"NESSUNA QUALITA' AGLI EROI" DELUDE VENEZIA

Un film d’autore, in gara anche per il “Queer Lion”, che non trova il coraggio di andare fino in fondo e lascia troppi temi scoperti

Nessuna qualità agli eroi è un film difficile, di quelli che solitamente chiamiamo “d’autore”, ma che in questo caso è difficile anche perchè complesso, irrisolto e forse con troppa carne al fuoco. Il regista a Venezia è stato sotto il tiro incrociato di molti, che lo accusano soprattutto di essere poco chiaro e troppo ambiguo. Anche a noi il film è parso ambiguo, oltre che nella trama e nella forma stilistica (film psicologico, film noir, film estetizzante, antonioniano), soprattutto nella paura di andare fino in fondo al rapporto tra i due protagonisti, lasciando nel vago un’omosessualità strisciante, mascherata dalla tematica padre e figlio, anch’essa comunque irrisolta, e da una ricerca sulle tensioni psicologiche e sessuali dei protagonisti che dovrebbe fare riferimento a difficili e inconcluse problematiche famigliari. Avrebbe potuto essere un bellissimo film sulla ricerca delle identità, sulla frustrazione e magari liberazione di corpi e anime insoddisfatte … Le idee ci sono, la qualità anche, manca solo il coraggio di andare fino in fondo, portando nel bene o nel male, un po’ di chiarezza. Il regista ha voluto fare un film per tutti, nel senso che ognuno potrebbe trovarci dentro tutto quello che vuole, ma il risultato ci sembra invece un film che scontenta tutti.

Riportiamo brani dalle varie recensioni apparse sulla stampa di oggi.

«Il film parla di conscio e inconscio e io suggerisco una lettura psicoanalitica. Se uno non uccide il padre non acquista sanità mentale. Ma il padre è anche il super-Io. Fuori da letture realistiche, ma piuttosto simboliche… Ci sono valori molto profondi nel cunnilingus, e la masturbazione è ribellione all´autorità. Ho anatomizzato l´inconscio. Anche il vomito: tentativo di liberarsi del senso di colpa. E´ un film sulla malattia mentale, sul passaggio tra depressione e psicosi»… «Uno psichiatra intelligente ha detto che avrei dovuto farli scopare. Io indago nell’inconscio in chiave psicologica, per esperire l’inconscio senza dire»…«la masturbazione è una grande ribellione anarchica, politica esistenziale di fronte all’autorità del potere dell’arte: avrei voluto di più, peccato di essermi negato l’amplesso consigliato dallo psicanalista»… «non ho fatto un film da voyeur, ma un’indagine su sofferenza e malessere che passano anche dalla camera da letto: una storia sul passaggio dalla depressione alla psicosi, sul difficile equilibrio tra il reale e un inconscio che ho cercato di anatomizzare…» (Paolo Franchi, il regista)

… Un merito bisogna subito riconoscerlo al film di Paolo Franchi Nessuna qualità agli eroi: l’ambizione di volare alto, di inseguire una rigorosa linea autoriale. E, conseguentemente, di chiedere allo spettatore uno sforzo di concentrazione e di attenzione superiore a quello che solitamente si mette in gioco per un tradizionale film narrativo. Qui invece di narrativo, di lineare c’è ben poco. Piuttosto i due protagonisti, il quarantenne Bruno e il ventenne Luca, intessono una relazione che confonde realtà e incubi, conscio e inconscio, paure e desideri, alla ricerca di un’identità che sembra continuamente sfuggir loro… La storia è costruita sull’ambiguo rapporto che si instaura tra i due, sulla misteriosa sparizione del padre di Luca, sulla scoperta che è stato assassinato, sulla crisi sempre più profonda che impedisce a Bruno di trovare un vero conforto nella moglie. Una specie di ragnatela di tensioni e di azioni che Franchi racconta affidandosi alla forza suggestiva delle immagini e dei silenzi. Antonioni è il riferimento d’obbligo, ma anche la pittura di Beacon torna in mente di fronte a certi corpi «straziati», a certi dolori che uniscono carne e anima. E gli improvvisi scoppi di sessualità trovano una loro giustificazione nella voglia di «dare forma » alla parte più istintuale e repressa dei due protagonisti… (Paolo Mereghetti – Corriere della Sera)

… il film non è troppo appesantito dalla sua perizia tecnica, anzi è sul visuale che punta di più (anche se non ancora come dovrebbe, qualche linea di dialoghi è pletorica): il primissimo piano, quasi un dettaglio continuo, è sulla pelle imperfetta e trasparente e sui peli e sui nei tristi degli attori, sulla carne e sul sesso più sbiancato che godereccio, più foruncoloso che eccitante, equivalenza della morte che, in primissimo piano, già lavora e maneggia su quei fantasmi di esseri viventi. Ma l’idea forza di soffermarsi sulla equivalenza di «sterilità uguale morte», è ripetuta fino allo sfinimento… (Roberto Silvestri – Il Manifesto)

… Intrigante, ma le potenzialità potevano essere più liberate. Se la suggestiva ipotesi che Luca non esista, che sia solo un doppio immaginario di Bruno e frutto del suo delirio, che – come dice il regista – «Luca sia l´inconscio di Bruno», fosse stata meno frenata da preoccupazioni teoriche, da ragionamenti… (Paolo D’Agostini – La Repubblica)

… Con disagio e diffidenza, tra i due uomini, il quarantenne senza qualità e il ragazzo senza gioia, nasce un legame speciale; e il gesto finale dell’adulto sembra confermare il suo bisogno di paternità e di un senso da dare alla propria vita. I due personaggi perduti sono costruiti con sapienza, senza sentimentalismo. L’analisi psicoanalitica è rispecchiata dai rapporti sessuali ansiosi d’abbandono oppure onirici, tra i più arditi sinora visti alla Mostra… (Lietta Tornabuoni – La Stampa)

… Dispiace che il giudizio su Nessuna qualità agli eroi non possa che essere drastico: il film è sbagliato, perché accoppia l’incompiutezza di fondo a un’enorme ambizione; perché non sa decidere se essere un thriller, un apologo sulla new economy o un dramma psicologico con tanto di «doppio» dostoevskiano; perché è formalmente bello ma terribilmente noioso; e perché il regista, non fidandosi delle immagini, ha infarcito il film di una musica violenta ed effettistica che dovrebbe creare tensione quando sullo schermo non sta succedendo letteralmente nulla… (Alberto Crespi – L’Unità)

… Antonioni è appena morto e alla Mostra di Venezia Paolo Franchi lo evoca col suo film sull’alienazione borghese… ci si è chiesti perché la vicenda affastellasse tanti disagi senza svilupparne nessuno a dovere fra sterilità, usura, fallimento, parricidio, autoaccusa di un innocente. Tutto ciò si riversa sullo spettatore senza che le disgrazie dell’uno (Bruno Todeschini) confluiscano in quelle dell’altro (Elio Germano) in modo convincente… (Il Giornale)

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