E’ in pieno svolgimento la 22ma edizione del London Lesbian and Gay Film Festival (27 marzo – 10 aprile 2008), una delle vetrine più complete e articolate sul cinema queer di tutto il mondo uscito nell’ultimo anno (ma non solo).
Uno dei temi principali affrontato da questa edizione del festival è l’evoluzione del “New Queer Cinema” (così definito dallo studioso B. Ruby Rich), nato nei primi anni ’90 con l’obiettivo di rappresentare l’omosessualità come un naturale aspetto dell’umanità, evitando il “politically correct”, ma presentandola in tutti i suoi aspetti, positivi o negativi, piacevoli o meno, come qualsiasi altra realtà umana.
Il Festival vuole vedere come questo “New Queer Cinema” si sia evoluto fino ai nostri giorni, seguendo in particolare i percorsi dei suoi padri fondatori, tra i quali Gregg Araki che con “The Living End” (1992) ci regalò un esplosivo racconto su amanti sieropositivi; Gus Van Sant che con “My Own Private Idaho” (1991) ci presentò una formidabile coppia (Keanu Reeves e River Phoenix) di sensibili prostituti di strada; Todd Haynes che con “Poison” (1991) portò sullo schermo tre storie ricavate dalle opere dello scrittore Jean Genet; Tom Kalin che con “Swoon” (1991) rielaborò il famoso caso di Leopold e Loeb, due omosessuali che per puro divertimento assassinarono un 14enne negli anni ’20 (già tema del film “Nodo alla gola” di Alfred Hitchcock).
Il Festival presenta quindi anche le ultime opere di questi autori, verificando come nel giro di quindici anni, essi siano diventati ancora più inventivi, grandi e famosi senza avere dovuto tradire le loro origini e i loro orizzonti di indagine. Possiamo così vedere come Gus Van Sant abbia continuato ad indagare l’alienazione degli adolescenti e stia ora girando un film sul primo attivista gay eletto a S. Francisco in una carica pubblica e subito dopo assassinato da un omofobo. Il Festival presenta anche la sua prima opera “Mala Noche” del 1985 completamente restaurata. Molto attesa è anche la seconda opera di Tom Kalin “Savage Grace”, storia di una madre (interpretata da Julianne Moore) che cerca di “curare” l’omosessualità del figlio. Anche l’ultima opera di Gregg Araki “Smiley Face”, pur non essendo propriamente un film “gay”, ci presenta in modo anticonvenzionale e tagliente un personaggio col suo caratteristico stile provocatorio; così come l’ultima opera di Todd Haynes “I’m Not There” sulla biografia, del tutto anticonvenzionale, di Bob Dylan.
Altro importante tema del Festival è l’oppressione subita dai gay nei paesi mussulmani, analizzata da tre importanti film tra i quali anche il nostro “The Beirut Apt” di Daniele Solaris che ci mostra le reazioni di alcuni omosessuali di fronte all’aumentata repressione degli Hezbollah in Libano. Gli altri due titoli sono l’acclamato “A Jihad for Love” di Parvez Sharma che intervista alcuni devoti mussulmani gay che tentano di riconciliare la loro fede con la loro omosessualità; e “The Birthday” di Negin Kianfar che ci racconta la condizione dei transessuali in Iran dove questo “genere” viene incoraggiato come una soluzione per risolvere il problema dell’omosessualità.
Sono quattro i titoli selezionati dal Festival come film evento per le serate di gala: il documentario “A Jihad for Love”che sta diventando un punto di riferimento per il dibattito su Islam, Islamofobia e omofobia; “Amore e altri disastri”, una commedia romantica e sofisticata ambientata a Londra stile anni venti; “Vivere” di Angelina Maccarone, un’elegante indagine sulla sessualità femminile e sulle relazioni interpersonali; “XXY” ci presenta un adolescente intersessuale sulla difficile via dell’autoaccettazione.
Nella selezione dei film europei abbiamo ben tre lungometraggi italiani (da segnalare anche il corto “Paillettes” (4′) di Cinzia Pedrizzetti): la prima mondiale di “The Beirut Apt” del nostro Daniele Salaris, un’indagine intima e sociale sulla condizione di gay e lesbiche nel mondo arabo; “Saturno contro” di Ferzan Ozpetek, che ci racconta come può venire sconvolta la vita di un gruppo di amici quando uno di loro viene improvvisamente ricoverato in ospedale; “Riparo” di Marco Simon Puccioni, un film di notevole qualità artistica sulle contemporanee barriere sociali che spesso si trovano sulla strada dell’amore e dell’accettazione.
Tra gli altri titoli di questa sezione ricordiamo l’ultima opera di Bruce LaBruce, “Otto; Or, Up With Dead People”, il documentario su Derek Jarman di Isaac Julien, “Derek”, l’ambiziosa e riuscita ultima opera di François Ozon, “Angel”, e la commedia nera spagnola “Chuecatown” di Juan Flahn, già sceneggiatore di “Mujeres”.
Nella sezione “Migliori dell’anno” vengono presentati tre titoli: Les Chansons d’amour di Christophe Honoré, unoa straordinaria storia parigina di amore, sesso fluido, perdita e felicità; The Walker di Paul Schrader, con Woody Harrelson che supera se stesso in una misteriosa storia di omicidio con diversità; La naissance des pieuvres di Céline Sciamma, uno studio sulla giovinezza e la femminilità meravigliosamente girato e interpretato.
Il Festival non è competitivo ma una improvvisata giuria di critici cinematografici ha pubblicato sulla rivista “Sight & Sound” i cinque titoli giudicati migliori tra tutti quelli presentati al festival di quest’anno, che sono:
“Avant que j’oublie” diJacques Nolot (Francia 2007)
“A Jihad for Love” di Parvez Sharma (US 2007)
“Otto; Or, Up With Dead People” di Bruce LaBruce (Germania/Canada 2007)
“Water Lilies” di Céline Sciamma (Francia 2007)
“XXY” di Lucia Puenzo (Argentina/Spagna/Francia 2007)
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