Night Flight

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Night Flight

Il TGLFF, il festival gay torinese, dedica al regista coreano Hee-il Leesong uno speciale con la proiezione di alcuni suoi lavori fino al recente “Night Flight” presentato con successo alla Berlinale 2014, che sarà al centro di una serata sul bullismo. Hee-il Leesong, un regista che cresce ad ogni opera, si dimostra uno degli autori più importanti ed influenti del nuovo cinema queer e non solo.
Questo film, attraverso la storia di tre adolescenti, è il ritratto duro e intenso, tra melò e violenza, di come le nuove generazioni della Corea del Sud vivono e si confrontono con l’omosessualità e la complessità sociale. Yong-ju (Kwak Si-yang) e Gi-taek (Choi Jun-ha) sono due ottimi amici. Entrambi devono far fronte al duro impegno scolastico delle scuole superiori, particolarmente selettive in quel Paese, con l’obiettivo di essere ammessi all’università di Seoul. Ad appesantire le cose ci si mette il bullismo dell’elite della scuola che perseguita il povero Gi-taek, caduto al livello più basso delle gerarchie, mentre Yong-ju, cresciuto da una madre single, deve vedersela anche con la propria omosessualità, impossibile da dichiarare per paura delle conseguenze. Yong-ju, dai tempi delle medie, ha una segreta cotta per Gi-woong (Lee Jae-joon), un ragazzo dalla vita assai travagliata che grazie alla sua abilità lottatoria è diventato il capetto dei bulli, quasi un piccolo gangster. Quando Yong-ju decide di venire allo scoperto con Gi-woong, inizia una spirale di violenza difficile da fermare…
Il ‘Night Flight’ del titolo è in realtà un bar gay abbandonato in una parte della città che si sta lentamente degradando in attesa di una riqualificazione. Intanto è diventato un luogo di battuage e di rifugio per i soggetti che la società emargina. La scuola che ci viene raccontata nel film è un microcosmo che ripete nel suo piccolo le più ampie dinamiche sociali, del potere e dell’ambiente produttivo, dove vige una dura lotta per la sopraffazione e la gerarchizzazione che porta ad una drastica separazione tra coloro che raggiungono il successo e gli ultimi, ritenuti incapaci o socialmente inaccettabili. I tre protagonisti del film sono guardati con occhio attento e pietoso dal regista che riesce a farci comprendere il dramma e gli oscuri ricordi del loro passato, così come le sofferenze del presente e le incertezze del loro futuro. Ma la regia vuole mostrarci, attraverso loro, molto di più: un grande affresco sui problemi della società coerana contemporanea, tipici di molte società industrializzate, come la forte pressione e repressione del sistema educativo, la divisione sempre più accentuata delle classi sociali, l’emarginazione di chi non riesce ad integrarsi , anche solo per il fatto di vivere in una famiglia monogenitoriale. L’omosessualità diventa una condanna, viene rifiutata in quanto rappresenta un’alterità fuori dai canoni, mentre, sembra suggerirci il regista, solo accettando l’alterità e la diversità possiamo migliorarci e migliorare la società tutta.

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Un commento

  1. solokiefer

    Ovvero come fare un film romantico su adolescenti gay in età scolare e non essere mielosi, patetici e buonisti.
    La vicenda riguarda due giovanissimi, Hong-Ju e Gi-Woog, conoscenti da molti anni, ma con stili di vita assai diversi: il primo bravo a scuola, un po’ maldestro, consapevole della sua omosessualità e innamorato da sempre del secondo, che invece è coinvolto nella malavita, a scuola è il capo di una gang che bullizza chiunque, anche se sotto questa tenebrosità riusciamo ad intravedere un animo nobile (la solita storia di Candy e Terence, per intenderci).
    Oltre che una splendida fotografia e ottima interpretazione, la forza di questo film sta nell’equilibrio costante che il regista tiene per non far diventare una pellicola a tematica adolescenziale, ma una storia molto più potente ed universale sulla debolezza, sull’emarginazione, sulla difficoltà di essere giovani ed inesperti.
    Anche se lunghetto, non annoia mai.

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RECENSIONI:

In coreano un termine per definire l’omofobia non esisteva: ce lo dice il regista LeeSong Hee-il, di ritorno a Berlino. In Corea del Sud, le coppie tra persone dello stesso sesso non hanno mai destato scandalo. Nel mondo globalizzato però circolano i comfort ma anche i problemi. E il pregiudizio omofobico si è diffuso anche in Corea, costringendo di fatto a coniare un termine per indicare il fenomeno (o per meglio dire, il reato), da inserire nei vocabolari coreani. LeeSong si presenta in Panorama con un film di quasi due ore e mezza, titolo originale Ya Gan Bi Haeng, ma noi lo chiameremo con l’internazionale Night Flight: che è non solo la location fondamentale del film, ma anche un effettivo volo di notte, nel buio, attraversare il neo-oscurantismo dei pregiudizi omofobici e non sapere dove poggeranno i piedi. Il regista aveva già diretto un film sulla stessa tematica, White night (Baek Ya), presentato l’anno scorso nella sezione Panorama della Berlinale. Il suo ritorno, nonostante la considerevole durata del film e l’orario proposto (è finito all’una), ha ricevuto un’accoglienza calorosa e il film ha convinto, capace di coinvolgere ed emozionare, anche se un taglio di una ventina di minuti non guasterebbe.
Night Flight come un locale gay chiuso da poco, all’ultimo piano di un palazzo, dove il protagonista e un suo vecchio flirt sono soliti darsi appuntamento. Ma anche come il volo nella notte, nel buio, il suicidio dalla cima di un palazzo di un ragazzo gay, citato a inizio film. In parole povere: il trauma. A dispetto delle premesse tematiche, tutta la prima parte del film è molto calda: Yong-ju è uno studente modello all’ultimo anno di liceo prima di tentare all’ammissione all’università di Seoul. Col sorriso stampato in faccia e una madre single disperatamente in cerca di un uomo, scorrazza per la città in bici e reflex. E’ omosessuale e si vede spesso con un amico gay più giovane nei locali abbandonati del Night Flight. A scuola e nelle strade subiscono il bullismo delle teste calde dell’istituto, che si fanno offrire sigarette e giocano a punching machine con un amico di Yong-ju. Il vero problema è quando Yong-ju comincia a imbattersi ripetutamente in Gi-woong, ex-amico d’infanzia e capo dei bulli, ma anche con veri intrallazzi criminali, complice una pessima situazione familiare. I due sono nella stessa classe ma Gi-woong non gli rivolge la parola da anni. E naturalmente, Yong-ju se ne innamora. Il fatto che Gi-woong gli freghi la bici per scappare a una banda rivale diventa, per il giovane studente, il pretesto per stargli alle calcagna. Anche se l’amico con cui si vede sempre al Night Move lo ammonisce: “Mai innamorarsi di un etero…”
Il racconto che si sviluppa è delicato e feroce, un fragile ossimoro per un film che mescola così bene le atmosfere in contrasto, le scene più calde e allegre, quelle più romantiche, unite a quelle tristi se non crudeli. Il pregio maggiore del film è la sua verosimiglianza e la forte coerenza che trascinano lo spettatore in una storia ricca di sfumature e dettagli. Impossibile non empatizzare col simpatico protagonista, impossibile anche restare indifferenti di fronte ai guai che dovrà affrontare. LeeSong è abilissimo, sia nella scrittura (che ha curato da solo) sia nella regia, molto sciolta e scorrevole, con alcune prodi finezze e con dolly svolazzanti che seguono i personaggi nel luogo oscuro per eccellenza: sotto un cavalcavia autostradale, tra fango e vegetazione incolta, dove i piccoli boss della scuola si radunano ogni giorno. Stupende le luci delle scene in cima al palazzo, nel Night Flight, o la gita in bicicletta dei protagonisti. Feroce e brutale, questi due gusti si mischiano rendendo efficace il film e il suo messaggio.
Non si tratta solo di un bel film, ma anche di un forte messaggio sull’omofobia, tema su cui il nostro paese ha grande bisogno di riflettere.

(Luca Chiappini, Everyeye.it)

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