AL TORINO FILM FESTIVAL IL FILM SUL PRIMO MATRIMONIO GAY IN BIRMANIA (UNA SFIDA)

In un piccolo paese di 600 anime la forte comunita LGBT sfida le istituzioni e spera in un futuro di diritti per tutti

“Irrawady Mon Amour” è un film in concorso al Torino Film Festival (20-28 novenbre 2015) nella sezione doc (proiezione il 25 e 26 novembre sala Lux) che racconta la vicenda di Soe Ko e Saing Ko, due ragazzi gay che vivono in un piccolo paese della Birmania, e che, sostenuti dalla forte comunità locale LGBT (bravissimo l’attivista Myo Nyunt) decidono di sposarsi. Questa sarebbe la prima unione gay in Birmania, un Paese dove la libertà di amare è ancora un sogno. Tre registi italiani, Valeria Testagrossa, Andrea Zambelli e Nicola Grignani, già autori, insieme, di “Striplife” lungometraggio girato nella striscia di Gaza, dedicano questo loro film alla comunità gay di quel Paese che dopo le recenti elezioni legislative, le prime libere dal 1990, sperano in un futuro migliore anche per i loro diritti.
“Abbiamo voluto raccontare una delle prime unioni gay in Birmania e la coraggiosa scelta dei suoi protagonisti di affermare il diritto di amare, sfidando paure e rischi, in un paese in cui la libertà è stata finora una chimera, spiega Nicola Grignani. L’idea è nata da un viaggio di Valeria Testagrossa nel 2009, quando per caso, dopo essere salita su un camion che trasportava sacchi di riso, si è ritrovata in questo posto sperduto nel cuore della Birmania, un villaggio contadino che vive sull’Irrawaddy, il fiume navigabile da cui prende il nome il documentario. In mezzo a non più di 600 abitanti abita una comunità molto forte di gay, lesbiche e trans, pronti a rivendicare i loro diritti. Una cosa straordinaria, anche pensando al fatto che in quel paese non vedevano uno straniero da vent’anni. Nel 2014, con Valeria e Andrea siamo tornati lì e tra 2014 e 2015 abbiamo fatto le riprese. Volevamo raccontare questa storia con uno stile poetico e a tratti sospeso, convinti si trattasse dello stile più appropriato per raccontare la delicatezza di questo amore. Usiamo la camera a mano per seguire i protagonisti, perché crediamo sia la modalità migliore per cogliere la repressione che aleggia e che si insinua nelle menti delle persone, pur rimanendo invisibile: una minaccia quasi impalpabile, ma non per questo meno angosciosa. Adesso ci prepariamo per le due anteprime [Amsterdam, uno dei più importanti festival internazionali per il genere docu, e Torino Film Festival], non ci aspettavamo un successo così immediato quindi siamo, felici, ma di corsa”

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