Les Invisibles

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Les Invisibles

La storia di Maurice, Monette, Lucien e Therese, tutti nati nel periodo tra le due guerre, in ambienti sociali diversi. Non hanno nulla in comune tra loro, oltre al fatto di essere gay e ora anziani. Tramite il loro sguardo, attraversiamo un secolo di storia della società francese. “E’ un progetto interessante Les Invisibles di Lifshitz, perchè sa raccontare l’omosessualità con taglio originale ed approfondito, perchè dà voce a chi ha vissuto una vita intera affrontando le difficoltà di vivere in una società incapace di accettarlo. L’autore sceglie bene il suo cast di protagonisti, figure interessanti sia di per sè che nel loro insieme, perchè la somma delle loro esperienze riesce a dare uno spaccato sfaccettato della società di quegli anni, con la sua chiusura, diffidenza e rifiuto. I racconti, infatti, mettono in luce un ampio spettro di comportamenti diversi (chi ha sempre saputo di essere gay; chi invece si è sposato ed ha avuto figli, scoprendo tardi le sue vere inclinazioni; chi ha vissuto con riservatezza; chi invece ha sempre ostentato il suo modo di essere; chi ha lottato per i propri diritti), ma compongono un quadro preciso ed interessante del contesto in cui si muovevano. Per sottolineare quest’ultimo aspetto, il regista accompagna le interviste con foto dei protagonisti ai tempi del racconto o, quando possibile, le alterna a filmati d’epoca, come nel caso di video da cortei del ’68 a favore di femminismo ed aborto, momenti che hanno contribuito a cambiare, o almeno iniziare a cambiare, la figura della donna nella società contemporanea. Un progetto riuscito, quello di Lifshitz, che attraverso le testimonianze dei suoi intervistati riesce ad essere dolce e romantico, o stravagante e spontaneo, ma sempre molto profondo e completo nel raccontare, dai diversi punti di vista, le prime esperienze, i momenti più folli, le lotte o le fughe, fino ai resoconti degli anni della vecchiaia che i protagonisti stanno vivendo negli ultimi anni.” (V.Cuomo, Movieplayer.it)

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Des hommes et des femmes, nés dans l’entre-deux-guerres; ils n’ont aucun point commun sinon d’être homosexuels et d’avoir choisi de le vivre au grand jour, à une époque où la société les rejetait. Ils ont aimé, lutté, désiré, fait l’amour.
Aujourd’hui, ils racontent ce que fut cette vie insoumise, partagés entre la volonté de rester des gens comme les autres et l’obligation de s’inventer une liberté pour s’épanouir.
Ils n’ont eu peur de rien…

CRITICA:

“Come condividere tanti piccoli segreti. Il lungometraggio di Sébastien Lifshitz, presentato in una proiezione speciale al Festival di Cannes, rivela tutta la capacità del regista francese di osservare i dettagli e di filmarli trasformandoli, ogni volta in rivelazioni.
Nelle molte storie che racconta in questo Les Invisibles, infatti, mette insieme una galleria di vite e di esperienze, uomini e donne che hanno deciso, molto tempo fa, di vivere senza più nascondere la loro omosessualità in un tempo in cui la società non era ancora davvero pronta ad accettarli. Ecco perché sono diventati invisibili, subendo al contrario la reazione dei più che non li volevano vedere. Perché lentamente, attraverso i racconti e le parole, ma anche i silenzi e certi sguardi indefiniti, questo film semplice e lieve ci mostra come, nel voler “uscire allo scoperto” i protagonisti abbiano contemporaneamente fatto cadere un velo di invisibilità attorno a loro. Non ci sono premesse né spiegazioni… In questo sta soprattutto l’attenta riflessione di Lifshitz, nel riuscire ad inserire ogni storia dentro un contesto necessario a definire il valore di ogni singolo gesto, scivolando con raffinata linearità dal particolare al generale, e viceversa, e affermando l’individualità di ognuno dei protagonisti intervistati. Un film lieve, si diceva, ma solo all’apparenza, perché nasconde ferite e dolori che restano in secondo piano, non detti ma che affiorano da ciò che si dive e, talvolta, dagli oggetti sparsi nelle case e, soprattutto, dai percorsi incrociati che questi racconti riescono ad evocare. (Grazia Paganelli, Sentireiselvaggi.it)

“…Merito di Sébastien Lifshitz, con all’attivo una decina di film, alternando documentari e fiction. Opere come La Traversée, bel documentario road-movie che ripercorre la ricerca, che diviene presto una ‘cerca’ da intendersi quasi in senso metafisico-mitologica, del padre di Stéphane Bouquet, gay dichiarato, ex critico dei Cahiers du Cinéma, ora sceneggiatore. Un padre americano scomparso nel nulla, un Gman dell’esercito Usa alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Oppure fiction come Wild Side, uscito anche in Italia seppure ai margini della distribuzione, nel quale si espongono corpi e atti sessuali come tanto cinema francese per significare la solitudine umana ma anche la naturalezza di questi corpi e la semplicità di questi atti. Il film ha in compenso quella sensibilità e giustezza umana che spesso manca a molti di questi film ostentatori. Co-sceneggiatore del film è Stéphane Bouquet….” (F. Boille, Internazionale)

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