PARLIAMO DEL SUPER-CULT LESBICO DEL TERZO MILLENNIO

“La vie d’Adèle” del regista franco-tunisino Abdellatif Kechiche, film vincitore a Cannes, sessualmente esplicito ma osannato da chiunque l’abbia visto


Adèle Exarchopoulos in una scena del film

Finalmente è arrivato il tanto atteso “Brokeback Mountain” al femminile, il film destinato a diventare il super-cult lesbico del terzo millennio. Come Brokeback, che aveva vinto a Venezia, “La vie d’Adèle” vince il primo premio al più prestigioso festival di cinema internazionale, Cannes, nonostante a presiedere la giuria fosse un regista, Spielberg, bravissimo ma lontanissimo dalle tematiche intimistiche e sessocentriche di questo film. Una giuria che, eccezionalmente, ha voluto premiare insieme al regista, Abdellatif Kechiche, anche le due protagoniste Adèle Exarchopoulos (19 anni) e Léa Seydoux. In conferenza stampa Spielberg, sollecitato dalle domande dei giornalisti che gli ricordavano come nello stesso giorno del premio il parlamento francese avesse approvato la legge sui matrimoni gay, ha voluto precisare che per lui “il film racconta magnificamente il modo in cui si evolve una storia d’amore tra due persone. Kechiche le segue nel loro percorso, osservando da vicino le protagoniste e il modo con cui si muovono nel mondo che le circonda. Come giurati siamo rimasti stregati da queste attrici formidabili. E’ una bellissima storia d’amore. Nel decidere il verdetto non abbiamo pensato a questo tipo di questioni“.

“La vie d’Adèle” (il titolo è un omaggio alla “Vie de Marianne” di Marivaux, scrittore prediletto del regista) è liberamente ispirato al fumetto “Le bleu est une coleur chaude” di Julie Maroh, che si è dichiarata soddisfatta della trasposizione (‘simile ma differente nello stesso tempo’), ma un po’ mortificata per non essere stata chiamata a partecipare agli eventi di Cannes, come se si avesse voluto nascondere le origini fumettistiche del film, nel timore di sminuirne la capacità attrattiva presso il grande pubblico. Il film è stato acquistato per il mercato italiano dalla distribuzione gay-friendly Lucky Red che lo manderà nelle sale in autunno.

Il film, pur raccontando una storia assai semplice, dura più di tre ore, che comunque volano via. Il motivo di questa lunghezza sta nel fatto che al regista Kechiche non basta farci capire che la protagonista vive in famiglia, frequenta la scuola superiore, s’innamora, fa l’amore, insegna, ecc., come accade solitamente nei film, dove è sufficiente un flash per dirci queste cose e concentrarsi poi su vicende più o meno complesse. L’obiettivo del regista non è quello di raccontarci una vicenda o una storia, che pure esiste ed ha una lunghezza temporale di quasi dieci anni, ma di farci capire ‘come’ la protagonista vive in famiglia, ‘come’ frequenta la scuola, ‘come’ s’innamora, ‘come’ fa l’amore, ecc. L’ambizione di Kechiche, perfettamente riuscita, non è quella di farci ‘vedere’ un film, ma quella di farci ‘vivere’ un film, ‘vivere’ coi suoi personaggi, coi loro sentimenti, desideri, angoscie, felicità o dolore, speranze o delusione…

Sono tantissimi i primissimi piani sul volto della protagonista, dove vediamo spesso scendere lacrime che siamo tentati di asciugare sul nostro viso. Le scene d’amore lesbico, con nudi integrali senza nessuna limitazione, sono interminabili e terribilmente realistiche. Peccato che le attrici abbiano dichiarato che dovevano applicarsi “delle parti genitali finte, fatte con una sorta di muffa costruita in uno studio di effetti speciali, ce la applicavano tutte le mattine, servivano un paio d’ore per il processo”. Peccato, perchè non avevamo mai visto al cinema scene di sesso così vere e palpitanti, con genitali che si baciano, visi che sprofondano, corpi e arti che si strusciano in estasi e grida da fare impallidire anche l’hard più spinto. Eppure nemmeno la critica più conservatrice ha osato gridare allo scandalo, e la stessa Radio Vaticana ha definito il film come «un’esplorazione, sincera e sentita, della passione femminile, della formazione di un’identità, di un’educazione sentimentale».

Molti, critica e autori compresi, hanno voluto definire il film come una bella e intensa storia d’amore, indipendentemente dal fatto che si tratti di una storia d’amore etero o gay. Noi apprezziamo che con questo atteggiamento si voglia enfatizzare la bellezza intrinseca del film, ma crediamo che sia difficile comprenderne l’essenza e le dinamiche più profonde se non consideriamo la problematica omosessuale che accompagna il film dall’inizio alla fine. Quasi un perfetto manuale di vita gay, scevro comunque da qualsiasi impianto didattico (altro grandissimo pregio del film).

Adele è una quindicenne alla scoperta della sessualità. E’ bellissima e attira subito l’attenzione dei maschi. Sollecitata dalle amiche, non può fare a meno di rispondere alle attenzioni del bel tenebroso e sincero Thomas. Ma vediamo che quando fanno l’amore i suoi occhi sono sempre aperti e distratti. Sicuramente non trova in Thomas quel feeling che cercava e che invece trova quando sogna di avere un amplesso con la ragazza dai capelli blu che incontra per strada. In poche scene e in molte lacrime viviamo il dramma di un adolescente che si scopre con una sessualità diversa. Anche il dramma del bullismo omofobo scolastico ci viene mostrato in una sconvolgente scena che la vede attaccata dalle compagne di scuola. Adele ha imparato ad accettarsi, grazie all’amico gay, all’esperienza sessuale con Thomas, ai suoi sogni e ad un bacio segreto con una compagna di classe, ma non ha ancora trovato il coraggio di dichiararsi. Lo troverà quando inizia una storia d’amore con Emma, la ragazza dai capelli blu.

Adesso, con Adele ed Emma che vivono una vita di coppia, la tematica gay diventa più sottile, più confondibile con quella etero, ma riemerge verso la fine quando sorge il desiderio di una famiglia, dei figli.
Ad Adele, ancora giovanissima, basta e avanza dell’amore che prova per Emma, della libertà sessuale conquistata, della sua realizzazione professionale come maestra. Ad Emma, di dieci anni più anziana, manca invece qualcosa, la soddisfazione sessuale non basta più, l’amore vuole essere più completo, comprendere altre cose, altre affinità, altre esigenze, non ultima quella di una famiglia più grande. Adele si troverà ancora da sola, a coltivare le sue lacrime, con l’ingombro di un sentimento respinto, le false tentazioni di una vita ‘normale’, e davanti un futuro che per gli omosessuali è sempre più difficile conquistare. Struggente la scena di quando la vediamo scendere in mare da sola e allontanarsi dalla riva, col viso lacrimante che galleggia tra le onde. Ma, fortunatamente, non è la scena finale del film.
Come dicevamo sopra, ci siamo permessi di raccontare l’esile trama più di quanto facciamo solitamente, perchè nell’economia del film ha un valore assolutamente minimale. L’attenzione dello spettatore è sollecitata in ogni momento del film da superlative interpretazioni e fantastiche immagini (quasi un catalogo d’arte), capaci di regalarci un ampio spettro d’indimenticabili emozioni, difficilmente raccontabili.

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