"basta che funzioni" l'ultimo Woody Allen perfettamente funzionante

Sui nostri schermi l’ultima fatica di Allen che ritorna al suo stile più consono con una commedia divertente e pungente che ci racconta anche una storia di liberazione e coming out omosessuale

Il cinema intelligente, cioè quello che vuole comunicare anche qualche idea insieme a belle immagini, negli USA non ha mai avuto grande successo. Dispiace constatare che anche l’ultimo Woody Allen, “Basta che funzioni”, un Woody DOC, cioè tornato a quella commedia a lui più congeniale, forse un po’ logorroica ma sempre pungente, sarcastica e cinica quanto basta, assolutamente genuina e ispirata dal profondo sentire dell’autore, ha incassato negli USA solo 5 milioni di dollari, complice una critica americana che non si decide a rendergli quanto gli aspetta. Fortunatamente in Europa le cose vanno un po’ meglio.

Il titolo del film esprime già compiutamente la filosofia che Allen vuole trasmetterci: tutto può andar bene nella vita, anche le cose meno ortodosse e inusuali, l’importante è che funzionino, cioè che riescano a darci quella tanto agognata felicità che tutti cerchiamo. Quindi niente pregiudizi o preconcetti e soprattutto niente favole religiose che oggi servono solo a mortificarci: “Dio è gay” perché funziona benissimo come arredatore, ma guai a pensarlo come un castigamatti, anzi meglio non pensarlo del tutto e vivere finalmente liberi e padroni di noi stessi.

Per esemplificare meglio questi concetti Allen ci presenta il suo alter ego nelle vesti di un protagonista, Boris Yellnikoff (un formidabile Larry David) che si ritiene un genio (ex professore alla Columbia University), che mal sopporta l’ignoranza (ne fanno le spese i suoi giovanissimi allievi di scacchi) e che ha sostituito Dio con il caso o la fortuna che bisogna sempre essere pronti ad accogliere (anche un tentativo di suicidio può essere un’opportunità, come dire le vie del CASO sono infinite). Per esemplificare ancora meglio Allen fa poi incontrare al protagonista una famiglia di bigotti conservatori del Mississipi (che sapranno tutti redimersi), cominciando con la figlia Melody (la bellissima Evan Rachel Wood, già figlia lesbica in “The Wrestler”), fuggita di casa in cerca di un po’ d’aria fresca e che, arrivata come un homeless a New York, rimane colpita dalla vivacità intelluttuale del nostro eroe pur avanti con gli anni.
Il tabù della differenza d’età in una coppia è uno dei più cari e visitati da Allen che però questa volta si spinge oltre rendendo l’anziano Boris anche claudicante (conseguenza di un precedente tentato suicidio) e con un carattere (brontolone e ossessivo) che pochi riuscirebbero a sopportare.

Il secondo tabù che l’autore mette sul braciere ci è offerto dalla madre di Melody, Marietta (una impagabile Patricia Clarkson), che arrivata a New York in cerca della figlia troverà finalmente il modo di liberarsi dai dogmi religiosi e dare sfogo alla sua repressa creatività e sessualità (in un menage a tre con ben due uomini nello stesso letto).

L’ultimo tabù da vincere, a cui Allen vuole dare il suo contributo, è quello dell’omosessualità, portato in scena dal padre di Melody, John (Ed Begley Jr.), che esemplifica perfettamente tanti percorsi di liberazione e coming out dei nostri tempi: si è sposato per “paura” dopo avere constatato l’effetto che facevano su di lui gli atleti che ammirava nello stadio (soprattutto quando si piegavano mostrando il posteriore), sessualmente non ha mai soddisfatto completamente la moglie, ha tentato di abbandonarla per una sua amica, cadendo dalla padella nelle braci (non gli si rizzava nemmeno), arrivato finalmente anch’esso a New York incontra in un bar (in una scenetta che vi farà morire dal ridere) un gay appena abbandonato dal suo compagno che… Non vogliamo raccontarvi altro, che vi abbiamo già detto troppo anche se nel film gli argomenti e le battute sono tantissimi e svariatissimi e, a nostro giudizio, tutti efficaci e divertenti.

Anche se siamo consapevoli che Woody Allen ha un suo particolare pubblico, ci sentiamo di poter consigliare a tutti questo film oltre che per i contenuti anche per le belle interpretazioni e per una struttura che lo rende più movimentato e curioso del solito, regalandoci 90 minuti di intelligente intrattenimento.

Qui sotto una immagine di John (Ed Begley Jr.), il padre della protagonista che si scopre gay.

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