Una grande perdita per il cinema italiano e soprattutto per il pubblico omosessuale al quale Salvatore Samperi ha regalato film che hanno segnato la storia del cinema lgbt italiano.
Il regista, persona da sempre molto riservata, è morto all’età di soli 64 anni di un male che non aveva confidato, per discrezione, nemmeno agli amici più intimi.
Nato a Padova il 26 luglio 1944 ha aderito in gioventù al movimento di protesta del ’68 formandosi una cultura anti-borghese che criticava soprattutto l’arcaicità dell’istituto famigliare e l’ipocrisia sessuofobica della provincia italiana.
Abbandonati gli studi universitari in lettere e filosofia, si dedica completamente al cinema realizzando nel ’68, senza nessuna esperienza precedente, il film “Grazie zia” (proseguimento ideale del film di Marco Bellocchio “I pugni in tasca“), che resta secondo molti critici il suo capolavoro. Il fulcro del film, impregnato di morboso decandentismo, è la descrizione di un amore proibito (tema ricorrente in diversi altri suoi film), in una cornice di satira amara tesa a smascherare l’ipocrisia sociale delle classi dominanti. Nel ’69 dirige “Cuore di mamma” ancora più diretto nel raccontare una storia di contestazione giovanile che però è meno convincente nella costruzione dei personaggi, così come il successivo “Uccidete il vitello grasso e arrostitelo” del 1970, che affronta il tema della follia e della conseguente disgregazione famigliare. Dopo l’insuccesso al botteghino di questi ultimi film, molto politicizzati, Samperi, nei film successivi, insisterà maggiormente sull’aspetto erotico e scandalistico senza abbandonare comunque la satira di costume antiborghese. Ritroverà così un grande successo commerciale coi film “Malizia” del ’73 e “Peccato veniale” del ’74, anche grazie alla protagonista Laura Antonelli, diventata con questi film il sex-symbol per eccellenza di quegli anni.
Negli anni seguenti Samperi cerca di recuperare un filone più impegnato e ambizioso con film come “Sturmtruppen” del ’76 (riuscita satira antimilitarista ricavata dal celebre fumetto), “Nenè” del ’77, tratto da un romanzo di Cesare Lanza, ed “Ernesto” del ’79, trascrizione cinematografica, non proprio fedele, dell’omonimo capolavoro autobiografico di Umberto Saba. Riportiamo dalla nostra scheda del film:
Il mondo omosessuale gridò allo scandalo (più intimamente che esternamente) quando questo film di Samperi, tanto atteso, arrivò nelle sale. Il motivo non era la mediocre qualità del film ma il tradimento delle pagine letterarie da cui era stato tratto. Così mentre Saba nel 1953 raccontava con garbo e finezza psicologica la scabrosa (e definitiva) iniziazione omosessuale di un diciottenne praticante di commercio, Ernesto, che passa dalle ruvide carezze di un facchino di porto alle languide occhiate di un giovanetto della buona borghesia triestina, Samperi prolunga con fantasia personale il soggetto e fa oscillare la ‘deviazione’ di Ernesto tra stabilizzata assuefazione e momentaneo sbandamento, insinuandogli un desiderio di normalità che lo conduce infine a fidanzarsi con la gemella dell’efebico amichetto. Da notare nel film la prima apparizione di Miche Placido (nella parte del facchino omosessuale).
Il film, che la critica giudicò superficiale nell’introspezione psicologica dei personaggi, fu comunque uno dei pochissimi in quegli anni ad avere come soggetto principale una storia di educazione sentimentale omosessuale, evidenziata molto apertamente anche dal manifesto del film che metteva in primo piano un nudo maschile. Lo scandalo provocato prima dal libro e poi amplificato dal film, aiutò moltissimo la crescita del dibattito sull’omosessualità nei vari media e nella società, dibattito che verrà rinforzato tre anni dopo con l’uscita di “Querelle” di Fassbinder.
In seguito Samperi prosegue col filone erotico commerciale con film come “Liquirizia” (’79), “Casta e pura” (’81), in cui unisce all’erotismo una forte satira anti-clericale, “Vai alla grande” (’83), “Fotografando Patrizia” (’84).
Nel 1986 esce “La bonne”, con soggetto e sceneggiatura dello stesso Samperi, un film intenso che ricorda le atmosfere e i temi cari allo scrittore gay Jean Genet (Le serve). Riportiamo dalla nostra scheda:
Film intrigante che fece parecchio scandalo quando uscì nelle sale. A nostro giudizio uno dei film migliori di Samperi, più riuscito anche di Ernesto. L’ambiente, la famiglia, le protagoniste, le situazioni piene di ambiguità e di colpi di scena, sono presentati e indagati in profondità. La psicologia dei personaggi, ricca di sfumature, ci risulta credibile e ci permette di comprendere l’evolversi della storia, che è principlamente una storia di liberazione.
Questo è anche l’ultimo significativo film di Samperi che negli anni ’90 tenta una fallimentare riproposizione di “Malizia” con “Malizia 2000” (’91), con una Laura Antonelli ormai priva di attrattiva sexy, che lo porta ad abbandonare definitivamente il grande cinema. Nel 2004 ottiene la regia di un film tv in due parti “Madame” con Nancy Brilli, che prende spunto da Madame Bovary di Flaubert, e nel 2006 dirige la serie tv prodotta da Canale 5 “L’onore e il rispetto”, con Gabriel Garko e Manuela Mercuri, che ottiene un grande successo e contiene al suo interno una esplicita storia d’amore lesbico.
Riportiamo dalla nostra scheda parte di un’intervista rilasciata al Corriere dalla protagonista Manuela Mercuri: “Il mio personaggio finisce dietro le sbarre perché tenta di accoltellare il patrigno, di cui si vuole vendicare. Nella si sente sola al mondo, tradita dalla madre che in tribunale ha testimoniato contro di lei, e in carcere incontra Maria (Silvia De Santis), la prima persona che le ha dato una carezza. Il suo sentimento per lei si trasforma in amore ma la delusione, l’ennesima, cocente, si nasconde dietro l’angolo. Appena uscite di prigione, le due donne decidono di andare a vivere insieme: Nella guadagna dei soldi grazie al suo lavoro di modella, ma glieli ruberà la compagna. La deriva esistenziale tocca il fondo con la prostituzione, strada verso la quale Nella si avvia per disperazione. “Questo ruolo per me è un traguardo professionale”, racconta l’ex fidanzata di Aldo Montano che confessa anche di aver provato imbarazzo nelle scene saffiche. “Quando ci siamo baciate mi ha creato un certo disagio anche solo sfiorare le labbra di una donna, avere quel contatto di intimità”.
Di questa serie Samperi aveva appena finito di girare la seconda stagione che vedremo tra breve su Canale 5.
Difficile dare un giudizio complessivo sull’opera di questo regista, che, anche nelle opere più commerciali, ha sempre mantenuto viva una lettura critica della nostra società e del suo finto perbenismo. Anche l’aspetto erotico, senz’altro predominante in molte opere, non è mai stato solo fine a se stesso, ma quasi sempre inserito in un quadro che aveva sullo sfondo le problematiche di una società (provinciale) e di una classe (borghese) in rapida disgregazione, privata ormai dei vecchi punti di riferimento ma ancora senza la capacità di elaborarne dei nuovi. Tra queste problematiche, quella dell’omosessualità è sempre stata indagata dall’autore con coraggio ed onestà, evitando stereotipi o caricature, anche se a volte nei limiti di una produzione forse troppo condizionata da esigenze commerciali.
Qui sotto una recente immagine del regista Salvatore Samperi