Kika, un corpo in prestito

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Kika, un corpo in prestito

Nella ricca residenza alle porte di Madrid, casa Youkali, muore in dubbie circostanze la moglie dello scrittore Nicolas Pierce. Il figliastro, Ramòn, fotografo di moda, è sconvolto. Questi convive con la truccatrice Kika, ex amante del patrigno, che aveva conosciuto sul set di una televisione e che l’aveva chiamata a truccare Ramòn, cardiopatico, ritenuto a torto defunto. Andrea “la sfregiata”, ex compagna di Ramòn, da lei falsamente accusato dello sfregio, presenta alla tv un dramma basato sui fatti più ripugnanti della giornata, che si procura pagando due poliziotti compiacenti. Ramòn chiede a Kika di sposarlo e le dona un anello, mentre Nicolas si sollazza con una biondona misteriosa, Susana. Frattanto Juana, la cameriera di Kika, lesbica, le confida di avere avuto rapporti giovanili col proprio fratello Paul Bazzo, ex attore porno, detenuto fuggito durante un permesso per partecipare ad una processione penitenziale. Paul, introdottosi in casa di Kika, dopo aver legato la consenziente sorella per rubare qualcosa e nascondersi, violenta Kika mentre un individuo con la telecamera riprende la scena ed avverte i poliziotti amici di Andrea. Paul riesce a fuggire e ruba la moto alla sopraggiunta giornalista, che tenta invano di intervistare Kika. L’individuo “osservatore” non è che Ramòn, e Kika, saputolo, se ne va di casa, seguita da Juana, che le svela la verità sul fratello. Mentre la visione di un film suggerisce a Ramòn che il patrigno abbia assassinato la madre, Andrea scopre nel filmato dell’incontro di costui con Susana, che l’uomo l’ha uccisa. Infatti l’ha trasportata a Youkali, dove il figliastro lo affronta, avendo scoperto nei diari della madre la prova del delitto, ma lo choc di vedere il cadavere di Susana gli procura un collasso. Andrea giunge decisa a sfruttare i delitti di Nicolas per un servizio esclusivo, disposta a lasciarlo scappare prima di trasmetterlo in televisione. Ma l’uomo tenta di ucciderla con un attaccapanni: lei gli spara ad una gamba, tenta di farlo parlare, ma lui l’attacca ancora e viene ferito a morte, non senza però averla eliminata. Kika, ricevuto in testamento l’ultimo libro dello scrittore che spira tra le sue braccia si allontana sconvolta in automobile. Si consola però con un giovane da poco incontrato che l’accompagna ad una festa di nozze in campagna. (Cinematografo)

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4 commenti

  1. zonavenerdi

    Che dire: è un film terribile, senza ne capo, ne coda … ne una trama. A parte poche eccezioni è terribile come la maggior parte dei film di Almodovar. Prima non vedevo i film di Almodovar perchè mi facevano una brutta impressione, poi ho iniziato a vederli e ho scoperto che è yun regista di gran lunga sopravvalutato.

  2. istintosegreto

    A volte capita di rivedere un film e rivalutarlo. Non è questo il caso. Anzi, la mia opinione è peggiorata. La parte commedia annoia. La parte noir è banale. Si salva solo la denuncia rivolta al giornalismo di cronaca. E forse solo grazie alla Abril, che è una punticina più sciacalla e grottesca di tanti giornalisti veri; quel tanto che basta per renderla simpatica. Caro Pedro, nel ’93 hai toppato.

  3. Uno dei pochi film di Almodovar che non avevo visto. Bruttissimo, senza capo né coda. Almodovar è stato grande a metà carriera, ma sia i suoi inizi che i suoi ultimi film sono pessimi. All’inizio voleva forse solo divertirsi dietro la macchina da presa e ora forse deve solo fare bilancio economico. Non ho capito nemmeno il senso del titolo. Inguardabile, noiosissimo.

  4. cypsel79

    il peggiore film di almodovar tra quelli che ho visto (quasi tutti). confusionario, intricato, non si sa bene dove voglia andare a parare.. unico elemento da salvare: il personaggio della abril (fantastica, l’unica cosa veramente iconica e memorabile del film, seppure sia volutamente odiosa); il resto è dimenticabile, la lesbica de palma non è un gran personaggio, anche se è rimarchevole che ci sia, la forqué è insopportabile (ma fa sempre lo stesso personaggio? l’avevo vista in precedenza in “reinas”, praticamente uguale a se stessa), i personaggi maschili sono incolori tranne ramòn che un po’ si salva. bocciato, 4.

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Varie

“Comico, sessuale, sarcastico, ‘Kika’, che per via di contese giudiziarie esce in Italia con un anno di ritardo sul resto d’Europa, è quasi un’antologia, un collage o un pastiche del cinema di Almodòvar, quasi una sintesi d’addio a quel mondo e a quello stile bizzarro, spiritoso, erotico, anarchico e brillante che ha reso celebre e fatto amare nel mondo il regista spagnolo quarantaquattrenne. Appena un po’ stanco, a volte ripetitivo: ma è nel caso la ripetizione di personaggi e avventure così divertenti, così intelligenti che (capita anche con Woody Allen) li si rincontra sempre con gran piacere.” (Lietta Tornabuoni, ‘La Stampa’, 21 gennaio 1995)

“Commedia e psicodramma, thriller e mélo, farsa scatenata e pamphlet, meta-film e bomba “intelligente” lanciata contro la tv che si ciba di orrori. L’ultimo film di Almodòvar è un collage di generi e di idee; un mosaico esplosivo riincollato pezzo per pezzo ma non sempre in ordine, un labirinto in cui lo spettatore si perde se cerca la strada ma la trova se non la cerca. Chi non ha mai capito Almodòvar lo detesterà. Chi lo ama stenterà a seguirlo ma lo sforzo vale il risultato. Anche se la sorpresa e l’emozione di un tempo hanno ceduto il passo a un disincanto appena addolcito dallo humour sfacciato di sempre e mascherato da una vera cascata di invenzioni visive e di regia.” (Fabio Ferzetti, ‘Il Messaggero’, 21 gennaio 1995)

“Si può accettare tutto? Le intenzioni sì, ed anche lo stile di rappresentazione, colorato, tenuto sempre, con qualsiasi clima, al diapason, anche nei dettagli minimi, la struttura narrativa no, perché Almodòvar, volendo raccontare molto e sotto molti aspetti anche contraddittori, ha finito per affastellare fatti e personaggi a volte perfino con un disordine non privo, qua e là, di passaggi oscuri. Comunque, insisto, il tono è giusto e furbo ad un tempo e vi dan man forte, con sagacia, degli interpreti tutti pronti, anche nei momenti più drammatici, a prendere in giro se stessi, magari solo in modo implicito. Tra i tanti, cito Veronica Forqué nella parte del titolo, con abili euforie, Peter Coyote e Alex Casanovas, il patrigno ed il figliastro e, soprattutto, Victoria Abril, la conduttrice di horror-show televisivi: la chiave vera, delle polemiche e degli scherni, che, furiosamente, attraversano il film.” (Gian Luigi Rondi, ‘Il Tempo’, 22 gennaio 1995)

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