Nathalie…

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Nathalie…

Un film che tratta un argomento interessante con poca verve e qualche titubanza. Purtroppo parlare di questo film (e inserirlo in questa categoria) significa svelarne in parte il contenuto. I protagonisti, tutti grandi nomi, sembrano più simili a manichini che a personaggi tormentati interiormente, soffrono purtroppo di una regia timida e senza carattere. Siamo all’interno di un ambiente alto borghese (la protagonista è una chirurga sposata ad un industriale) dove una coppia con figlio ormai adulto sembra entrare in crisi per un ipotetico tradimento del marito. La moglie Catherine (Fanny Ardant), decide di indagare sulla fedeltà del marito, Bernard (Gerard Depardieu), assoldando una prostituta, Marlene/Nathalie (Emmanuelle Béart), perchè lo induca in tentazione. L’operazione ha successo ma Catherine sembra più interessata alle descrizioni degli incontri sessuali di Marlene col marito che ad altro… Quello che dovrebbe essere un colpo di scena finale appare invece chiaro sin dalle prime scene e dai primi sguardi tra le due protagoniste (e non occorre essere lesbiche per comprenderlo). Peccato che tutto si fermi qui e che per quasi due ore il film non faccia che ripetersi fermo su quest’unica idea che avrebbe potuto essere l’avvio per una approfondita analisi dei sentimenti e delle identità. Praticamente inesistenti le scene hot pubblicizzate dai media.

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7 commenti

  1. istintosegreto

    L’dea di base di questo film non è originalissima, ma nemmeno da buttare: analizzare il torbido legame che si stabilisce tra la moglie e l’amante di un imbecille borghese di mezza età. Certo però, che con due attrici di quel calibro si poteva osare molto, ma molto di più. Alla fine resta solamente il ricordo delle curve perfette della Béart. Amiche lesbiche vi avverto che la francesina indossa alcuni négligé che farebbero risuscitare un morto. Me la mangiavo con gli occhi perfino io…

  2. msSchneeheide

    Molto sospeso, un film che lascia così.
    La dinamica tra i due coniugi mi è stata difficile da capire.
    Ma la bellezza, l’atmosfera, il nocciolo duro impalpabile, il film è proprio quello che qualcuno sopra critica parlando di ‘manichini’… mentre invece, credo, è questo che si vuole: non rappresentare motivazioni e psicologia a mo’ di romanzo ottocentesco, ma mostrare da modernisti una storia, degli avvenimenti possibili, con distacco rispettoso, perché l’essere umano (ma l’essere, in genere) è così complesso che cercare di entrarvi dentro, ridurlo e spiegarlo, forzarlo a una fantomatica coerenza, sarebbe semplificare e sminuire la realtà

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Critica “Se a dirigere un simile soggetto fosse stato un autore che di donne se ne intendeva, come François Truffaut oppure Claude Sautet, non avremmo avuto dubbi sulle macchinazioni femminili, sull’ambiguità di certi traguardi, sulla possibilità di decifrare parte di quell’universo. La regista Anne Fontane muove il gioco con notevole inettitudine, mortifica una materia non banale, appiattendo i personaggi, che agiscono in un clima letargico e così i tre formidabili attori sono malamente sprecati. Ed allo spettatore viene affidato il compito di decifrare gesti e comportamenti dei personaggi, in forma interattiva, ma senza istruzioni per l’uso.” (Adriano De Carlo, ‘Il Giornale’, 15 ottobre 2004)

“C’è parecchio d’irritante, ma anche qualcosa di struggente nel film di Anne Fontane. Assai più che al sesso, la regista s’interessa al desiderio: desiderio spento, per procura: desiderio cerebrale che non ha più nulla di carnale. Impone alle interpreti femminili dialoghi troppo crudi per essere del tutto onesti, mentre spalma sulle sequenze una vernice di lontananza, ‘chic’, come a voler prendere le distanze del sospetto di voyeurismo.” (Roberto Nepoti, ‘la Repubblica’, 15 ottobre 2004)

“Intrigante ‘Nathalie’… dove Anne Fontaine impagina e scompagina desideri, vita reale e sognata facendo incontrare straordinari attori in un triangolo interiore. Fin troppo spiegato, quando il disegno è già eccessivamente chiaro.” (Leonardo Jattarelli, ‘Il Messaggero’, 15 ottobre 2004)

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