Alain Guiraudie parla di "Lo sconosciuto del lago", splendido film, già diventato un cult gay, da domani nelle sale italiane

Recensione e resoconto dell’anteprima nazionale alla presenza del regista


Il regista Alain Guiraudie al cinema Mexico di Milano

In un cinema Mexico insolitamente pieno, come lo abbiamo visto solo nelle repliche con animazione dal vivo di The Rocky Picture Show, abbiamo assistito all’attesa anteprima italiana di Lo sconosciuto del lago, di Alain Guiraudie, film scandalo, trionfatore nella sezione Un Certain Regard del festival di Cannes di quest’anno.
Lo sconosciuto del lago è un noir atipico, che parla di amore e morte e di amanti criminali sulla scia, se vogliamo, della tradizione dei maestri della cinematografia a tematica gay francese come Francois Ozon, Gael Morel e André Téchiné. Qui abbiamo un triangolo, che vede al centro Franck, un bellissimo ragazzo, generosamente esposto allo spettatore, come tutti gli altri personaggi del film. Franck è un frequentatore abituale di una spiaggia nudista ai bordi di un lago frequentata esclusivamente da uomini omosessuali. Franck è un ragazzo molto dolce e socievole, ma forse anche ingenuo e debole di carattere, tanto che lo vediamo fare sesso senza protezione e subire passivamente le avances sessuali di un molesto guardone. Un giorno per caso Franck conosce due uomini molto particolari. Uno è Henri, un uomo grasso e anziano, gay non ancora accettato, che ha da poco lasciato la sua donna e ora passa ogni giorno della sua vacanza seduto a guardare il lago, unico non completamente svestito. Henry si innamora in modo platonico di Franck, che però lo ricambia solo con un sentimento di amicizia e forse di amore filiale. Franck è invece attratto da Michel, un misterioso uomo con i baffi, bello come il dio Nettuno. Franck segue Michel nel boschetto, ma scopre che è già impegnato, questo non lo fa desistere dal desiderarlo e anzi la sua passione aumenta sempre più, anche dopo che Franck vede Michel annegare il suo compagno nel lago. Come dice il detto ‘l’amore è più forte della morte’.
Quello che rende questo film davvero particolare, oltre all’inconsueta presenza di scene di sesso esplicito, tra l’altro del tutto giustificate dal contesto, è la descrizione realistica e praticamente perfetta, di quanto avviene all’interno di una comunità di uomini omosessuali frequentatori di una spiaggia nudista. Come in uno di quei documentari scientificamente molto curati di National Geographic sulle colonie di leoni marini o di pinguini, che ci vengono mostrati intenti nelle loro quotidiane attività di routine, mentre prendono il sole, si accoppiano e difendono il loro territorio, cosi nel film vediamo la ‘colonia’ di uomini gay occupata nelle medesime attività. Ognuno, ogni giorno, parcheggia la macchina nella stessa posizione, mette l’asciugamano nello stesso posto, prende il sole nudo, guarda gli altri e va a cercare sesso o ad osservarlo, nel vicino boschetto. Questo ogni santo giorno d’estate, sempre uguale, con solo piccole variazioni tra un giorno e l’altro. Ogni uomo gay che abbia frequentato anche occasionalmente, uno di questi luoghi (come per i milanesi la spiaggia del Ticino vicino a Vigevano), con sorpresa riconoscerà nel film gli stessi paesaggi, gli stessi atteggiamenti, gli stessi tipi di personaggi e addirittura le stesse facce. Tutta questa precisione potrebbe anche infastidire un po’ lo spettatore gay che vede, diciamo, i suoi panni sporchi lavati davanti al grande pubblico. Infatti pur essendo il film una puntuale descrizione di una storia, che il regista ha voluto completamente priva di giudizi morali, è innegabile che vi emerga anche una morale, legata alle estreme conseguenze dell’agire non guidati dall’intelletto ma, come negli animali, dal desiderio e dalla passione o se si vuole, dalla paura di restare soli. Il pubblico eterosessuale, che speriamo riempirà i pochi coraggiosi cinema che avranno il coraggio di trasmettere il film, rimarrà scandalizzato dalle scene di sesso spinto (due scene realizzate con l’aiuto di controfigure, ad occhio un po’ meglio fornite dei protagonisti veri). Il pubblico eterosessuale più aperto invece, specie se femminile, ne trarrà, come ha argutamente suggerito Natalia Aspesi, degli utili insegnamenti sulla sessualità maschile.


Cesare Petrillo, Erica Arosio e Alain Guiraudie al cinema Mexico di Milano

Lo sconosciuto del lago, di Alain Guiraudie. Anteprima nazionale al cinema Mexico di Milano 23-09-2013

Presenti con il regista Alain Guiraudie:
Erica Arosio, giornalista scrittrice e critico cinematografico
Cesare Petrillo per Teodora Film

Erica Arosio: Buona sera a tutti, questa sera vedrete un film speciale. Io l’ho visto a Cannes – Un certain Regard. E’ stata un’esperienza molto intensa e lo sarà sicuramente anche per voi, perché è un film profondamente necessario e molto sincero. Si possono fare due osservazioni, una dal punto di vista strettamente cinematografico, che è quella facile, perché è un film molto bello, girato benissimo, belle inquadrature, c’è l’unità di luogo perché si svolge tutto sui bordi di questo lago, i personaggi sono caratterizzati bene, gli attori recitano bene, le riprese sono perfette e c’è grande maestria cinematografica. E questo è il discorso facile. Quello più complicato, e qui io i ringrazio Teodora Distribuzione, che ha avuto il coraggio di comprare il film e di distribuirlo assolutamente senza tagli, è invece il discorso sulla necessità di un film cosi, perché è un film che racconta il desiderio, l’amore, e quanto l’amore può essere contiguo anche ad un sentimento autodistruttivo, che è morte e che è anche tante altre cose, anche se poi la simbologia del film sceglie proprio il thanatos greco. Ha dei momenti, secondo me, che riportano agli istinti più profondi, che abbiamo tutti noi che siamo omosessuali, eterosessuali o che cos’altro non ha nessuna importanza, perché in fondo siamo tutti delle persone, sono cose che molti conosciamo, che abbiamo provato, da cui siamo scappati, o piuttosto ci siamo tuffati. Ecco tutte queste cose il regista le racconta in modo limpido e profondamente onesto, scarnificandosi anche, mettendosi in gioco. Si racconta tutto; se uno racconta una storia di questo tipo, sull’attrazione e il desiderio, deve raccontare anche i corpi e i corpi sono anche corpi che si uniscono e si uniscono nel film sotto un cielo che sa di riti anche pagani e dionisiaci. Esperienza intensa e forte, grazie a Teodora e grazie al regista.

Q & A dopo la proiezione.

Erica Arosio: Era necessario mostrare in maniera cosi esplicita gli incontri dei corpi ?

Alain Guiraudie: per me era importante farlo, è un po’ l’ultimo tabù del cinema, si è sempre mostrato tanto prima e dopo l’amore, qui ora si mostra qualcosa di quel che succede durante. Volevo parlare dell’amore/passione e raccontare che cosa significa quando qualcuno ti entra sotto-pelle. Questo passa attraverso il sesso. E il sesso in fondo non è altro che degli organi che si incontrano, il sesso fa parte della vita e è giusto parlarne. Perché lasciare il racconto del sesso solo nell’ambito della pornografia e non raccontarlo nel cinema tradizionale ? Perché mai il sesso carnale deve essere qualcosa di sporco e soltanto la passione romantica deve essere poesia ? Io volevo fare in modo che il sesso uscisse dall’ambito della pornografia e unendosi alla passione e alla dolcezza diventasse anche poetico. Ecco perché era necessario.

Erica Arosio: Però gli attori non hanno accettato le scene più estreme e quindi il regista ha dovuto fare ricorso a delle controfigure…

Alain Guiraudie: Ci sono soltanto due inquadrature dove il sesso non è simulato, fatte da delle controfigure, tutto il resto, i baci e le scene amorose, sono stati fatti dai protagonisti del film, ma sono simulati. Però ovviamente anche se non ci sono rapporti sessuali completi tra di loro, è ovvio che gli attori hanno avuto una contiguità sessuale ed emotiva.

Erica Arosio: Il film racconta l’amore, la passione e il desiderio e cioè quella cosa che non si ferma di fronte a niente, neppure davanti al pericolo…

Alain Guiraudie: Si, il senso del film è chiedersi sino a dove si può arrivare per soddisfare il proprio desiderio. Sono andato a scavare questo tema del desiderio, l’erotismo e la paura. E’ importante precisare che non è che ci sia alla base della storia una tensione masochista da parte del protagonista Franck, che come scopre che l’altro è un assassino, si innamora di lui. Ma a monte c’è il desiderio del protagonista per quest’uomo, che non si ferma nemmeno quando scopre che si tratta di un assassino.

Eleonora Dall’Ovo di Radio Popolare: A me ha colpito l’ultima scena, quando il protagonista si ritrova da solo nel bosco, cercando il suo compagno, che non è un compagno (ma un assassino). Più che il sesso, il tema mi sembra essere la solitudine, tante persone che usano il sesso per combattere la solitudine.

Alain Guiraudie: Questo non è il finale che avevo previsto all’inizio, ma è stato importante finire il film in questo modo, su Franck di fronte non tanto alla sua solitudine, ma al vuoto per l’assenza dell’altro. E’ un film sulla solitudine e il senso di questa spiaggia è quello di essere soli tutti assieme. L’angoscia più grande non è tanto la morte, ma l’assenza dell’altro.

Eleonora Dall’Ovo di Radio Popolare: Si parla nel film di tanti temi, l’omofobia introiettata, il simbolismo del passare sull’altra sponda, l’assenza dell’uso del profilattico che ci ha colpito parecchio, la morte che aleggia in continuazione. Mi è sembrato un film rivolto si ad un pubblico omosessuale, ma anche un po’ educativo per il pubblico eterosessuale, visto che c’era l’ispettore che non capiva e faceva continue domande su quello che gli omosessuali facevano su quella spiaggia. A quale pubblico è rivolto il film ?

Alain Guiraudie: Non ho pensato ad un tipo di pubblico in particolare, né a un pubblico gay, né giovane o vecchio, né composto da uomini o donne. Non si pensa ad un pubblico particolare quando si gira un film. Il pubblico non è una massa informe, ogni persona è diversa dall’altra. Ci sono delle volte in cui io guardo il mio film immedesimandomi nello spettatore e mi pongo delle domande. Non sto a pormi dei problemi sul mio pubblico, io racconto una storia e basta, cosi com’è, di questa popolazione omosessuale, gente qualsiasi, che si ritrova su questa spiaggia per avere degli incontri. Una situazione che conosco molto bene, evidente per me, ma sono anche consapevole che quelli che non conoscono una situazione del genere, la possono trovare stravagante e inventata. Non mi dispiace per niente che per alcuni la situazione che sto raccontando sia perfettamente familiare e per altri sia completamente estranea. Anche io spesso mi domando dove ci porterà la ricerca smodata del piacere: non c’è qualcosa d’altro da cercare oltre alla soddisfazione immediata dei bisogni ? Le domande che fa l’ispettore sono le stesse che si fa l’osservatore esterno e che anche io mi pongo. Ciascun personaggio nel film ha un suo punto di vista. L’ispettore e anche Henri sono dei trait d’union tra il film e il pubblico. Henri è un personaggio che al pubblico piace molto.

Domanda del pubblico. Chi è lo sconosciuto del lago, è Henri o l’uomo coi baffi ? E perché il film ha un finale che si interrompe ?

Alain Guiraudie: All’inizio avevamo scelto questo titolo semplicemente perché un sconosciuto c’era e un lago c’era e quindi sembrava un titolo azzeccato. Poi però quel titolo è diventato molto più complesso di quello che mi appariva all’inizio. Lo sconosciuto poteva esse Henri o Michel o il ragazzo che muore annegato, tutti sono degli sconosciuti. O poteva essere un concetto, il desiderio. Quindi questo titolo è diventato via via sempre più interessante e tra l’altro era un titolo perfetto per un film di genere, un noir, e questo mi piaceva molto. Riguardo al finale, io non l’ho tagliato; ho girato in realtà due finali per questo film. L’altro finale però non ve lo racconto; era molto a favore del matrimonio per tutti, ma era molto meno interessante di quello che avete visto. Questo finale, proseguendo nel montaggio, è diventato necessario, un finale che si addice bene ad un film che è anche romantico, romantico nel senso che si va fino alla fine del desiderio verso l’altro, lasciandosi andare completamente. Il desiderio è più forte di tutto e più forte della morte. Questo è quello che alla fine volevo raccontare. Per me Michel nel finale se n’è andato; quindi il finale non è cosi cupo. Però è triste (per Franck) che Michael sia partito.

Domanda del pubblico: Il regista ha voluto intenzionalmente mostrare una realtà molto crudele per fare di questo film un racconto morale ?

Alain Guiraudie: L’atmosfera del racconto è presente fin dall’inizio del film, ma non so se si tratta di un racconto morale. Volevo allontanarmi dalla psicologia e da qualsiasi giudizio morale. Mi chiedevo anch’io sin dove volevo arrivare, io nel girare il film, come i personaggi nella loro situazione all’interno del film. Nel film c’è anche molto della liberazione sessuale, una liberazione a volte anche negativa, e parlo anche di me in qualche modo. All’inizio c’è questo atteggiamento edonistico di liberazione paradisiaca che ti porta a fare l’amore molto liberamente, quello che succedeva negli anni ’70. Però poi a poco a poco, quello che era una spinta positiva e libertaria, si è tradotto nell’imposizione della società di oggi che ti obbliga a prendere delle decisioni che derivano soltanto dal piacere. C’è stata un’evoluzione politica, che non è esplicitamente presente nel film, ma che aleggiava profondamente mentre lo scrivevo e lo giravo. Ho pensato a Michel come ad un dio greco e però anche come ad un edonista compulsivo, che non si ferma davanti a niente e agisce senza curarsi dei danni che può fare. Tornando alla domanda, pensiamo anche a questa società che rincorre la giovinezza perenne e l’immortalità e cosi rinuncia a vivere il momento in cui sta vivendo.

Domanda del pubblico: In che periodo è ambientato il film, e come mai non compaiono strumenti tecnologici come i telefonini ?

Alain Guiraudie: Per me è un film ambientato nei giorni nostri. I vestiti li abbiamo comprati nei mercatini, le automobili le abbiamo affittate vicino al lago… Io sono molto pragmatico: a mio parere se sei in una spiaggia dove si fanno degli incontri omosessuali, sei un po’ un imbecille se stai li a usare il telefonino con Grindr. Sei già li per quello. Mentre giravamo ci siamo chiesti se dovevano esserci telefonini e radio e alla fine abbiamo lavorato per sottrazione, togliendo tutto quello che non era essenziale al racconto. Compresa la colonna sonora che manca. E’ anche una questione di pulizia, estetica e stilistica. C’è questa spiaggia molto scenografica, dove tutti hanno il loro posto, c’è una ritualità, una routine che si stabilisce per cui tutti posteggiano al loro posto, come in classe e fanno le stesse cose ogni giorno. E’ anche un film quasi teatrale. Per andare ancora più a fondo in questa idea di ripetitività e di astrazione dirò che nel girare il film mi sembrava di girare sempre la stessa giornata che ogni volta si ripeteva uguale con qualche cosa ogni volta di diverso.

Domanda del pubblico: Non c’è neppure lontanamente una figura femminile, come mai ? E’ forse per una questione di semplicità delle relazioni ? Io per esempio mi sarei aspettata un ispettore donna.

Alain Guiraudie: Non c’era bisogno di donne in un film come questo. Era importante che anche l’ispettore fosse uomo, perché volevo instillare nello spettatore il dubbio che l’ispettore si interessasse cosi tanto a questa vicenda anche per motivi personali.

Domanda del pubblico: Una domanda tecnica. Se è sempre la stessa scena che ha utilizzato quando le vetture posteggiano vicino al lago. Dove ha girato. Quanti giorni a girato. E quanto è costato il film.

Alain Guiraudie: Quella del parcheggio è sempre la stessa inquadratura. Mentre sulla spiaggia ci sono varie inquadrature, nel parcheggio è sempre la stessa che si replica. Abbiamo girato in sei settimane, ai bordi di un lago che si trova ad un centinaio di chilometri nell’entroterra di Marsiglia. Il budget è stato di 850.000 euro.

Domanda del pubblico: Sono curioso di sapere se gli attori del film erano tutti gay.

Alain Guiraudie: No solo alcuni. Dei due protagonisti diciamo che erano metà e metà.

Domanda del pubblico: Perché Henri si fa assassinare? Per proteggere Franck ?

Alain Guiraudie: Nella morte di Henri c’è qualcosa di romantico, un gesto forse non molto efficace per proteggere Franck. C’è l’idea del suicidio, del sacrificio. Una lettura interessante che è stata proposta dopo l’uscita del film è che Henri non potendo avere Franck, si sostituisce a lui nella morte.

Recensione e testo a cura di Roberto Mariella

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