"PRIDE", SUI NOSTRI SCHERMI DA GIOVEDI 11 DIC, VINCE COME MIGLIOR FILM AGLI OSCAR DEL CINEMA INDIPENDENTE BRITANNICO

Guadagnando anche il premio per il miglior attore e attrice non protagonisti. La rivista Variety premia Benedict Cumberbatch per il film “The Imitation Game”

Tutti i premiati e nominati a questa pagina

Era una battaglia durissima quella tra due film gay presenti nella cinquina dei candidati come miglior film al British Independent Film Awards. “Pride” e “The Imitation Game”, entrambi bellissimi e destinati a piacere ad un vasto pubblico perché capaci di coinvolgere sia con la storia che raccontano (entrambe vere) che con ottime interpretazioni. A questi Oscar del cinema indipendente britannico, creati nel 1998 per ‘onorare i nuovi talenti e promuovere la conoscenza dei film britannici presso un pubblico più ampio’, vince “Pride” con tre prestigiosi premi, miglior film, miglior attore ed attrice non protagonisti (Andrew Scott e Imelda Stauton), mentre “The Imitation Game” deve accontentarsi del premio “Variety Award”, assegnato dalla rivista Variety all’eccezionale protagonista Benedict Cumberbatch con la motivazione che “ha portato l’attenzione internazionale su un fondamentale evento del Regno Unito”. Cumberbatch ha ricevuto il premio ha dichiarato: “Questo premio mi spronerà a lavorare ancora più intensamente, per dimostrare che l’ho meritato, cosa che per me non sarà difficile, in quanto amo il mio lavoro”

Ricevendo il premio come miglior film, il regista di “Pride”, Matthew Warchus, ha detto: “Stiamo ricevendo ottime notizie da ogni parte del Paese dove il pubblico regala standing ovation ad ogni proiezione del film, una cosa che non ho mai visto prima nei nostri cinema. E’ una cosa straordinaria e giusta, un tributo al film e alla storia vera che racconta”. Lo sceneggiatore del film, Stephen Beresford, ha aggiunto che “Lesbiche e gay che supportano i minatori e la comunità mineraria del Galles del sud che si trova faccia a faccia contro il governo Thatcher nel 1984, hanno, inconsapevolmente, aperto la strada per la conquista dei diritti civili di cui oggi la comunità LGBT gode, come l’età del consenso ed il matrimonio uguali per tutti. Il film lancia un semplice ed avvincente messaggio: l’unità. La gente mi chiede sempre se la storia che racconto sia realmente vera. Io ci ho messo 20 anni per convincere tutti che questa storia, tutta vera, di attivisti gay e lesbiche vegetariane avrebbe colpito nel segno”

Ricordiamo che “Pride”, vedibile in Italia dall’11 dicembre, aveva già vinto la Queer Palm al Festival di Cannes 2014 e che ai British Independent Film Awards concorreva con 7 candidature:

Miglior film indipendente britannico – VINTO
Miglior attrice non protagonista – Imelda Staunton – VINTO
Miglior attore non protagonista – Andrew Scott – VINTO
Miglior regia – Matthew Warchus
Miglior sceneggiatura – Stephen Baresford
Miglior attore non protagonista – Ben Schnetzer
Miglior nuova promessa – Ben Schnetzer

“The Imitation Game”, vedibile in Italia dal 1 gennaio 2015, concorreva con 4 candidature:

Miglior film indipendente britannico
Miglior attrice – Keira Knightley
Miglior attore – Benedict Cumberbatch
Miglior sceneggiatura – Graham Moore

Questa la storia (iniziale) raccontata da “Pride”:

In occasione del Pride di Londra del 1984 Mark Ashton, giovane attivista gay, ha l’idea di raccogliere fondi per sostenere la lotta e il lungo sciopero dei minatori vessati dalle scelte politiche della premier Margaret Tatcher. Mark nota infatti come i gay e le lesbiche siano vittime dello stesso sistema e punta a costruire un legame di solidarietà con i lavoratori in lotta. Preso dall’entusiasmo propone la sua idea nel corso di una riunione e, nonostante i molti scetticismi, ottiene il supporto di alcuni compagni per la creazione del gruppo “Lesbians and Gays Support the Miners” (LGSM) il cui scopo è quello di raccogliere donazioni nella comunità gay e lesbica londinese in sostegno dei minatori. Il gruppo si confronta subito con la difficoltà di trovare credito tra i sindacati dei minatori, che non sembrano gradire il loro aiuto e respingono ogni tentativo di contatto. Decidono quindi di contattare e raggiungere direttamente i lavoratori di un paesino minerario del Sud del Galles, Delais, recandovisi personalmente. È l’idea vincente. La conoscenza diretta, l’entusiasmo dei giovani attivisti gay e lesbiche e la consistenza delle donazioni che riescono a raccogliere sciolgono pian piano i pregiudizi di una piccola comunità chiusa e machista e spianano la strada a una stabile solidarietà. Le cose però si complicano quando una delle componenti del comitato dei minatori di Delais, che non ha mai accettato la presenza delle lesbiche e dei gay, informa di nascosto la stampa, che si scatena in articoli spregiativi sui “pervertiti” che mantengono i minatori, gettando dubbi in tutta la comunità fino alla decisione di rimettere ai voti l’accettazione degli aiuti di LGSM …

Riportiamo l’articolo di Daniela Catelli, apparso su Comingsoon.it, in occasione della conferenza stampa romana di lancio del film:

E’ davvero una storia incredibile quella raccontata in Pride, tanto da sembrare una favola o il sogno di una persona molto ottimista. Eppure è davvero accaduta in uno dei periodi più bui della storia britannica, nel pieno del regno della Lady di ferro Margaret Thatcher, quando i minatori intrapresero lo sciopero più lungo della loro storia e ricevettero un inatteso e generoso sostegno da un gruppo gay, autonominatosi GLSTM, ovvero Gay and Lesbians Support The Miners. Era il 1984 e il film racconta la storia vera della solidarietà e dell’amicizia formatasi tra i gay londinesi e i minatori di un villaggio gallese.

A presentare questa storia bellissima, commovente e molto divertente, diretta dal noto regista teatrale inglese Matthew Warchus, che arriverà al cinema l’11 dicembre grazie alla Teodora Film di Vieri Razzini e Cesare Petrillo, sono arrivati a Roma lo sceneggiatore Stephen Beresford e due dei molti protagonisti, Andrew Scott (visto in The Stag e ovviamente splendido Moriarty nello Sherlock tv) e George Mackay. Queste alcune delle loro dichiarazioni in conferenza stampa.

Com’è nato il film:

SB: Mi hanno raccontato la storia 20 anni fa e noi sceneggiatori quando sentiamo qualcosa di buono e di nuovo siamo come gli squali quando annusano il sangue. Ho pensato che nessuno ci avrebbe creduto perché a pensarci mi sembra incredibile ancora oggi. Sapevo già che il film avrebbe avuto il finale che ha e sapevo da dove partire, ma immaginavo che avrei dovuto inventarmi qualcosa per rimpolpare la storia, invece quando ho iniziato a incontrare i protagonisti e a parlare con loro ho capito che non ce n’era bisogno. La ricerca non è stata semplice perché all’epoca non c’era internet e non è stato facile rintracciare queste persone ma mi è bastato trovarne una che questa mi ha presentato gli altri, perché dopo 30 anni erano ancora in contatto, sono diventati anche amici miei e scrivere è stato davvero un grandissimo piacere.

A.S: una delle tante cose che ricordo di Pride è successa ancora prima delle riprese. Nel film ci sono 75 parti parlate e molti di noi attori si sono seduti attorno a un tavolo per fare una lettura del copione. Il regista, Matthew Warchus, ha messo delle musiche degli anni ’80 creando un’atmosfera quasi teatrale. E’ stato molto commovente perché c’erano persone giovanissime alla loro prima esperienza e attori inglesi molto famosi. E abbiamo letto questa incredibile sceneggiatura e alla fine della lettura eravamo tutti senza parole. E’ stata la prima volta che mi sono reso conto che era davvero un film per tutti, tutti sono stati molto colpiti dal film indipendentemente dal sesso, dalle preferenze sessuali, dall’età e dalla provenienza. In quel momento ho capito che il messaggio principale del film era che sono molte di più le cose che ci accomunano di quelle che ci dividono.

G.McK: Credo che una delle emozioni più grandi per un attore sia restare sorpreso e trasportato da qualcosa e anche se l’avevo già letto in sceneggiatura e in un certo senso sapevo come sarebbe stato, quando le donne hanno cominciato a cantare “Bread and Roses”, “Vogliamo il pane e anche le rose”, mi sono sentito davvero molto orgoglioso di essere in quella stanza, mi ha emozionato moltissimo.

Trovare i finanziamenti:

S.B. Pride è la mia prima sceneggiatura perciò non ho molta esperienza in merito, ma una cosa che ho capito è che indipendentemente da quanti soldi hai, non ce ne sono mai abbastanza per fare un film. Ci sono voluti 20 anni per riuscire a realizzarlo, quando lo presentavo a qualcuno tutti dicevano che era una storia bellissima ma che non si sentivano di realizzarla. Penso che per il film sia proprio il momento giusto, in passato i finanziatori avevano paura che interessasse solo ad alcune categorie, ai gay o ai minatori, o ai gallesi, non capivano l’universalità di questa storia che parla di umanità,. Non di una politica e di una zona precisa. Quando è arrivata la Pathé e abbiamo trovato il regista i soldi sono arrivati, non abbastanza, ma almeno sono arrivati.

La solidarietà ieri e oggi:

S.B.:E’ vero che quando devi combattere contro qualcosa di molto forte, questo fa nascere spesso una cultura eccitante e una cosa che trovo molto interessante è che in Inghilterra e forse nel resto d’Europa oggi la classe politica si è ridotta e non sappiamo più identificare chi sono le persone che controllano la nostra vita, che sono i grandi poteri economici, le banche. Quanto alle politiche contro l’immigrazione, non avrei potuto scrivere questo film sulla solidarietà se non fossi a favore. Sono un internazionalista e penso che siamo tutti cittadini del mondo e ognuno dovrebbe potersi muovere liberamente.

I personaggi di Gethig (Scott) e di Joe (McKay) e le loro difficoltà con le famiglie:

G.McK: Io sono molto fortunato perché ho una famiglia molto aperta, per me è stato importante cercare di capire quel periodo storico, visto che, pur conoscendone la storia, sono nato dopo, per cui si è trattato di capire quanto avrebbe fatto paura allora l’idea di rivelarsi ai propri genitori e le conseguenze sociali di quella decisione ed è stato molto importante immaginare quanto parlarne sarebbe stato terrorizzante per un ragazzo. Per il resto ci sono cose in cui mi sono potuto rispecchiare, in certe insicurezze che ha Joe e nel modo in cui trova nel gruppo qualcosa che gli permette di aprirsi completamente e scegliere da che parte stare. La riconciliazione di Gethig con la madre per me è un segno di speranza perché l’ultima cosa che dico alla mia nel film è che spero che un giorno torneremo a essere amici.

A.S:. Anch’io come George ho una famiglia molto affettuosa, ma sono irlandese e vivo a Londra, perciò riesco a capire come l’idea di sentirsi isolati ed estraneati dalla propria famiglia e dal proprio paese sia terribile per chiunque. Credo che Gethig soffra quasi di più per la perdita della sua identità nazionale nel film, è come se si vergognasse di essere gallese. Per quanto riguarda i genitori, è’ molto importante ricordare che all”epoca i gay venivano definiti dai giornali la feccia della società e i genitori spesso erano preoccupati per i loro figli e per quello che avrebbero dovuto affrontare. Questo lo capisco. MI ha colpito anche che 15 anni dopo la storia di Gethig, Joe ne viva una analoga e so che queste cose continuano ad accadere ancora oggi. Finché la gente non accetterà e abbraccerà queste differenze non ci sarà un vero progresso.

Le reazioni del pubblico inglese:

S.B.: La reazione in Inghilterra è stata incredibile perché molto emotiva e voi sapete che gli inglesi hanno problemi coi sentimenti, ne hanno al massimo 4 o 5, perciò non è comune per noi che al cinema la gente applauda alla fine del film. E mi hanno detto che questo è successo ovunque. La proiezione più emozionante è stata quella che ha riunito nella stessa sala i veri esponenti di quelle due comunità dopo 30 anni, c’era un’atmosfera molto commossa già prima e alla fine è stato incredibile. E si sono comportati tutti come fanno nel film: Dai Donovan si è alzato e ha fatto un discorso, Sian James ha parlato, gli altri si sono tenuti per mano e hanno pianto. Il giorno dopo siamo partiti per Cannes con tanta gioia nel cuore.

Il contributo (misconosciuto) dell’Italia alla lotta dei minatori gallesi:

S.B.: Vi racconto una storia che non sono riuscito a inserire nel film ma che voi potete far conoscere. A un certo punto due membri del gruppo, tra cui Gethig, vennero in tour in Italia, dove nelle varie città presentarono la causa dei minatori. Molti in Italia contribuirono, soprattutto per il Galles, i due vennero ricoperti di doni e tornaroono a casa con enormi donazioni di cibo, soprattutto pasta. Ora, i minatori avevano fame ma non conoscevano la pasta, per cui fu indetta una riunione dove ognuno espresse la sua opinione in merito. Ci fu chi pensò che fossero delle specie di barrette e provò, con immaginabili risultati, a mangiarla cruda. Nei pacchi c’erano anche delle lattine di olio d’oliva che sull’etichetta avevano il disegno di una ragazza sotto un albero con della frutta, per cui pensarono che fosse una bibita, un’aranciata. Ma quando la versarono si resero conto che era olio, così decisero che era questo il modo di cucinare la pasta: buttarono l’olio in una padella con gli spaghetti crudi e li frissero! Oggi si può mangiare ottima cucina italiana in tutto il mondo, ma a quei tempi era davvero una novità.

Visualizza contenuti correlati


Condividi

Effettua il login o registrati

Per poter completare l'azione devi essere un utente registrato.