"Fratellanza - Brotherhood"

il bellissimo film di Nicolo Donati, vincitore al festival di Roma 2009, uscito in poche copie e in un periodo infelice, avrebbe altrimenti potuto avere l’impatto di un Brokeback Mountain. Assolutamente da vedere e far vedere.


Il bellissimo ed esplicito manifesto del film distribuito da Lucky Red

Distribuito dalla Lucky Red di Andrea Occhipinti tre stagioni dopo la sua (inattesa) vittoria al Festival del Film di Roma 2009, in piena estate e con la concorrenza diretta di Eclipse, non può meravigliare più di tanto che Fratellanza-Brotherhood dell’italo-danese Nicolo Donati abbia ricevuto una scarsa attenzione da parte del pubblico, incassando nel primo weekend solo 29.540 euro contro i 3.813.455 di euro incassati dal terzo capitolo della saga di Twilight (lo 0,77 %).
Eppure la stampa tutta ne ha parlato assai bene, i temi del film sono di stretta attualità, soprattutto in Italia dove ogni settimana leggiamo, nelle pagine di cronaca dei quotidiani, episodi di violenza omofobica contro gay o lesbiche.

Il regista eterosessuale Nicolo Donati ci tiene a precisare che il suo film è soprattutto la storia di un grande amore, al di là degli orientamenti sessuali. Verissimo, ma quello che il film sfrutta al massimo è la nascita di un amore omosessuale all’interno di un ambiente omofobico come i gruppi neonazisti che in alcuni paesi europei stanno avendo, purtroppo, un certo proselitismo.

Per tutto il film, a partire dall’iniziale pestaggio di un gay che tenta un approccio in un luogo dedicato, siamo in attesa che la miscela amore-gay e fanatismo-omofobico esploda. Il finale però non sarà proprio così, o almeno non sarà solo così.
La conclusione melodrammatica del film, a nostro giudizio la sua parte più debole, sembra quasi voler alleggerire le responsabilità dei neonazisti che vengono inaspettatamente aiutati da un più o meno legittimo sentimento di vendetta.

Un altro momento in cui questo gruppo neonazi, o meglio i comandanti di questo gruppo, guadagnano un punto a favore è quando possiamo confrontare il loro agire con quello della istituzione militare danese. Possibile che in un paese come la Danimarca, all’avanguardia nelle leggi sui diritti degli omosessuali, si provveda a cacciare via dall’Esercito un giovane solo perché sospettato di omosessualità, cosa che, secondo i comandanti, non gli permetterebbe di avere la stima dei suoi subalterni? Perché l’omosessuale non può essere stimato?
Al contrario i capi del gruppo neonazista accettano ben volentieri di reclutare il giovane nelle loro fila, anche quando intuiscono il particolare rapporto tra lui e uno dei loro capetti più fidati (anzi sembra quasi che sfruttino allo scopo questa particolare attrazione). In una scena iniziale assistiamo addirittura ad uno scontro verbale dove il capo del gruppo nega che sia stata l’omosessualità una delle cause dell’omicidio di Roehm, capo assoluto delle S.A. di Hitler, come dire che non aveva importanza se era omosessuale o no. Le cose cambieranno quando la storia gay dei due ragazzi diventerà di dominio pubblico e si dovrà quindi procedere per forza ad una ‘lezione’ ufficiale in nome della salvaguardia dei sentimenti di fratellanza ”naturali’.

Due sono le cose più riuscite a nostro giudizio di questo film. La prima è, come abbiamo in parte esaminato sopra, la descrizione oggettiva delle dinamiche più o meno dichiarate che sottendono alla formazione di questi gruppi politici di estrema destra, dove l’obiettivo giustifica i mezzi, il reclutamento si base soprattutto su elementi umani marginalizzati e bistrattati dalla società (in questo caso anche la carica eversiva di un omosessuale represso va benissimo), e un fittizio spirito di solidarietà e fratellanza restituisce a questi giovani soli e abbandonati a se stessi, una specie di famiglia, di ancora e rifugio affettivi (Jimmy dirà espressamente che quei ragazzi sono la sua famiglia). Basterebbe che la società evitasse di marginalizzare e discriminare i suoi giovani per togliere linfa a questi pericolosi gruppetti politici.

L’altra cosa encomiabile del film è senz’altro l’aver messo al centro della vicenda una intensa e passionale storia d’amore gay. Lars è un giovane omosessuale represso, represso dall’esercito che a lui sembrava un’ancora di salvezza, e represso da una famiglia borghese dove la madre ha importanti incarichi politici. Nonostante le sue idee liberali, e la sua consapevole omosessualità, accetterà di entrare in un gruppo liberticida e omofobo proprio per la ‘fratellanza’ che potrebbe finalmente trovarvi (da questo punto di vista un esercito vale l’altro). Naturalmente questa contraddizione dilanierà il protagonista per tutto il film.
Jimmy è invece un ragazzo povero che deve provvedere al fratello più giovane (tentato dalle droghe) e che dentro a questo gruppo, insieme al fratello, ha trovato una possibilità di sopravvivenza. Fino all’incontro con Lars ha nascosto anche a se stesso la propria omosessualità. Bellissimi i momenti dei loro primi incontri e della fortuita convivenza dove devono fronteggiare un sentimento nascente e dirompente, l’amore omosessuale, che l’ambiente e loro stessi non possono accettare. Questa parte del film richiama lontanamente la tematica di Brokeback Mountain e di Ander: il problema dell’accettazione di se stessi in un ambiente ostile.

L’idea che rende il film originale e che gli dà una carica drammatica insolita (ripetiamo, inutilmente esagerata dal melò finale, per di più fuorviante) è naturalmente quella di aver messo direttamente a confronto l’amore gay e l’omofobia politica, dove alla fine escono entrambi vincitori e vinti. Un film che coinvolge e piace, percorso da una tensione continua, interpretato da superbi protagonisti, difficile da dimenticare e stimolante per approfondimenti sui temi trattati.

Una scena del film:

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