Un thriller psicologico, che in inglese ha il significativo titolo “Rift” (crepaccio, rottura), un horror anomalo, cioè diverso da quelli americani pieni di sangue e colpi di scena spesso fini a se stessi, con l’unico scopo di farci sobbalzare sulla sedia. Diverso anche perchè tutto impostato sulla vicenda di una coppia gay, la storia di un amore finito che forse completamente finito non è. Il regista e sceneggiatore Erlingur Thoroddsen è un omosessuale dichiarato, da sempre innamorato del genere horror (si lamenta ancora perchè da piccolo non lo lasciavano andare a vedere film horror e allora s’inventava lui storie horror). In questo suo secondo lungometraggio, girato in grande economia (anche gli attori sono pochissimi), ha voluto unire horror e romanticismo, sullo sfondo dei bellissimi paesaggi vulcanici dell’Islanda. Il film è lento, anzi lentissimo, pieno di interrogativi che spesso rimangono irrisolti. Sicuramente non è un film per tutti, ma se vi abbandonate al suo ritmo ed ai sui misteri ne rimarrete soggiogati fino alla fine, merito anche di un’ottima fotografia e soprattutto di due interpreti eccezionali (due famosi attori teatrali che si adeguano perfettamente all’alchimia cinematografica). La storia potrebbe essere tutta interiore, un’allegoria psicologica, basata su demoni del passato che i protagonisti non hanno ancora elaborato e che ancora li perseguitano. Ma potrebbe essere anche un terribile fatto di cronaca nera, di omofobia. Gunnar (Björn Stefánsson) vive col suo giovane e carinissimo compagno (che purtroppo abbandoniamo subito) quando riceve una telefonata notturna dal suo ex fidanzato Einar (Sigurður Þór Óskarsson) che gli chiede: “Hai mai avuto questa sensazione quando ti svegli nel bel mezzo della notte, come se qualcosa fosse lì con te al buio? … O qualcuno?”. Gunnar si sente preoccupato, ha paura che il suo ex stia per farsi del male e decide di andarlo subito a trovare nella piccola e isolata casetta, chiamata Rokkur, dove in passata hanno convissuto. Scopriamo subito che tra i due uomini c’è ancora molto feeling (vediamo Gunnar che spia l’amico mentre si sta svestendo) subito ci domandiamo perchè mai si siano lasciati (ma sembra che anche loro se lo stiano domandando). Ma non importa, a volte ci si lascia per delle sciocchezze, per scoprire poi che vorremmo ritornare indietro. E sembra proprio il caso di Gunnar e Einar, che ancora si desiderano, ma faticano ad ammetterlo. Pian piano, arriveranno a riconoscerlo e a fare l’amore di nuovo, in una bellissima e romantica scena. Noi intanto ci siamo dimenticati di stare vedendo un film horror, sebbene i due protagonisti vengano allarmati da una presenza esterna alla casa. Siamo interessati, attraverso le loro intime confidenze, a scoprire il loro passato e la loro storia. Gunnar racconta che la sua prima esperienza sessuale è stata un abuso da parte di due uomini anziani, cosa che però alla fine non gli dispiacque. Einar invece racconta di un amico immaginario che aveva dall’età di cinque anni e che ha dovuto abbandonare quando i genitori cambiarono luogo e casa. Ognuno dei due uomini sembra far proprie le storie del compagno, segno di una grande simbiosi, ma anche di un destino forse segnato…
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