ACCOLTO MOLTO BENE A CANNES IL FILM DI CRISTIAN MUNGIU "OLTRE LE COLLINE"

Affronta lo stesso tema di Brokeback Mountain, un grande amore gay contrastato, qui da una fede cieca ed astratta


Una scena del film “Beyond The Hills” con le due protagoniste

“Beyond The Hills”, titolo originale “Dupa dealuri”, presentato ieri in concorso a Cannes 2012, è fino ad oggi la nostra Palma d’Oro. Ci stupisce che questo bellissimo film, a forte tematica gay, non sia stato selezionato per la Queer Palm, speriamo che la Giuria della Queer Palm sappia rimediare.
Il film è già stato considerato come il Brokeback Mountain europeo, avendo in comune con il film di Ang Lee, una profonda storia d’amore omosessuale, questa volta lesbica, in un ambiente assolutamente ostile, che la fa terminare nello stesso modo. Il fatto sconvolgente è che questa storia non avviene, come in Brokeback, più di cinquant’anni fa, ma ai nostri giorni. Il film, che si basa su un fatto realmente accaduto in Romania nel 2005, è stato acquistato per la distribuzione italiana dalla BIM.

Due ragazze, Alina (Cristina Flutur) e Voichita (Cosmina Stratan), si sono incontrate nello stesso orfanatrofio ai tempi di Ceasescu. Qui hanno fatto amicizia e si sono innamorate una dell’altra. Nel film non si parla mai di omosessualità e certa critica preferisce parlare di profonda amicizia, ma il regista stesso ha detto più volte che “non è un film sull’amicizia ma sull’amore; un diverso tipo di amore e cosa possono fare le persone in nome dell’amore”. Alina si è poi trasferita in Germania in cerca di lavoro, ed ora, ormai 25enne, si è sistemata e gli manca solo una cosa per essere felice: ritrovare l’unico amore della sua vita, Voichita. Per questo decide di tornare in Romania e convincere Voichita a seguirla in Germania dove ricominciare una vita insieme per sempre. Voichita nel frattempo si è rifugiata in un convento di suore ortodosse, dove ha abbracciato la fede e deciso di dedicare la sua vita e il suo amore a Dio, l’unico che non l’abbandonerebbe mai.

Alina giunge nel monastero dove c’è Voichita, un posto freddo e inospitale, senza riscaldamento, senza energia elettrica e nessun collegamento col resto del mondo. Voichita non vuole sentire ragioni, sicuramente l’ama ancora, ma dopo tante soffrenze ed abbandoni è convinta di avere trovato la pace e la serenità nel rapporto con Dio, l’unico che non può tradirla. Alina nel convento, abitato da giovani suore e guidato da un prete ortodosso, è vista con sospetto perchè non è religiosa, non si confessa ed ha un rapporto ambiguo con Voichita. Il prete, temendo di perdere Voichita, si dimostra ancora più intransigente delle suore e le impedisce di uscire dal convento, anche solo momentaneamente. Alina capisce che la sua amata non potrà seguirla, e in un crescendo di dolore e alienazione, tenta tutte le carte. Minaccia di buttarsi nel pozzo del monastero poi assale una monaca. Viene legata con la corda delle campane e trasportata in ospedale, dove i medici si dimostrano ancora più freddi delle monache e la rimandano in convento. Alina non riesce ad abbandonare il suo proposito, è troppo forte l’amore che sente per Voichita, la sua unica ragione di vita. Capisce quanto sia astratto e crudele il modo con cui viene vissuta la religione in quel convento, privo di qualsiasi umanità, di reale contatto con la realtà e i sentimenti umani. Continua quindi la sua battaglia contro quello che sente essere una profonda ingiustizia, una fede crudele ed alienata che sconfina nel fanatismo, nella violenza. Alina è sola contro tutti, sorretta solo dal suo amore per Voichita, che invece, condizionata da una fede lontana dal cuore, non può più ricambiare…

Come detto sopra, il regista ha voluto fare una lunga riflessione sull’amore, sulla sua intensità, sulla sua profonda umanità, e su come un certo modo d’intendere la religione, letterale e fanatico, possa ucciderlo. Ci parla di una fede ceca, che guarda solo in alto, vede solo Dio e ha dimenticato l’uomo, e si sente in dovere di giudicare e punire. Il prete dice che “l’occidente ha perso la vera fede” e le suore tutte sono convinte che “senza Dio si è sempre soli”. Nel film, lungo 150 minuti (ma corrono velocissimi), si mescolano taglienti dialoghi a lunghi silenzi che parlano ancora di più. Un grande film capace di unire l’impegno morale ad una rappresentazione raffinata e poetica senza mai cadere nel didattico o nel moralismo fine a se stesso. Struggente la scena finale in cui l’amore viene messo sotto processo.

Qui sotto due clip del film.


beyond2 di SpaggyPalermo


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