Il Pozzo

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Il Pozzo

Una donna matura vive col padre in una fattoria isolata. La sua vita viene turbata dall’arrivo di un’altra donna più giovane, assunta come domestica. Alla morte del padre, la figlia prende la gestione della tenuta. L’altra diviene sua amica intima. E quando investe per errore con la macchina un uomo, la padrona fa scomparire il cadavere in un pozzo abbandonato. Il film, presentato a Cannes nel 1997, non fu accolto bene dalla critica ma è diventato col tempo un piccolo cult del genere thriller psicologico. L’omosessualità della protagonista non viene esplicitata, almeno in scene di rapporti sessuali, ma è il tema di fondo del film: una sessualità che non ha mai potuto esprimersi, duramente e forse inconsapevolmente repressa per tutta una vita, che ha plasmato un carattere duro e ostile, viene ora smascherata da un legame affettivo profondo che potrebbe essere l’ultima ancora di salvezza … ma la persona incontrata non è proprio quella giusta.

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Un commento

  1. Il film è lento, claustrofobico, incentrato sull’analisi delle due donne protagoniste assolute e sul rapporto che si viene a creare fra loro.. Ci sono degli spunti interessanti, soprattutto per chi ama il genere thriller psicologico..

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Molte idee interessanti hanno saldato la collaborazione fra la sceneggiatrice Laura Jones e la regista esordiente Samantha Lang. Una è quella del possesso: “Una delle donne ha un forte senso dell’appartenenza ad un luogo e della proprietà. L’altra non ha radici e non possiede nulla. La storia pone degli interrogativi: è possibile possedere la terra? è possibile possedere una persona”. Patricolarmente efficace il simbolo del pozzo come un luogo di occultamento. “Il pozzo diventa una metafora del rapporto fra Katherine e Hester. I particolari nascosti della psiche di Katherine emergono a seguito di un trauma mentre, contemporaneamente, il pozzo fa emergere il proprio segreto”. L’altro tema del film è quello della sessualità femminile: ecco due donne accomunate dal fatto di non aver preso coscienza della propria sessualità e in cui, tuttavia, questa condizione si manifesta in modo diverso. Hester, una donna matura che ha represso la propria sessualità e ha probabilmente abbandonato la speranza di conoscere il piacere fisico e Kathenine, una ragazza dalla sensualità ingenua, vagamente consapevole delle potenzialità del suo corpo, dell’attrazione che esercita. Se all’inizio il loro rapporto ricorda più quello adolescenziale di due compagne di scuola, successivamente si trasforma in qualcosa di molto più pericoloso e insostenibile. (Alessandro Bencivenni su Clarence)
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Quando venne presentato in concorso due anni fa al festival di Cannes, del primo lungometraggio della regista australiana Samantha Lang si sussurravano meraviglie provocatorie. Sarebbe stato, si diceva, il nuovo “Sweetie” (il primo film di Jane Campion che, proprio a Cannes, aveva suscitato scalpore e spaccato la critica), altrettanto forte e spiazzante, nella storia come nella concezione visiva. Delusione repentina e cocente. Dopo una ventina di minuti appena, dopo un po’ di suggestioni del paesaggio australiano e un’iniziale curiosità per il misterioso riserbo che circonda le due protagoniste, “Il pozzo” si rivela in tutta la sua pretestuosa fragilità: tra thriller psicologico e analisi di una relazione contraddittoria, ammalato di profondità erotica ma incapace di trasmetterla agli spettatori, sempre tentato dall’horror ma troppo “alto”, nelle intenzioni, per tuffarcisi. Resta un film francamente noioso e presuntuoso, illuminato solo dalla bellezza rosea di Miranda Otto, che svetterà poi luminosa (e molto più brava di quanto non appaia dal film della Lang) in “Patsy Cline”. (Emanuela Martini, FilmTV)

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