esce oggi il leone d'oro "the wrestler"

Un film di grandissima qualità e contenuto che solo per un pelo non ha oscurato completamente il nostro Sean Penn di “Milk” grazie all’esaltante interpretazione del rinato Micky Rourke. Due recensioni della nostra redazione.

SINOSSI:
Randy “The Ram” Robinson (Mickey Rourke) era un wrestler professionista di rinomata fama alla fine degli anni ’80. Vent’anni dopo tira avanti esibendosi per i fans del duro wrestling nelle palestre dei licei e nelle comunità del New Jersey. Allontanatosi dalla figlia (Evan Rachel Wood), incapace di sostenere un vero rapporto, Randy vive per il brivido dello show, per l’adrenalina del combattimento e per l’adorazione dei fans che gli rimangono. Colto da un infarto durante un combattimento, il dottore gli dice di eliminare gli steroidi e di sospendere i combattimenti di wrestling. Costretto a lasciare lo show-business, Randy comincia a riflettere sulla sua vita. Prova a riallacciare i rapporti con sua figlia e inizia una relazione con una spogliarellista (Marisa Tomei) ormai non più giovanissima. Per un periodo le cose funzionano; tuttavia il richiamo della ribalta è troppo forte per lui e Randy si cimenta ancora una volta nel combattimento sul ring. (Lucky Red)

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RECENSIONE N:1 (ENTUSIASTA)

“The Wrestler” di Darren Aronofsky è un grande film, forse non nel senso spettacolare, la storia è molto semplice e anche i combattimenti, che sono comunque il corpo principale del film, non creano suspence più di tanto (ci viene subito fatto capire che sono concordati), tranne forse l’ultimo a cui è legato il destino del protagonista.

Il film ha vinto il Leone d’oro a Venezia, due Golden Globe che hanno lasciato a bocca asciutta il nostro “Milk” e fino all’ultimo ci ha fatto trepidare per l’Oscar che, meritatamente, ha poi vinto il nostro Sean Penn/Harvey Milk, mentre tutti, almeno qui da noi, facevano il tifo per il risorto Mickey Rourke/The Wrestler (vedi copertina di Ciak che titola “Mickey Rourke il nostro Oscar del cuore” o FilmTV che, nella settimana che precedeva gli Oscar, riempiva la copertina con una imponente immagine di Rourke e la scritta “And the Wrestler is… è Mickey Rourke l’attore dell’anno“).
Ciononostante bisogna dire che Rourke interpreta il film in modo magistrale, anzi si potrebbe dire che Rourke è il film, come dichiara il regista Darren Aronofsky: “In genere è la storia a dettare quale deve essere la ‘grammatica’ di un film. In questo caso è esattamente il contrario: la storia del film arriva dal mio attore. Il resto è arrivato in seguito“.
Guardando il film ci sembra addirittura che Rourke non reciti ma si limiti semplicemente ad essere se stesso, cosa che pensiamo sia il massimo complimento che si possa rivolgere ad un attore. Il regista continua dicendo che: “Durante le riprese non ho voluto mai frenarlo nella recitazione. Invece di decidere a priori una scena e chiedere all’attore di seguire strettamente le mie indicazioni, ho scelto di essere completamente aperto alle sue proposte. Ad essere sincero, in alcuni momenti l’ho semplicemente seguito con la macchina da presa!“.

Come dicevamo la storia del film è molto semplice: è il ritratto di un uomo che dopo aver dedicato i suoi anni migliori al Wrestler, sua grande passione e fonte di soddisfazioni professionali, si ritrova ora, sulla soglia dei cinquanta, senza nulla in mano: non ha famiglia, non ha affetti (tranne quelli di qualche antico fans), vive in una roulotte che spesso gli viene chiusa perché non paga l’affitto e deve dormire in una vecchia auto, e un triste giorno si ritrova anche infartato con la necessità di interrompere anche quei pochi incontri di wrestler che realizzava per sostenersi e per la felicità dei ragazzini e di qualche vecchio nostalgico.
Siamo al polo opposto del sogno americano, nonostante che il nostro protagonista vi abbia dedicato tutta la vita, sacrificandovi tutto il resto.
Tra questo ‘resto’ c’è anche l’amore e la famiglia. Dell’amore gli restano solo qualche incontro a pagamento con una spogliarellista (la sempre bravissima Marisa Tomei) non più giovanissima e in fondo con gli stessi suoi problemi; della famiglia gli rimane solo una figlia lesbica (la rivelazione Evan Rachel Wood), cresciuta praticamente sola che ora cerca di farsi una vita con la sua compagna, ma che non riesce a liberarsi dalle angosce di una adolescenza difficile e trascurata, che addebita in gran parte al padre.

Tra i momenti più toccanti del film ci sono i disperati tentativi che il nostro eroe compie cercando di recuperare una storia d’amore e l’amore della figlia. Imbarazzati ma teneri e commoventi i primi, che potrebbero anche portare qualche risultato; decisamente drammatici e alla fine senza speranza i secondi. La colpa di quest’ultima sconfitta non risiede nell’omosessualità della figlia, che anzi ci viene comunicata con toni quasi divertenti (il padre domanda all’amica se le lesbiche vestono come le altre), ma nell’incapacità ormai congenita per il nostro eroe di prendersi veramente cura di un’altra persona. La figlia, da parte sua, non è ormai più capace di quella pazienza che troppe volte è stata mortificata.

Ci siamo chiesti il motivo per cui gli autori hanno scelto di dare una sessualità diversa a questo personaggio. In fondo se la figlia fosse stata etero, apparentemente non sarebbe cambiato molto nella vicenda. Non era di certo stata abbandonata per la sua diversità. Ma pensandoci bene risulta importante che la figlia sia lesbica, che non sia inserita in un caldo e tranquillizzante focolare domestico. In questo caso sarebbe stata effettivamente troppo diversa e lontana dal protagonista. Così invece resta una figura alla sua portata, una possibilità reale di riscatto e riconciliazione. Ad un certo punto infatti, in una scena sul lungomare indimenticabile, sembra scoccare la scintilla e tutto potrebbe ricomporsi tra padre e figlia…
La bravura di Evan Rachel Wood, che interpreta la figlia, è stata sottolineata dallo stesso Rourke che di lei ha detto: “Alcune delle scene più belle del film le ho girate con Evan Rachel Wood. Non ci eravamo mai incontrati prima, eppure le scene con lei sono molto intense. E’ stata come un’esplosione! Ero davvero impressionato dal suo talento, ha solo vent’anni ed ha la stoffa per diventare una grande attrice, anzi direi che è in assoluto la miglior giovane attrice con cui abbia mai lavorato”.

Il film ci sembra perfettamente riuscito e di grande coinvolgimento (anche se non amate il wrestling) perché riesce a farci comprendere molto bene il dramma umano e profondo che i tre personaggi devono affrontare in un momento cruciale della loro vita, fatto di bilanci, di aspettative deluse, di amarezze, ma anche di una grande forza d’animo che appartiene in eguale misura a ciscuno, una forza generata da una speranza che non li ha mai abbandonati e che ha dato valore alle loro vite. Probabilmente, sembra dirci il regista, è questo il vero sogno americano.

Riflessione: ****
Intrattenimento: °°°
Poesia: ^^
Voto: 9

(G. Mangiarotti)

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RECENSIONE N.2 (TIEPIDA)

Molte erano le aspettative su questo film, forse per una campagna pubblicitaria ben riuscita, forse per il ritorno di Mickey Rourke sul grande schermo o forse per le 2 candidature agli Oscar (una delle quali per “miglior attore protagonista”, vinta però da un certo Sean Penn…). Mickey Rourke fa comunque la sua figura interpretando il non facile personaggio di Randy The Ram, un wrestler solo e frustrato.
Sulla cresta dell’onda negli anni ’80, ora Randy si ritrova a combattere sporadicamente per qualche nostalgico e pochi soldi, costretto a una vita che lui stesso sente stretta nella morsa del ricordo.
Il film svela inoltre alcune verità sul wrestler che forse un po’ tutti già sapevamo: gli incontri sono combinati, le mosse vengono decise a tavolino e i lottatori fanno uso di sostanze dopanti.
Ciononostante i combattimenti sono molto duri e cruenti. Proprio in seguito ad uno di questi, Randy crolla sotto il peso della fatica, delle ferite e dell’età.
Salvo per miracolo decide di concentrarsi sugli aspetti più stabili della sua vita: il sentimento che prova per una spogliarellista (il premio Oscar Marisa Tomei) e il recupero del rapporto con sua figlia Stephanie (Evan Rachel Wood).
Pare che quest’ultima sia lesbica, ma in realtà il personaggio non è approfondito e quindi, solo dopo che Randy stesso ne parla, si intuisce che la ragazza che vive con lei potrebbe non essere una semplice coinquilina.
L’argomento omosessualità viene solo sfiorato, sebbene gli autori abbiano voluto inserire un personaggio lesbico. Il messaggio che filtra è comunque positivo: il padre sembra accettare (o aver accettato) la sessualità della figlia e Cassidy (Marisa Tomey), l’amica del padre, non appare affatto turbata nel parlarne. Piuttosto traspare una sorta di “beata ignoranza” e goffaggine dagli atteggiamenti di un uomo che forse, più che non comprendere la tematica, non conosce la propria figlia.
“The Wrestler” è più che altro un dramma sulla famiglia (anche in senso lato), sulla solitudine di un uomo che, convinto di avere il mondo in mano, si ritrova con un pugno di mosche, e sulla sua frustrazione nel vedere che tutti i suoi tentativi di riprendere la propria vita in mano si rivelano vuoti.
Il declino di un gladiatore dei giorni nostri (e di uno sport) per il ritorno di Mickey Rourke, ma dove starà il sogno americano…?

Riflessione: **
Intrattenimento: °°
Poesia: ^
Voto: 7

(G. Borghesi)

Vedi il sito ufficiale italiano del film

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