessuna sorta. Non c’è nulla di tutto questo perché, finalmente, la sessualità di un personaggio non diviene il suo marchio principale, piuttosto un fondamentale tassello della sua persona.

In un mondo fatto di machismo a go-go come quello dei malavitosi, suona ironico e sicuramente soddisfacente che sia proprio un personaggio gay ad essere il più uomo. Spadino, infatti, è quello che più di tutti gli altri realizza un percorso di maturazione e affermazione completo. Senza fare grossi spoiler, chi vedrà la serie potrà ben notare come alla fine lo Zingaro non solo rivendichi la propria natura crescendo come uomo, ma anche la propria astuzia, divenendo un vero e proprio boss nel suo mondo fatto di territori e illegalità. Da spacciatore indipendente e dubbioso, Spadino diverrà capo astuto e pericoloso, conformandosi alla realtà malata in cui vive pur non rinnegando la sua vera identità.
Di certo non possiamo trarre parabole positive da lui, così come non possiamo farlo con nessuno personaggio di Suburra: nessuno di loro, dal punto di vista umano, merita salvezza (a parte quelle rare eccezioni configurate nell’identità di vittime). Ciononostante, non possiamo fare a meno di empatizzare in svariate occasioni e, ancora una volta, probabilmente più di tutti gli altri: lo facciamo quando Spadino ha paura di essere chi è davvero per via della mentalità chiusa della sua comunità, quando le sue origini diventano una discriminante, quando entra in conflitto con la sua aberrante famiglia, quando si innamora del suo amico etero, quando soffre perché quest’ultimo gli ha spezzato il cuore e, forse, persino quando cerca divertimento nel parco. Ed è proprio nella suddetta empatia, nel suo lato più intimo, che capiamo quanto siano abili gli sceneggiatori di Suburra nel permetterci di familiarizzare con una figura da cui normalmente rifugeremmo con disgusto, quella del malavitoso.
Tutto il percorso sopracitato non tradisce lo spirito della serie: esso avviene in toni bruti, talvolta violenti, coerentemente con gli ambienti loschi della malavita. E, soprattutto, lo fa in primo piano: Spadino è uno dei tre protagonisti maschili della serie.

Fino a qualche tempo fa, sembrava che i personaggi LGBT fossero relegati a sole due categorie ristrette: o i film drammatici o le macchiette da commedia romantica, e in entrambe le varianti spesso pareva impossibile raggiungere per davvero il cuore del pubblico. Nel primo caso, ci si rivolgeva esclusivamente a una ristretta cerchia, in cui i canoni ricercati erano il melodramma forzato e la raffinatezza artistica, talvolta fine a sé stessa; nel secondo, il pubblico era prettamente femminile e eterosessuale e alla fine si creavano più stereotipi che altro. Adesso no. Adesso abbiamo un mafioso gay intelligente e incasinato quanto quello etero, felice e triste quanto quello etero e, secondo le limitanti logiche di genere di questi mondi, maschio come la controparte eterosessuale.
Se qualcuno ci legge oltreoceano, forse non riuscirà ad apprezzare a pieno la piccola rivoluzione di Netflix che fa rumore. Al di là del paese italico, almeno per la maggior parte del globo, non fa più nessun clamore un personaggio come Spadino. Ma per noi italici, invece, che viviamo ancora adesso nel 2017 la liberazione sessuale del mondo LGBT (e direi che forse ora siamo proprio nel pieno di quest’ultima) tutto questo conta. Conta perché ci fa bene avere tante storie per noi, conta perché l’arte è e resta il mezzo didattico più educativo della nostra generazione, conta per tutta la stragrande maggioranza di pubblico maschile ed eterosessuale a cui si rivolge questo prodotto.
Ecco perché la rivoluzione di Suburra è silenziosa ma anche rumorosa: da una parte, tanti non noteranno nemmeno i prodigi di Spadino, dall’altra è lo stesso Spadino a gridare: sono qui, sono vivo, che ti vada bene o no, adesso non sono più invisibile, adesso sono io.

Tutti gli episodi della prima stagione di Suburra sono disponibili sulla piattaforma Netflix di ogni parte del mondo.

(Pio Antonio Romano)

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