"MAD MEN"

La seconda stagione di questa superpremiata serie americana, trasmessa da CULT (Sky) la domenica sera, affronta anche la tematica gay come poteva presentarsi all’interno di un’azienda newyorkese negli anni ’60

Mad Men, la serie vincitrice di 2 Golden Globe 2008 (miglior serie drammatica e migliore interprete Jon Hamm) e trionfatrice in cinque categorie degli Emmy 2008, in onda su Cult la domenica sera alle 21, è probabilmente quella che sta catturando, oltre ai premi, anche la maggiore attenzione sia dal pubblico americano che italiano per l’originalità con cui ci presenta e ricostruisce l’ambiente e i personaggi della New York anni ’60, gli anni del boom economico, del consumismo sfrenato sostenuto da un’industria pubblicitaria nei suoi anni migliori. E’ proprio all’interno di una di queste imprese di pubblicità, l’immaginaria Sterling Cooper, che si svolge la storia ideata da Matthew Weiner, già autore e produttore de “I Soprano”. I protagonisti sono un gruppo di dirigenti o aspiranti tali (con relative mogli, fidanzate, amanti e, naturalmente, segretarie), in continua competizione tra loro, circondati da un ambiente che respira, oltre al fumo delle sigarette, un’atmosfera satura di maschilismo, corruzione, prepotenze, umiliazioni, sotterfugi, discriminazione sessuale e razziale, ecc. ma anche i primi sintomi di un’epoca in trasformazione, dove iniziano a prendere forza le rivendicazioni di libertà ed emancipazione di categorie fino ad allora discriminate ed oppresse, come donne, gay, lavoratori, ecc.
La serie è quasi perfetta nella sua obiettività, nella sua naturalezza, nella sua sottigliezza indagatrice che ci fa entrare nello spirito e nelle aspirazioni più o meno recondite dei diversi personaggi, tra i quali un affascinante Don Draper (Jon Hamm) e un trio femminile veramente eccezionale non solo per l’eclatante bellezza.

Mad Men si sta rivelando anche un’altra ottima serie americana da inserire tra le nostre preferite. Nella prima stagione avevamo avuto solo qualche cenno all’omosessualità velata di uno dei protagonisti, l’art director della Sterling Cooper, Salvatore Romano, interpretato dall’attore Bryan Batt (nella vita gay dichiarato), soprattutto quando aveva incontrato, per ragioni di lavoro, Elliot Lawrence (Paul Keeley).

In verità anche prima di quest’incontro si era capito qualcosa, soprattutto vedendo con quanta ansia e disappunto aveva accettato la corte della centralinista Lois Sadler (Crista Flanagan) che poi diventa sua moglie. E pensare che la ragazza aveva preso interesse nei suoi confronti proprio ammirando i suoi modi esageratamente gentili, sempre impeccabile nel vestire e soprattutto sentendo con quanta dolcezza parlava al telefono con la madre italiana. Naturalmente tutti questi erano segnali che potevano ricevere (allora come ora) solo persone (e spettatori) già “allertati”.

Il coming out del personaggio appare invece chiaro a tutti, come dicevamo, nell’incontro al ristorante con Elliot, che tenta addirittura di carezzargli la mano sul tavolo. Finita la cena Elliot invita Salvatore nella sua stanza d’albergo, “da dove si ha una bellissima vista su Manhattan”, anche se notte. Salvatore però non regge nemmeno l’intenso e programmatico sguardo di Elliot (che, in segno di complicità, aveva appena bevuto dal bicchiere di Salvatore), e confuso gli risponde “non so cosa dire”, ed Elliot “non devi dire nulla”, ma Salvatore, visibilmente spaventato, pronuncia un titubante “no… meglio di no”. Elliot insiste “dai , ci facciamo un’altra bevuta, pensaci” e Salvatore, incerto si guarda intorno nervosamente. Elliot esclama “di cosa hai paura?” e Salvatore “no, scherzi?” e, deciso, si alza e si allontana.

Poi, fino alla seconda stagione, nulla di particolare, tranne la sua costante presenza come personaggio secondario, sempre con atteggiamenti e mossette, diciamo, “raffinati”. Nella seconda stagione abbiamo un episodio, il terzo (“The Benefactor”), ampiamente dedicato a Salvatore che invita a cena il collega Ken Cosgrove (Aaron Staton), del quale è segretamente innamorato, e che sta adulando in ogni modo. L’aggancio con Ken gli viene offerto dal fatto di essere probabilmente l’unico che apprezza (o fa finta di apprezzare) i suoi componimenti letterari. Sono commoventi le scene della cena, con la moglie che viene completamente ignorata dal marito Salvatore, tutto preso a parlare con Ken e a catturarne ansiosamente gli sguardi. Naturalmente Ken, nella sua ingenuità, non sospetta di nulla, anche se si meraviglia di tanta generosità e attenzione. Drammatica la scenata che gli fa la moglie dopo che l’ospite se n’è andato, lasciando intuire che ormai qualche sospetto stia crescendo.

La serie si farà ancora più “gaia” nel prosieguo dove comparirà un nuovo personaggio, Kurt (Edin Gali), un giovane e promettente neo assunto nella factory, che è gay e per niente spaventato della cosa e nemmeno che gli altri lo vengano a sapere, visto che parlerà tranquillamente delle sue amicizie maschili con Peggy (Elisabeth Moss). Sarà interessante vedere come reagirà Salvatore davanti a questo personaggio. Ricordiamoci che siamo nel 1962 e, sebbene negli Usa, ancora in era pre Stonewall.

Qui sotto, nell’ordine, una scena con Peggy (Elisabeth Moss) e Kurt (Edin Gali) e un’altra con Salvatore Romano (Bryan Batt) e Lois Sadler (Crista Flanagan)

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