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Questo toccante documentario, della regista Sonia Herman Dolz, racconta gli ultimi giorni di vita del ‘Bodega Bohemia’, locale situato nell’antico quartiere Raval di Barcellona, noto per il suo cabaret di travestiti e chiuso nel 1998, dopo 104 anni di storia, in seguito alla morte dell’ultimo proprietario.
Il film si concentra sulle storie di alcuni artisti del locale, un gruppo di attempate Drag Queen (la maggiore delle quali ha 77 anni), che di giorno conducono esistenze anonime, quasi ai margini della società e le cui vite cambiano completamente ogni sera, non appena esse iniziano a truccarsi tra le mura della Bodega Bohemia, divenuta per loro una seconda casa, gestita in modo paterno dal padrone Enrico. ‘Yo soy asi’ è anche il nome del cavallo di battaglia del trasformista Mario, che quando è in abiti maschili vive in un minuscolo appartamento al quarto piano senza ascensore di un vecchio palazzo del quartiere e accudisce la sua anziana e malata padrona di casa.
Girato in 35 mm, il film rimanda lo spettatore indietro negli anni, evidenziando il passaggio del tempo e la fine di un’epoca con immagini dei vicoli del quartiere Raval (o quartiere cinese) un tempo sporchi e desolati e ai giorni nostri oggetto di pesanti interventi di ristrutturazione. Da questo documentario l’attrice transessuale Vanessa Van Durme ha tratto l’idea per lo spettacolo teatrale ‘Gardenia’ realizzato dal coreografo Alain Platel e dal regista Frank Van Laecke, spettacolo che ha recentemente riscosso un grande successo in tutta Europa, Italia compresa. La regista di documentari Sonia Herman Dolz, olandese, ma nata a Madrid nel 1962, era già nota al pubblico per i suoi documentari ‘Romance de Valentía’, sul mondo dei combattimenti con i tori, e ‘Lágrimas Negras’ che seguiva il tour europeo di un gruppo musicale cubano composto principalmente da anziani artisti ‘La Vieja Trova Santiaguera’. (R.M.)

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CRITICA:

This is a very interesting film, because it portrays very unique characters of the society, decadent artists, people that like to act no matter the quality of their performances, but being on stage gives to them a reason to keep with their miserable lives. These freak people are kindly portrayed by the author avoiding to show the most morbid aspects, and creating empathy for these outsiders. One wonders what will happen to them after the closure of the Bodega Bohemia Cabaret. (Esthers, Imdb)

“…The film chronicles the closing days, following the death of its owner, of La Bodega Bohemia, a popular Barcelona nightspot, where many of the performers shuffle in with walking sticks but come alive as they don their wigs and makeup. Father figure to the extended family is host and manager Enrique, while his mentally handicapped, adopted middle-aged son serves as a kind of mascot to the club and its regulars. These range from transvestites to a singing plumber to an old woman who sells lottery tickets and black-market cigarettes in the street outside, and who occasionally wanders in to dance a clumsy Sevillana. In the somewhat meandering opening reels, especially, Herman Dolz’s affection for the delightful subjects allows her to linger unduly over the introductions. But once the Bohemia’s fading stars start talking about their lives — they have in common a fairly meager existence in humble apartments — the film develops a disarming, unforced pathos. This builds to an affecting conclusion at the club owner’s funeral, which doubles as a farewell to the de facto family’s sanctuary. Hans Fels’ camera atmospherically captures the shadowy decadence of Barcelona’s old quarter, where the club and most of the performers’ homes are located.” (David Rooney, Variety)

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