"BRUNO" ACCENDE LE POLEMICHE

anche nella comunità gay, che partecipa così alla promozione di un film che riteniamo assolutamente necessario (sempre che rispetti le promesse degli autori).

I media americani (ma non solo, vedi il bell’articolo di Giovanna Grassi sul Corriere di ieri) si stanno concentrando fuori misura sull’ultima fatica di Sacha Baron Cohen, il film “Bruno” di Larry Charles, in uscita negli USA dal prossimo 10 luglio. Gli inaspettati incassi di “Borat”, 268 milioni di dollari, fanno probabilmente sperare in una replica di quel successo. Il film è già stato venduto in diversi Paesi, da noi è stato acquistato da Medusa che lo manderà nelle sale nel prossimo autunno.

Una indiretta spinta pubblicitaria al film viene anche dalle polemiche che impazzano all’interno della comunità gay, vedi ad esempio il video su YouTube che proponiamo qui sotto, che intervista sull’argomento diverse personalità lgbt.

Come sappiamo il film racconta di Bruno, un reporter, orgogliosamente gay, in missione negli USA. Il sottotitolo del film dice pressappoco: “viaggio delizioso attraverso l’America con lo scopo di rendere sgradevole la visibilità etero dei maschi alla presenza di un gay straniero in T-Shirt a rete”.
Il problema sollevato da alcuni starebbe nella insistita stereotipicità del personaggio gay Bruno, emblema di tutte quelle carattersitiche, come effeminatezza, esibizionismo, sessomania, ecc., che hanno da sempre messo in ridicolo la nostra categoria.

Sebbene le intenzioni dichiarate di Sacha e del regista Larry Charles siano quelle di aver voluto fare un film “contro ogni intolleranza e l’ignoranza dei pregiudizi” mettendo in risalto l’assurdità di tanta ingiustificata omofobia, alcuni pensano che, esagerando con gli stereotipi, il risultato potrebbe essere l’opposto.

Bruno è “esageratamente” gay, parla con la “s”, indossa sempre calzoncini attillati e supercorti ed è ossessionato dal sesso e dalla moda. Nel film usa questi atteggiamenti per provocare le reazioni dei personaggi che incontra (skinheads, gruppi di ex-gay, afro-americani, ecc.) con l’obiettivo di metterne in evidenza l’omofobia. Alcuni osservatori però obiettano che il pubblico potrebbe concentrarsi più sulla “provocazione” che non sui suoi scopi, col risultato di ridere ancora dei gay anziché dell’ignoranza degli omofobi.

In seguito ad alcuni test di proiezioni del film e alle reazioni del pubblico lgbt, la società di produzione Universal ha detto di avere apportato dei cambiamenti proprio per rendere meno ambigue alcune scene. Gli stessi responsabili GLAAD (Gay Lesbian Association Against Diffamation), visionato anticipatamente il film, hanno ammesso che in diversi momenti il pubblico è portato a ridere più dei gay che non degli omofobi (riferendosi in particolare alle scene in cui Bruno adotta un bimbo e quando si trova davanti ad un gruppo di afroamericani).

Queste critiche della GLAAD sono state esagerate da alcuni media come il New York Times che ha parlato di un film offensivo per la comunità gay, cosa che Rashad Robinson, direttore GLAAD, ha subito negato.

Peter Paige, regista gay e uno dei protagonisti di Queer As Folk, ha osservato che “se guardiamo una clip di “Bruno” in una stanza piena di gay, tutti ridono ed è bello; ma quando la guardiamo in una stanza piena di etero, tutti ridono ancora ma non sono certo che sia la stessa cosa”.

Impossibile giudicare questo film prescindendo dallo stile e dalla comicità di Sacha Baron Cohen: irriverente, estremista, provocatorio, volgare anche più del necessario, ma sempre rivolto a portare in primo piano, attraverso la risata, il burlesco o il grottesco, una motivata critica sociale. Con Borat aveva preso di mira il razzismo, con Bruno prende di mira l’omofobia.

Il pubblico omosessuale, se vuole dimostrarsi adulto e veramente libero, non deve avere pregiudizi all’incontrario, deve essere capace di ridere anche di se stesso e di sapersi guardare con occhi multicolori, di fare cioè quello che abitualmente fa ai gay pride o nelle sue varie feste.

Noi pensiamo che Sacha utilizzi lo stereotipo gay come scorciatoia per arrivare subito al nocciolo del problema. L’interlocutore così non ha dubbi sul fatto di trovarsi davanti ad un gay e la sua reazione sarà più immediata ed istintiva. E’ vero che non tutti i gay sono così, ma è anche vero che noi non dobbiamo escludere nessuno, effeminati o meno, stravaganti o meno, esibizionisti o meno. Tutti siamo diversi.

Noi non abbiamo ancora visto il film nella sua interezza e non possiamo dire se gli autori abbiano effettivamente raggiunto lo scopo desiderato (di critica sociale), o invece magari si siano lasciati sedurre da una facile comicità fine a se stessa.

La campagna promozionale del film insiste forse troppo sullo stereotipo (vedi la copertina e le immagini di GQ attualmente in edicola che presentano un Bruno nudo in pose assai “delicate”) ma non possiamo negarne l’efficacia e la capacità attrattiva.

Forse è proprio la misura di questa capacità attrattiva, cioè di quanto questi stereotipi possano “scandalizzare”, a ricordarci quanto possa essere necessario un film come “Bruno” che vuole denunciare una persistente e generalizzata omofobia; e se gli spettatori, guardando il film, non sapranno andare oltre le immagini del personaggio, avremo un’altra conferma di questo nostro assunto (sempre che il film mantenga le sue promesse).

IL VIDEO CON GLI INTERVENTI DI MEMBRI DELLA COMUNITA’ GAY CHE CRITICANO IL FILM (in inglese)

ALCUNE IMMAGINI PROMOZIONALI DEL FILM (a iniziare dalla copertina di GQ e finire col manifesto del film)

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